L'arte di Takako Kimura
Mille piccoli stickers legati ad un unico enorme animaletto kawaii
Una profusione di stickers kawaii, un tripudio di colori sgargianti e forme tondeggianti, ecco cosa capta il nostro sguardo appena si posa su un’opera di Takako Kimura.
Più nel dettaglio possiamo descrivere il lavoro dell’artista come un ragionato e minuzioso assemblamento di molteplici adesivi, che insieme vanno a creare una composizione la cui sagoma riporta a quelle dei singoli elementi che la producono.
Così, andando a vedere una mostra di Takako Kimura, bisogna essere preparati a sentirsi continuamente osservati da centinaia di occhietti che scrutano a loro volta il loro osservatore.
Come quasi sempre accade per gli artisti che trovano la propria espressione attraverso il kawaii, questo mezzo di espressione infantile maschera un pensiero serio e importante: con gli orsetti, coniglietti e altri gli animaletti che popolano il suo mondo, l’artista vuole trasmettere un concetto profondo e fortemente radicato nella cultura giapponese: il senso di coesione e subordinazione di un singolo individuo al gruppo, e l’aggregazione per il raggiungimento di un obiettivo comune, come succede quotidianamente nel mondo delle grandi aziende giapponesi.
La giovane artista, nata a Chiba nel 1974 e che attualmente vive tra Tokyo e Berlino, ha portato in Italia le sue creazioni per la prima volta nel 2005 durante una mostra collettiva alla Galleria Caldoro di Roma, e successivamente nel 2010 in una personale presso la Galleria d’arte milanese Zonca&Zonca.
Da Zonca&Zonca l’esposizione si concentrò principalmente sulle serie Stickers e Stuffed Animals. La prima sequenza riguarda, appunto, creazioni bidimensionali le cui forme si plasmano grazie a numerosi stickers affiancati, la seconda serie invece è la trasposizione 3D della prima e vede animaletti di peluche avvolti e tenuti insieme da un involucro trasparente, pressati e talmente vicini da far sembrare naturale quella nuova sagoma.
Diversa ma sempre originale e interessante la serie Hakobera, una successione di lunchbox contenenti oggetti sempre diversi e apparentemente scollegati fra loro.
Piccole riproduzioni di cibi di vari materiali, da quelle in semplice gomma o plastica, fino a quelle più particolari di glitter o peluche, ma anche oggetti che è strano vedere in un lunchbox come scettri magici, mappamondi, paperelle di gomma e mini pistole giocattolo.
L’effetto estetico è semplicemente eccezionale, i lunchbox che ad un primo sguardo possono apparire “normali”, quasi subito svelano la loro sorpresa fatta di elementi contrastanti e davvero originali posti all’interno di un cestino del pranzo.
Takako Kimura, come il più noto Takashi Murakami e i membri della sua Factory, fa parte della nuova generazione di artisti giapponesi che ha scelto il kawaii come mezzo espressivo per la sua arte e per comunicare al pubblico il proprio sentire.
di Valentina Testa
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