BREVE STORIA DELLA LINGUA GIAPPONESE
La lingua giapponese mostra chiari legami solo con le lingue dei suoi vicini geografici, Okinawa (che oggigiorno fa parte del Giappone) e Corea. Queste lingue mostrano somiglianze con le lingue della famiglia Altaica, che include il Turco e molte lingue centro-asiatiche. La lingua di Okinawa ed il giapponese assomigliano alle lingue maleo-polinesiache, in particolare per quanto riguarda il vocabolario che riguarda le parti del corpo, la pesca, e l’oceano. Non esiste invece alcun legame con il cinese e sebbene il cinese e il giapponese siano completamente diversi dal punto di vista grammaticale, l’adozione dei kanji cinesi (ideogrammi in uso dal sesto secolo AC) ha avuto un impatto fondamentale sul giapponese. La padronanza del cinese scritto fu il segno distintivo di un gentiluomo, come lo fu il latino in Europa. Il cinese in modo simile è servito, durante i secoli, ad arricchire il vocabolario limitato del giapponese vernacolare. Entro i severi limiti imposti dal numero limitato di suoni giapponesi, queste nuove parole furono pronunciate in maniera più simile possibile al cinese (una cosa simile sta avvenendo nell’era presente con l’inglese. I giapponesi assegnarono dei caratteri cinesi alle parole native che avevano lo stesso significato in cinese, in modo che la maggior parte dei kanji potessero essere pronunciati in almeno due modi, uno cinese e uno giapponese. Ad esempio:
Carattere |
Significato |
Lettura giapponese |
Lettura cinese |
....... |
montagna |
yama |
san |
....... |
tempio |
tera (o dera) |
-ji |
Giapponese Antico
Siamo ancora nell'impossibilità di ricostruire con sicurezza l’origine del giapponese, con la sua storia possiamo risalire fino a quello che viene definito giapponese antico. Le modifiche linguistiche sono sempre graduali, ed il definire il giapponese secondo diversi periodi è una questione delicata e controversa allo stesso tempo, con vari metodi e criteri per la suddivisione in concorrenza tra di loro. Per ragioni pratiche queste divisioni, spesso sono correlate ad eventi politici. Per convenzione, il confine temporale superiore per il Giapponese Antico è il 794 AC, quando la capitale Heijōkyō fu trasferita a Heiankyō. Tuttavia, il confine di inizio è più difficilmente determinabile. Un numero limitato di parole giapponesi, prevalentemente nomi i persona e di località, sono registrati foneticamente nei testi cinesi antichi, ad esempio nel "Wei Zhi" di Sanguo Zhi. Blocchi da scrivere in legno e reliquie con frammenti di testi incisi sopra sono stati scoperti e si aggiungono al materiale a disposizione dei linguisti. Il primo testo scritto di una lunghezza sostanziale ancora esistente è il Kojiki del 712. Senza necessariamente escludere tali prove frammentarie, il confine più basso è in generale conosiderato circa dal 712 per motivi pratici. Questo coincide con il periodo Nara (710-794). Una data più formale non riconoscerebbe un confine più basso e meramente lo daterebbe dal 794 in poi. Oltre al Kojiki, le altri fonti letterarie più vecchie includono il Fudoki (720), il Nihon Shoki (720), ed il Man'yōshū (c. 759).
Influenze esterne
Esistono paralleli impressionanti tra il modo in cui un giapponese antico reagiva all’ attacco della cultura cinese, che accompagnò l’arrivo della scrittura cinese, ed il modo in cui il giapponese moderno si è adattato alle influenze occidentali. Oggigiorno i giapponesi, di solito, mangiano il cibo giapponese con delle bacchette e il cibo occidentale con le posate (coltelli e forchette). In modo simile, nessuno fa confusione tra le letture del cinese e giapponese. Ad esempio, il nome di un tempio famoso, ..... (Yama-dera), significa Tempio in Montagna, e usa letture di giapponese per tutti e due caratteri, ma il nome di un altro tempio famoso, .... (Kojan-ji), che significa Tempio in Montagna Alta, è pronunciata con delle letture cinesi. In giapponese tradizionale, e fino a un certo punto oggi, il vocabolario della vita pubblica, in particolare nei documenti governativi e nel mondo accademico, è piena di parole composte “secche” cinesi, mentre la vita privata favorisce il più “commovente” giapponese di origine vernacolare.
Lo sviluppo dei kana
Secondo la leggenda, il sacerdote Kukai inventò nell’ottavo secolo il kana, in modo che le donne ed il volgo potessero leggere ed istruirsi sul Buddhismo. Il kana fu creato da un piccolo sottoinsieme di caratteri cinesi ma solo per i loro suoni, qualcosa di simile a un rebus. I due stili, katakana e hiragana, sono versioni semplificate dei caratteri semplici e corsivi kanji. Nel tardo periodo Heian, i kana rano usati per la scrittura di romanzi composti da donne aristocratiche come il Genji monogatari. Queste donne scrissero in stile poetico usando quasi del tutto parole native giapponesi.
La lingua moderna contiene abbondanti di omonimi, in particolare parole composte pronunciate in modo “cinese”, e sarebbero incomprensibili se fossero scritte solo in kana. I giornali usano all’incirca duemila kanji, in parte per evitare questo tipo di ambiguità.
Lingua e Cultura
I verbi giapponesi sono inflessi non solo secondo il tempo, ma anche secondo molti livelli diversi di cortesia che possono essere concessi all’ascoltatore. Queste corrispondono allo stato sociale dell’ascoltatore considerato “all’interno” o “all’esterno” del gruppo dell’oratore. In generale, più grande la distanza, più grande è la cortesia; nell’assenza di intimità, le forme familiari sono considerate irrispettose. Gli stranieri, oppure gaikokujin (persone estranee), essendo i più distanti “all’esterno”, sono spesso intrattenuti piacevolmente con forme particolarmente cortesi.
La necessità psicologica di distinguere tra “interno” ed “esterno” si estende a un dibattito popolare su della lingua giapponese stessa. La teoria che il cervello tratta il giapponese in modo diverso dalle lingue occidentali è estremamente popolare in Giappone, anche se non ci sono prove scientifiche di questo. Inoltre, i saggisti e i critici non perdono mai l’opportunità di far notare quanto inalienabile sia il giapponese. La nozione di un nucleo interno, culturale e linguistico, che gli stranieri non dovrebbero ne’ capire ne’ essere capaci di penetrare, ha fatto sì che i giapponesi possano prendere ampiamente in prestito, sia culturalmente che linguisticamente, senza perdere questo senso di inviolabilità.
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