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Appendice e conclusioni

In una società globalizzata come quella in cui viviamo, se si desidera attribuire un certo rilievo ad una qualsiasi cosa, questa deve per forza di cose passare attraverso l’etere. Che sia in radio, in televisione via cavo, o su Internet: se viene trasmesso, allora è degno di attenzione.
Anche gli Ainu, per stare al passo con la società, si sono dovuti evolvere (e non mi riferisco solamente all’omologazione culturale). Ora gli Ainu sono anche in TV: si è già parlato dei documentari di Kayano, ma naturalmente esistono molte altre trasmissioni aventi come protagonisti gli Ainu, e soprattutto, le loro tradizioni orali.
E non si può dimenticare il film d’animazione del 1997, parto del grande regista Miyazaki Hayao (宮崎 駿), “Mononoke Hime” (もののけ姫, tradotto in Italiano come: “La Principessa Mononoke”), il cui carismatico e coraggioso protagonista maschile, il principe Ashitaka, appartiene al popolo degli Emishi, antenati comuni di Ainu e Giapponesi delle regioni settentrionali40.
Parlando di questo lungometraggio, il suo tema principale era l’inquinamento ambientale. Ebbene, gli Ainu stessi hanno additato sé stessi come esempi da seguire per migliorare il rapporto uomo-natura. La società Ainu ha sempre convissuto pacificamente con la natura, rispettando i ritmi biologici degli animali.
Tutt’oggi, Hokkaidō è considerata l’isola del Giappone meno inquinata e più vivibile.
Recentemente non solo sono tornati alla ribalta studi sulla lingua e sulle tradizioni orali degli Ainu, ma anche studi sulla loro musica. Nell’estate 2006 a Tōkyō, un gruppo di giovani di sangue Ainu ha fondato un gruppo di musica folk, “Ainu Rebels”. Tengono concerti in tutto il Giappone, ovviamente sostenuti da coreografie, di musica tradizionale Ainu. I giovani dichiarano di farlo “principalmente per far conoscere l’identità del nostro popolo alle masse divertendoci”.41 Non soltanto canti e balli: anche il tonkori, la cetra Ainu, ha ultimamente riscoperto la ribalta grazie al famoso suonatore Kanō Oki (加納 沖), Ainu della provincia di Kanagawa, che combina musica tradizionale Ainu con elementi folk e reggae.
L’iyomante, il perno delle cerimonie religiose Ainu, precedentemente abolito da un decreto del 1995 poiché giudicato barbarico in quanto prevede l’abbattimento di un animale (orso o gufo, a seconda del villaggio), è ritornato in auge dopo lo scioglimento del decreto nel 2007.

“Preservare la cultura Ainu non vuol dire mantenerla come una reliquia in un museo, a lasciare che venga studiata. Fare questo equivarrebbe ad ammettere che non si tratti di una cultura viva e che gli Ainu, in quanto popolo, siano estinti.”42
Lascerò che sia questa eloquente riflessione di Howell a parlare per me, a questo punto. Io non posso che augurarmi che le scelte illuminate effettuate in questi ultimi anni dal governo giapponese continuino a portare buoni frutti, e soprattutto che gli Ainu si sentano un po’ più orgogliosi delle loro affascinanti tradizioni e decidano di riscoprirle… Non solo per intrattenere il pubblico.
E se sarò riuscita a far incuriosire i lettori, se per un attimo avranno messo da parte il loro etnocentrismo per guardare a questo popolo (come a molte altre cosiddette “minoranze etniche”) con altri occhi, allora avrò raggiunto il mio scopo.

Note:
40) Esiste tuttavia un dibattito sulla discendenza e le origini degli Emishi.
41) Intervista dal sito “Kyoto Journal”: http://www.kyotojournal.org/10,000things/117.html
42) Cit. Howell, David L., “Foreword to Harukor: An Ainu Woman’s Tale”, 1998.

Testo tratto dalla tesi di laurea di: Valentina Vignola.