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I. CHAJI - Parte 5
Il padrone di casa e il suo assistente sono pronti e mentre gli ospiti entrano nella stanza del tè, riempiono il lavabo al tsukubai. Gli ospiti siedono tranquillamente nella stanza del tè. C’è serenità ed una atmosfera trasognata che fluttua nello spazio. Visto che gli ospiti hanno già partecipato al pranzo e bevuto sake, sono un pò stanchi e sonnolenti. Questa parte della cerimonia è meravigliosa e di grande importanza.
Il padrone di casa apre la porta e raccoglie la tazza da tè lasciandola proprio davanti a sè stesso. Egli è adesso fuori della stanza del tè, pronto a rimuovere i materassini di canna che sono appoggiati contro le finestre di carta. Trovare il tempo opportuno è fondamentale, quindi l’assistente aspetta un segno per cominciare.
Il padrone di casa entra e poggia la tazza del tè accanto al muro, prende la sedia e la sposta sulla destra, calcolando lo spazio che serve per bilanciare il barattolo del tè e la tazza del tè davanti al mizusashi. L’ospite prende la tazza del tè e la muove in modo che si formi un triangolo di tre oggetti. L’ospite torna alla sala di preparazione, prende il kensui, entra nella stanza, si gira e si siede rivolto verso la porta. Poi lascia il kensui per chiudere la porta, lo riprende, si alza e cammina verso la zona tamaeza. Successivamente, si siede con il kensui sul lato sinistro prendendo in mano con attenzione il mestolo e tenendolo verso il cuore, una posizione chiamata kagami bishaku, posizione speculare. Il padrone poi prende il coperchio di bambù e lo mette sulla sinistra della tavola di legno del braciere, e poi mette lo mestolo sopra il bambù. Il padrone di casa e gli ospiti si inchinano in modo formale e la degustazione del tè può cominciare. Koicha, il tè denso, è il motivo per cui ci si ritrova ed ha un significato spirituale per tutti i partecipanti. In un banchetto il pasto è importantissimo e la bevanda e il dolce hanno importanza secondaria. In un chaji il pasto è secondario mentre il tè denso è la parte essenziale dell’avvenimento, con il tè leggero al secondo posto.
Varie modifiche avvengono al set e la procedura base del tè denso comincia. Contemporaneamente, e su questo il padrone di casa e e l’assistente si saranno messi preventivamente d’accordo, l’assistente comincerà a rimuovere tutti i materassini di canna che coprono le finestre. La luce comincia ad entrare nella stanza del tè, creando un’atmosfera magica in una stanza oscura come questa. Improvisamente nasce un mondo fantastico. Secondo la tradizione, Sen Rikyu aveva invitato gli ospiti per tè e questa casa dal tè aveva un certo numero di finestre lungo il lato della stanza dietro al padrone di casa; quando Rikyu portava dentro la tazza da tè, i materassini venivano rimossi creando un effetto simili a quello dei riflettori in un teatro. Già dal 16° secolo quest’arte era una vera performance.
Nonostante la luce fluttuante nella stanza rimane una certa serenità. L’ospite comincia a purificare il barattolo e la paletta dal tè, i due utensili entreranno in contatto con il tè. Il padrone di casa prende il suo obi, una cintura per il kimono in seta, e lo piega in una forma prestabilita, secondo la “scuola del tè”. Tradizionalmente secondo la scuola Urasenke gli uomini usano il colore viola e le donne il rosso. Si dice che questi tessuti di seta, chiamati fukusa 袱 紗, siano provenienti dalla messa giapponese del 16° secolo quando i gesuiti visitarono il Giappone. Il colore viola è un colore sacerdotale e si dice che fu scelto per questo motivo. L’origine del colore rosso non è conosciuta, ma da ciò che sappiamo con sicurezza le donne non hanno cominciato a studiare il tè fino i primi del 20° secolo e l’uso del rosso potrebbe aver avuto origine dal fatto che i sotto kimono e le fodere di kimono femminili sono spesso di color rosso.
Il padrone di casa mette la tazza del tè davanti a sè e poi prende un chaire e lo mette davanti alle tazze del tè; prende il fukusa piegato e pulisce il barattolo del tè dopo aver rimosso il shifuku (borsa di seta). Dopo aver asciugato il chaire, si mette sul lato sinistro davanti al mizusashi. Il padrone ripiega la stoffa, pulisce la paletta del tè e mette la paletta sopra il coperchio del chaire, poi rimuove il chasen (la frusta da tè) e lo poggia alla destra del chaire.
Successivamente, il chakin (stoffa per il tè) viene rimosso e messo sopra il coperchio del mizusashi. Acqua calda viene versata dal bollitore dentro la tazza del tè e il padrone di casa prende il chasen e lo mette dentro la tazza ed ispeziona la frusta in una procedura standard. Il motivo di questa azione è duplice: prima di tutto ci si deve assicurare che le fruste non si siano danneggiate o rotte durante la procedura, perchè non finiscano dentro la tazza dal tè. Inoltre così facendo si riscalda la tazza.
L’acqua viene versata dentro il kensui, contenitore per l’acqua di scarto ,e la tazza viene asciugata con una stoffa da tè. La stoffa poi viene appoggiata sopra il coperchio del bollitore,che adesso si trova sopra l’appoggio per il coperchio chiamato futaoki.
L’ospite prende la paletta da tè con la sua mano destra e con la mano sinistra prende il barattolo del tè, rimuove il coperchio con la mano destra, prende tre cucchiai di tè e li mette dentro la tazza, poi mette la paletta sopra la tazza, girata all’insù e versa il tè. Il coperchio è rimesso di fronte al contenitore dell’acqua. La paletta viene poi usata per distribuire il tè sul fondo della tazza, battendo delicatamente per allentare il tè rimasto, e poi rimessa sul coperchio del barattolo. Il padrone di casa rimuove il coperchio dal contenitore d’acqua e lo mette sul lato sinistro del contenitore, poi usa il mestolo per prendere un cucchiaio di acqua fredda e lo versa dentro il bollitore. Prende un’altra porzione di acqua ed ne versa una parte dentro la scodella del tè. L’esperienza dirà quanta ne serve per ogni scodella. Si aggiunge l’acqua fredda quando usiamo il braciere, perchè il tè, che si raccoglie in Maggio, viene lasciato stagionare fino a Novembre. A quel punto viene reso disponibile ai maestri del tè, dato che la stagione del furo (braciere) è maggio fino a ottobre, il tè è stagionato per un’anno e le temperature più basse permettono lo sviluppo di un sapore migliore. Il padrone di casa raccoglie la frusta e la mette dentro la tazza e, con un leggero sbattimento, prova ad amalgamare il tè e l’acqua. Il padrone di casa, impastando con un movimento deliberatamente lento, comincia a preparare il tè. Quando lo sente mescolato al punto giusto, lascia la frusta dentro la tazza e prende un’altra porzione di acqua, riprende la frusta, e grazie alla maggiore illuminazione della stanza, gli è possibile vedere quanto denso o leggero è il tè, e giudicare quanta acqua aggiungere dentro la tazza. Finisce così la preparazione del tè. Il primo ospite scivola in avanti per prendere la tazza e la riporta alla propria posizione. La si posiziona mette tra il primo e il secondo ospite, e tutti gli ospiti si inchinano all’unisono. Uno a uno, gli ospiti bevono il tè, di solito tre sorsi ognuno. L’ospite appoggia la tazza e poi prende una stoffa umida da tè, ko chakin 小茶巾, che viene usata per pulire l’area del bordo della tazza da cui si beve. L’ospite rimette la stoffa da tè in un contenitore speciale impermeabile e poi la infila dentro la manica sinistra del kimono.
L’uso del ko chakin per pulire la tazza da tè che usiamo oggigiorno è una stoffa di lino bianca a trama larga. Durante il periodo Meiji centrale il Giappone iniziò a vedere un maggiore interesse per il tè da parte delle donne, che cominciarono ad andare a prendere il tè. La 11° generazione Urasenke di Maestro del Tè, Gengensai, scoprì che le donne usavano un rossetto di colore rosso acceso che lasciava una macchia rossa al chakin quando usato.Gengensai cominciò ad usare kochakin dipinti di rosso in modo che il rossetto non distraessi gli ospiti durante il tè. Questa tradizione è scomparsa: oggigiorno usiamo un semplice kochakin bianco oppure salviette di carta chiamate kaishi 懐紙, che significa carta che sta bene dentro il kai del kimono. Il kaishi è un rotolo di carta multi –uso che viene usato come tovagliolo, vassoio per il cibo, blocco per scrivere, e qualsiasi altro uso che può servire, piegato in modo che rassomigli al chakin. Per il tè, questo succede solo nelle cerimonie per far pratica e con i miei professori, ma non sarebbe permesso durante le cerimonie del tè vere e proprie.
Fino a questo punto della cerimonia del tè c’è un silenzio quasi totale; questo è un momento per la riflessione che permette di andare in fondo a noi stessi mentre condividiamo del tè insieme. Le prime parole vengono scambiate tra il primo ospite ed il padrone di casa mentre discutono dei dolci gustati prima che l’ospite lasciasse la stanza del tè per il nakadachi. L’ospite chiede il nome dei dolcetti, che sarà poetico, e chi ne sia il fabbricante, poi chiede il nome poetico del tè e lo tsume ovvero il nome dell’ imballatore del tè. Dopo che gli ospiti abbiano partecipato al tè, il primo ospite chiede di vedere la tazza. L’ultimo ospite porta la tazza al primo. L’ospite la mette tra di loro ed il secondo ospite dice "Osaki ni", cioè “Mi perdoni se le passo davanti” e questo viene ripetuto da tutti gli ospiti prima di fare haiken, esaminare, la scodella del tè. L’ospite mette la tazza davanti a sè e poi mette le sue mani sopra il tatami, rivolte in giù, e guarda la tazza. Con i gomiti vicini prenderà la tazza, con particolare attenzione sia che si tratti di un articolo da 1 euro venduto in un negozio di seconda mano che un lavoro di valore al di sopra di migliaia di euro. Gli utensili evono essere rispettati comunque! Mentre l’ospite prende la tazza ne copre il bordo in modo che quando si capovolge il tè in eccesso non cada sul tatami. Alcuni ospiti prendono la carta kaishi e asciugano la scodella in modo che gli altri ospiti non abbiano problemi a vedere la tazza. Allora, cosa si cerca quando si esamina la scodella? Prima di tutto, con il tè dentro la tazza, uno può godere della perizia del padrone di casa e della bellezza del tè denso che scintilla dentro la tazza del tè. Questo si vede meglio in particolare con una tazza nera classica Raku. Ispezionare il kodai oppure la base della tazza del tè dà l’opportunità di vedere il talento del vasaio, visto che la mancanza di talento non si può nascondere in quest’area della tazza. C’è qualcosa di speciale nel tenere la tazza e ispezionarla.
L’ospite prende la tazza e se la pone di fronte. Tutti si inchinano nello stile formale shin. L’inchino del padrone di casa potrebbe sembrare essere informale, a causa della mancanza di spazio tra il padrone e la tazza, ma è invece un inchino estremamente formale nel cuore del padrone di casa. Il padrone di casa aggiunge acqua nella tazza, la svuota, e poi dice a tutti gli ospiti “Ichio oshimae itashimasu”, cioè “Mi appresto a finire”. Il padrone segue un modello fisso nel finire e quando il padrone aggiunge acqua fredda dentro il bollitore e chiude il coperchio mizusashi, il primo ospite chiede di vedere il barattolo da tè, la paletta da tè e lo shifuku, la borsa di stoffa. Durante koicha, si deve sempre chiedere di ammirare gli utensili. Se un ospite non lo fa rischia di essere considerato scortese e, nella maggior parte dei casi, il padrone di casa chiederà per accertarsi che non sia sfuggito di mente. Come nella procedura di esaminazione della tazza da tè, l’ospite ha la meravigliosa opportunità di tenere ogni utensile molto vicino a sè stesso. La paletta da tè è un utensile difficile per alcuni da apprezzare dato che è “solo” un pezzo di bambù scolpito con la forma di un sottile cucchiaio. Più chashaku si terranno in mano, più si apprezzeranno. La maggior parte di essi sono stati incisi da monaci Buddisti, e la loro presenza può essere sentita tramite questo umilissimo ed utilissimo pezzo di bambù.
Come per la tazza da tè, l’ultimo ospite comincia a riportare indietro gli utensili ed il primo ospite li raccoglie mettendo tutto nella loro posizione esatta, poi torna alla sua posizione.
Il padrone di casa rientra nella stanza e il primo ospite e il padrone di casa rispondono alle domande sugli utensili. Alcune domande sono fisse nella tradizione della scuola Urasenke, e vengono usate nelle lezioni di pratica, ma nel Chaju il primo ospite può chiedere qualsiasi cosa sugli strumenti del tè. Ad esempio alcune domande fisse tipiche sono: “Quale è la forma del chaire? Quale la fornace? Chi è il fabbricante?”. Il primo ospite può invece chiedere “Che cosa mi può dire sul chaire?" dando al padrone di casa una certa libertà d’azione, e lasciando loro rispondere come preferiscono. In classe, vengono insegnate domande classiche per imparare ma siccome gli utensili sono tutti utensili pratici, non è veramente importante fare domande sul fabbricante e simili; a un tè certe domande possono essere imbarazzanti per il padrone di casa, infatti il chaire può essere nient’altro che un semplice utensile pratico.
Dopo che il padrone di casa avrà risposto alle domande,uscirà e alla porta, siederà e si inchinerà con gli utensili al suo lato, infine chiuderà la porta. Il padrone poi porta gli utensili nella sala di preparazione e l’assistente porta gli strumenti per il carbone all’area dell’entrata per la procedura gozumi, o “2° carbone”.
Il padrone di casa apre la porta, fa un inchino e annuncia agli ospiti che eseguirà il gozumi. L’ospite entra nella stanza, siede davanti all’area tamaeza e segue la procedura fissata per il 2° carbone. L’ospite dopo aver rimosso il bollitore guarda il carbone e decide quanti dei pezzi dentro il cestino servono per accendere un fuoco proporzionato al tè. Alcuni dei carboni, oppure tutti a seconda delle necessità, vengono aggiunti. Il bollitore viene riposizionato ed il padrone esce dalla stanza. Il padrone ri-entra nella stranza con un vasoio di tabacco,uguale all’uso nel roji al koshikake machiai. Questo dà agli ospiti l’opportunità di fumare, se ne hanno voglia. Qualche padrone di casa porterà dentro lo hiire (lett. contenitore di carbone) ed lo haifuki (cilindro di bambù) senza tabacco, e questa è una decisione personale.
Il padrone ri-entra di nuovo con un vasoio di dolci secchi per lo usucha 薄茶 oppure tè leggero. I dolci da tè sono in generale di due tipi nella tradizione di Urasenke. Quello più formale è messo in alto a destra e quello meno formale in alto a sinistra.
Oggigiorno ne prendiamo uno per tipo per ogni tazza da tè, ma in passato si dice che se ne potesse prendere solo uno ogni una tazza di tè. Questi dolci secchi, stagionali, sono belli al punto da non volerli mangiare per non rovinarli, anche se non penso di averli mai messi dentro un pezzo di kaishi per conservarli o portarli ad un amico più tardi. In Europa questi dolci si trovano molto difficilmente e quando sono disponibili lo sono a prezzi molto alti.
E’ possibile sostituire questi dolci tradizionali con altri dolcetti da tè. I biscotti semplici vanno bene, come anche le frutta seccha. Sarebbe però bene prendere in considerazione le stagioni nel momento della scelta).
A questo punto il padrone di casa può portare dentro i cuscini zabuton, perchè l’ospite possa sedere ed alleviare il dolore dopo essere stato seduto in seiza (posizione in ginocchio seduti sui talloni) per le ultime 3 o 4 ore. In generale gli ospiti rifiutano, in particolare gli ospiti più giovani, ma sta a loro decidere.
All’entrata gli utensili successivi sono pronti: mizusashi, una tazza da tè con chakin, chasen e chashaku, natsume 棗, un barattolo di tè laccato, kensui con hishaku e futaoki.
Quando è pronto il padrone di casa apre la porta con il mizusashi verso la destra (ma può variare a seconda della stanza) e fa un inchino. Porta dentro il mizusashi, lo sistema dentro l’area tamaeza, torna nella sala di preparazione e prende la tazza da tè ed il natsume, li porta dentro la stanza del tè. Torna per il kensui, entra nella stranza del tè, torna alla porta e mette il kensui sopra il tatami e chiude la porta. Il padrone si alza, va al tamaeza e si siede. Prende il mestolo e poi il futaoki, lo mette verso il lato sinistro della superficie del braciere, vi pone sopra il mestolo e sposta il kensui al livello delle ginocchia. Come per il tè denso, il padrone di casa purifica tutti gli utensili che vengono in contatto con il tè (nel caso di tè leggero il natsume, il contenitore da tè laccato, ed il chashaku o paletta dal tè).
Nel momento in cui raccoglie il chashaku per prendere il tè dal natsume, chiederà al primo ospite di prendere un dolce. Il primo ospite mette il vassoio da tè tra sè ed il secondo ospite e dice "Osaki ni", sposta il vassoio di fronte e lo prende per ringraziare. Estraggono le loro carte kaishi e prendono due dolci, prima dal lato superiore destro e poi più in basso sulla sinistra. L’ospite poi passa il vassoio di dolci all’ospite successivo. Il secondo ospite aspetta finchè il padrone di casa prende il chashaku per seguire la stessa procedura. Il padrone generalmente non dirà all’ospite di prendere un dolcetto, presumendo che l’ospite lo sappia. Se il padrone sente che l’ospite non lo sa, offrirà loro di prendere un dolcetto. Questa procedura continua finchè tutti gli ospiti non abbiano preso i dolci .
Dopo la preparazione della prima tazza, il padrone la piazza fuori del suo tatami, in modo che l’ospite possa avvicinarsi all’area e prendere la tazza. In alcuni casi, in una grande stanza o se l’ospite decide di avere un hanto o assistente nella stanza, l’assistente porterà la tazza agli ospiti.
L’ospite prende la tazza e la mette tra sè ed il prossimo ospite e dice "Osaki ni", poi mette la tazza di fronte e dice al padrone “Otemae chodai itashimasu”, prende la tazza e ringrazia (kansha suru 感 謝する) e si gode la sua tazza di tè. La tazza è ispezionata dall’ospite ed è restituita al padrone che ne preparerà un’altra per il secondo ospite che la metterà tra sè e il primo ospite e dirà, “Oshoban itashimasu”, “Mi unirò a voi”, e poi tra il secondo ed il terzo ospite e dira "Osaki ni", seguirà la procedura descritta sopra. Dopo che tutti gli ospiti hanno apprezzato il tè, il padrone di casa continuerà a fare tè finchè il primo ospite dirà che è abbastanza. In un tè formale l’ospite di solito deve prendere almeno due tazze di tè, non importa quanto i piedi gli facciano male. Il primo ospite chiede agli altri se vogliano ancora tè e quando tutti sono sazi il primo ospite dice al padrone, “Dozo oshimae kudasai” “Per favore basta” ed il padrone risponde con “Oshimae itashimasu”.
Il padrone continua a “pulire” e gli ospiti ad assaporare. La parte della cerimonia in cui si prende tè leggero è quando gli ospiti ridono un po’ di più e possono lasciarsi un po’ andare, diversamente da quanto accade nella parte del tè denso. Si avvicina la fine della cerimonia e gli ospiti si rilassano. I piedi fanno probabilmente soffrire gli ospiti, ma loro sanno che il tè sta per finire ed una sensazione di malinconia comincia ad impadronirsi della loro anima.
L’unica cosa che si desidera è che non finisca, inclusi i dolori ai piedi e tutto il resto. Al momento opportuno, il primo ospite chiederà di vedere il natsume ed il chashaku, ed il padrone acconsentirà. Come prima, ogni ospite farà haiken, esaminerà, i due articoli che come prima saranno restituiti. Il padrone torna alla porta, si inchina verso gli ospiti e chiude la porta. Gli ospiti ispezioneranno un’ultima volta i fiori nel tokonoma ed il tamaeza, e poi usciranno dalla stanza del tè. Appena fuori dalla stanza del tè aspetteranno che la porta si apra ed il padrone di casa guardi in direzione loro. Tutti si inchinano per l’ultima volta e chiudono la porta. Gli ospiti camminano lungo il sentiero della sala d’attesa e recuperare i loro oggetti personali per tornare a casa.
Il padrone di casa comincia a pulire.
Come ospite, in certi casi si può provare a trovare una scusa per avvicinarsi alla cucina per vedere se si può prolungare la visita offrendo aiuto. A seconda del padrone di casa e della relazione con l’ospite, il permesso può essere dato.
Questo testo vi dà un’idea della cerimonia chaji standard; nella tradizione della scuola urasenke, ci sono molti altri stili di chaji.
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