KOGALS - Dove essere alla moda vuol dire essere alternativi
La società giapponese è sempre stata molto chiusa rispetto al resto del mondo, sviluppando così tradizioni uniche e radicate profondamente nella cultura collettiva che possiamo ritrovare ancora oggi. Il Giappone ha sempre imposto ordine, disciplina, duro lavoro, fatica e pochissimo svago. La scuola è moderna ma molto rigida, impone ritmi serratissimi di studio, inizia ad aprile e finisce a marzo: durante l’anno esistono pochi giorni festivi. Le vacanze estive durano circa 6 settimane. Gli esami a cui sono sottoposti gli studenti sono continui e partono già dalle scuole elementari. Le scuole pubbliche sono ad entrata libera, ma risultano alquanto scadenti per livello di preparazione: per questo i genitori si sacrificano pur di far ammettere i figli nelle scuole più prestigiose, poiché nel mondo del lavoro nipponico è essenziale aver frequentato una scuola rinomata. La divisa, diversa in ogni istituto, è obbligatoria.
L’accesso alle università è molto difficile poiché richiede una preparazione culturale ottima (spesso un normale liceo non basta) per questo moltissimi giovani oltre a seguire la scuola superiore si iscrivono a corsi di recupero o ripetizioni per incrementare le loro conoscenze. I giovani giapponesi sono dunque sottoposti a diversi stress familiari e scolastici, che impongono loro studio e produttività massime, tanto da farli apparire come degli automi... Da questo substrato culturale nasce il desiderio di evasione degli adolescenti: voglia di essere diversi, voglia di sentirsi liberi, di non essere i soldatini di una società che impone ritmi troppo pesanti.
Ecco che nascono le Kogals: Ko è un prefisso del nome che indica una condizione infantile, mentre gals è la traduzione slang dell’inglese girls; da qui una possibile traduzione in “ragazzine”. Il concetto del loro stile è basato proprio su questo: rimanere adolescenti, non crescere mai, rifiutare ciò che la società giapponese impone. Le Ko-Gals passano la loro adolescenza a preoccuparsi di trucco, parrucche, vestiti alla moda ed accessori di ogni tipo. La divisa obbligatoria è inaccettabile per le ragazze che hanno aderito alla corrente delle gals, non resta che arricchirla con spille o bigiotteria di ogni genere, togliere i tradizionali calzini e sostituirli con i loose socks (un tipo di scaldamuscoli che ricade sulle scarpe). La cultura che hanno queste ragazze per l’accessorio è disarmante, si riempiono braccia, collo e capelli di monili appariscenti, unitamente a unghie finte lunghissime, coloratissime e anch’esse adornate da ogni tipo di brillante o pendente possibile. L’effetto pacchiano che provocano è tollerato solo se non risulta eccessivo.. Tutta questa scrupolosità nell’agghindarsi ha l’unico scopo di attirare l’attenzione degli uomini, compagni o passanti che siano: minigonne cortissime, trucco pesante e zeppe altissime sono all’ordine del giorno. Le Gals si suddividono comunque in varie correnti, basate su differenze caratteriali più che su di un’estetica che si intende seguire.
Sommariamente possiamo dividere le gals in tre gruppi, le ganjiro, le ganguro e le gonguro.
Ganjiro : sono le meno vistose, potremmo dire persino le più timide rispetto alle altre “categorie”. Portano vestiti sobri, non esagerati, mantengono il loro colore naturale di capelli oppure li schiariscono. Si truccano in maniera un po’ pesante ma conservano il colorito naturale.
Ganguro : sono lo stadio intermedio tra “l’accettabile” e “l’eccessivo”. Schiariscono i capelli fino ad ottenere un castano chiaro o un biondo che serve a risaltare l’abbronzatura dovuta a lampade, terre o fondotinta.
Gonguro : L'eccesso in persona, capelli biondissimi per mettere in risalto la pelle scurissima, sottoposta a ore e ore di lettini abbronzanti, a volte ulteriormente abbrunita da fondotinta. Per far sì che i loro sforzi nei solarium siano premiati si truccano in modo vistoso: rossetti, ombretti, glitter e quant'altro di colori chiarissimi per un risultato alquanto impressionante.
Yamamba (o yamamba): delle gonguro che esagerano con il trucco, volendo ed ottenendo un effetto "panda": macchie attorno agli occhi di colore bianco o rosa perlato, con l'aggiunta di adesivi sull'arcata sopraccigliare, sotto gli occhi oppure ai lati di questi.
Oltre a questi quattro modelli abbiamo anche le Gothic Lolita. Queste dark lady seguono la moda dei pizzi, dei merletti, degli abiti in stile vittoriano, ombrellini, parasole e croci. Definite lolita perché lo stile si ispira sì al dark, ma con una vena di innocenza. Abitini che si ispirano alle bambole vittoriane sui quali dominano il nero o il bianco. Per maggiori informazioni visitate la pagina dedicata alle Gothic Lolita.
Le Himegyaru (letteralmente “principessa-gal”), sono quelle ragazze, soprattutto benestanti di famiglia, che si vestono con abiti ricchi, di velluto, pelliccia o merletti. Il loro must è avere capelli folti, cotonati sulla parte superiore della testa che poi ricadono in morbidi boccoli sulle spalle.
Abbiamo pure le Baika o Bozosoku, delle motocicliste donne, vestono chiodi, pelle e cuoio, basandosi sullo stile punk anni 70-80, e soprattutto sulla moda punk-bondage resa famosa da Vivienne Westwood, la nota stilista inglese che ha riscosso molto successo anche nel paese del sol levante.
B-Gyaru: un'altra corrente sempre più seguita è quella delle B-Gyaru, gal che cercano in tutti i modi di imitare lo stile del R&B: abbronzatura massiccia per avvicinarsi al colorito delle done afroamericane e acconciature che comprendono quasi sempre microtreccine ed extensions.
Vi sono altri sottogruppi di kogals, e se ne creano tuttora di nuovi, spesso distinguendosi per il diverso uso delle acconciature. Le gals voglio distinguersi dalla massa: perciò oltre che all’abbigliamento particolare adottano un loro singolare slang: parlano il kogyaru-go, fondendo inglese e giapponese ed ottenendo parole prive di senso. Un esempio è l’aggettivo kawaiikute,nel quale si uniscono le parole “kawaii” (giapponese), e “cute” (inglese), termini che significano entrambi ‘carino’ o ‘grazioso’. Spesso però viene utilizzato il solo termine “kawaii”, ormai usato anche in Italia. Per queste adolescenti mescolare parole tradizionali all’inglese o ad altre lingue è moda, ma risulta parecchio fastidioso alle orecchie dei benpensanti. Un lato meno frivolo ma alquanto pericoloso delle gals è quello delle bande. In una cerchia di amiche spesso la più carismatica prende il comando, contendendosi territori con altre, conquistandoli e, sempre virtualmente, comandandoli, fino al punto di vietare alle nemiche di mettervi piede. Questo atteggiamento comporta risse, addirittura lotte armate: il fenomeno è diventato così preoccupante che le autorità scolastiche a sorpresa impongono perquisizioni di zaini e armadietti nella speranza di arginare traffici sottobanco di coltellini, taglierini o pugnali tascabili. Un fenomeno altrettanto allarmante è quello dell’ enjo koosai, che letteralmente significa “rapporto dietro compenso”. Essere gal vuol dire essere alla moda, per esserlo occorre molto denaro: per questo ragazzine di scuole medie e superiori si offrono a uomini adulti, di mezza età, per accompagnarli durante la giornata o per semplice compagnia, in cambio di soldi o regali. Gli incontri avvengono attraverso giri di telefonate, che spesso vengono fatte da vere organizzazioni, oppure attraverso l’adescamento: le ragazze attendono in strada di essere “scelte” . Dato che queste pratiche non comportano rapporti sessuali le autorità sono tolleranti, ma spesso purtroppo le ragazze che praticano l’enjo kosai finiscono in giri malavitosi, fatti di prostituzione ed agenzie per incontri, dai quali è difficile uscire.
Alla luce di queste tendenze preoccupanti ma non generalizzate la tematica è ancora dibattuta, ma nella maggior parte dei casi non c’è molta differenza tra enjo kosai e prostituzione. Contemporaneamente all’estensione del fenomeno, si è sviluppato un traffico sottobanco di...mutandine. In cambio di qualche soldo, le ragazze più maliziose sono capaci di vendere la propria biancheria intima ai compagni di scuola, il tutto nel nome della moda.
Fabiana
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