Karakuri
Il Giappone, come tutti sappiamo, è il paese della tecnologia, ma anche un paese amante della poesia e del teatro. Un primo esempio di "tecnologia" lo possiamo far risalire al lontano XVIII secolo e, non a caso, riesce a fondere insieme anche gli altri due elementi.
Le Karakuri ningyo (からくり人形, letteralmente: bambole meccaniche; dove il termine "karakuri" significa sì meccanismo, ma anche trucco o inganno) incontrano un'ampia diffusione durante il periodo Edo (1603-1868) e, come suggerisce il nome, sono delle piccole bambole dotate di un meccanismo nascosto al loro interno che permette loro di muoversi. Il loro utilizzo fu inizialmente destinato alle tradizionali feste religiose, dove venivano impiegate per dar forma ad antichi miti e leggende attraverso le loro movenze sofisticate e simboliche; ben presto si diffusero però a diversi livelli, influenzando i teatri No, Kabuki e Bunraku e contribuendo in modo non indifferente alla modernizzazione industriale del Giappone.
Esistono tre diversi tipi di Karakuri ningyou.
Le Dashi Karakuri erano quelle utilizzate nelle feste religiose (i famosi matsuri) e si muovevano su piccoli carri di legno divisi su tre livelli. Sul quello più alto, Uwayama, si muovevano due o tre bambole intente nel loro compito di ricreare storie e miti. Nel livello intermedio trovavamo i burattinai. In quello più basso, infine, stavano i musicisti, che accompagnavano lo spettacolo suonando flauti e tamburi.
Le Butai Karakuri, come il nome stesso suggerisce ("butai", 舞台,significa appunto teatro, palcoscenico), venivano usate per dar forma a veri e propri spettacoli teatrali. Raggiunsero l'apice del loro successo grazie all'orologiaio Takeda Omi che, nel 1662, aprì il Takeda-za, un teatro divenuto ben presto famoso per i suoi spettacoli di Karakuri.
Molti forse non sanno che, in realtà, gesti ed espressioni considerati tipici delle più classiche forme teatrali giapponesi, come il No o il Kabuki, sono vere e proprie imitiazioni o mimiche di queste bambole. I copioni stessi usati in molti di questi teatri erano stati inizialmente scritti per gli spettacoli di Karakuri, e successivamente riadattati per essere interpretati da attori in carne ed ossa.
Le Zashiki Karakuri, infine, sono più piccole delle precedenti e destinate a un uso prevalentemenre domestico. Erano generalmente considerate articoli di lusso destinati agli antichi feudatari, e tecnicamente molto più complesse e preziose delle loro "sorelle" più grandi.
La più famosa era senza dubbio la Chahakobi Ningyou, la bambola che serve il tè. Si trattava di una piccola bambola che teneva tra le mani un vassoio, quando il padrone poggiava una tezza di tè sul vassoio la bambola si metteva in moto camminando nella direzione dell'ospite; una volta che l'ospite prendeva la tazzina si fermava e quando, finito di bere, la riposava sul vassoio, la bambola si girava e tornava dal padrone.
Un'altra Zashiki molto famosa è la Yumihiki Doji, la bambola arcere. Seduta su un piccolo piedistallo di 30 centimentri, la bambola afferra una freccia, punta il bersaglio e lancia, ripetendo quest'azione per quattro volte consecutive.
Oggi queste bambole, come non ci sarà difficile immaginare, non vengono più utilizzate, ma hanno tutt'ora un peso fondamentale nell'evoluzione delle arti e della tecnologia giapponesi e possiamo vederne numerosi pezzi esposti nei più importanti musei del paese, o ritrovarne traccia nei loro discendenti più moderni, come ad esempio il famoso Aibo.
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