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Leggi e campagne contro l’ identità di un popolo

Le prime tracce dello sterminio culturale Ainu di cui si sono macchiati i Giapponesi, sono da ricercarsi durante il secolo XVII, quando sotto l’egidia del bakufu Tokugawa, campagne belliche volte a riunificare l’intera isola privarono decine di migliaia di Ainu delle loro dimore nella punta settentrionale dello Honshū (本州), respingendoli in Hokkaidō (北海道).
A seguito di questo, i rapporti tra Ainu e Wajin peggiorarono ulteriormente. I signorotti feudali del clan Matsumae (松前), che avevano occupato le terre degli Ainu, deportavano i loro vicini come schiavi, non risparmiando neppure i bambini4. Fu questo, unito alla sempre più incalzante penetrazione dei Giapponesi all’interno dello Hokkaidō, a scatenare due delle rivolte più conosciute della storia Ainu5.
Ma fu tuttavia solo in epoca Meiji che la società Ainu subì i danni più gravi. Smanioso di apparire al passo con le potenze occidentali, il governo Meiji penetrerà a fondo in Hokkaidō, vincendo il timore allora radicato (e oserei dire, alquanto infondato6) nei confronti dei “Barbari del Nord”, facendo razzia di materie prime per avviare lo sviluppo industriale. Le foreste diventavano automaticamente patrimonio delle sempre più potenti zaibatsu (財閥); intere vallate, un tempo abitate dagli Ainu, erano ora “pascoli imperiali”.
Gli Ainu, incapaci di reagire alla minaccia, si videro spogliati di ogni bene, diventando gli oggetti (non i soggetti, come ci fa notare Howell nella sua prefazione all’edizione inglese di “Ainu Minzoku”) dell’ennesima politica di riunificazione dal retrogusto colonialista effettuata nel 1868.
Etichettati come “kyūdojin” (旧土人, in giapponese: “ex-indigeni”), fu loro concesso di rimanere in Hokkaidō; ma in quanto cittadini giapponesi sulla carta, era impensabile che continuassero a vivere seguendo antichi costumi, indossando tuniche di cipresso e dimorando in tumuli di pietra. Tutto questo avrebbe reso ancora più palese il loro essere dei rozzi primitivi! Non si addiceva affatto ad uno Stato moderno!
Per salvarli dalle loro tristi origini, dunque, i magnanimi funzionari Meiji ricorsero a diverse misure, tutte patrocinate dallo Hokkaidō Kyūdojin Hogohō (北海道旧土人保護法“Legge per la Salvaguardia degli Ex-Aborigeni dello Hokkaidō”. “Ex-Aborigeni” in quanto, grazie a quest’articolo, sarebbero stati sollevati dalla loro infelice condizione).
Emanata nel 1899, il suo obiettivo era di trasformare gli Ainu in agricoltori. A tal proposito, il governo Meiji adibiva dei terreni a campi coltivati, che consegnava agli Ainu. Quei terreni erano un tempo appartenuti agli stessi Ainu, ed ora venivano loro confiscati, in quanto non si riconosceva loro la proprietà su quelle terre.
Allo stesso modo, non venivano riconosciuti i nomi originari dei luoghi abitati dagli Ainu; queste località verranno infatti ribattezzate con nomi giapponesi. Nuove linee di demarcazione verranno tracciate tra una regione e l’altra, andando a scombinare completamente la situazione precedente, e separando villaggi gli uni dagli altri (ancora più drammatica sarà la situazione di Sakhalin e delle Curili, contese alla Russia per circa 70 anni, a partire dal 1875).7
Per poter istruire gli Ainu, verrà lanciata una campagna di scolarizzazione che non sembra aver portato molti frutti; probabilmente perché i piccoli indigeni venivano istruiti a disprezzare il loro popolo in quanto inferiore, o perché gli stessi maestri avevano paura di toccarli.8
Quali che fossero le cause, questi bambini, che preferivano rimanere in casa ad aiutare nelle faccende domestiche, diventeranno inizialmente l’emblema della presunta inferiorità mentale degli Ainu; per poi tramutarsi in emarginati senza tetto.
Il Giappone, infatti, ha un tasso di disoccupazione attuale del 4,4%, di cui il 3,9% nel solo Hokkaidō.9 Considerata la fama di impiegati modello che i Giapponesi detengono in tutti gli angoli del globo, risulta normale pensare che un tale risultato deponga molto a sfavore degli Ainu.
Fortunatamente, ai giorni nostri si sta combattendo seriamente per eliminare i pregiudizi nei confronti della popolazione Ainu, seppure questa si sia radicata profondamente nel tempo e non sarà ovviamente così facile da estinguere.
La costituzione giapponese prevede ancora l’omogeneità del suo popolo (sebbene esso non lo sia, palesemente), e di conseguenza il governo giapponese continua a propugnare l’assimilazione culturale.
Tuttavia, si cominciano ad intravedere barlumi di luce. Già dalla candidatura dello scrittore e intagliatore Ainu Kayano Shigeru alla Dieta nel 1994, i Wajin hanno iniziato a guardare i loro vicini settentrionali in un’altra ottica.
Ne è la prova la “Nuova Legge di Salvaguardia degli Ainu”, Ainu Shinpō (アイヌ新法), varata nel 1997, emanata al fine di garantire la tolleranza della loro cultura.
Lo status di popolazione autoctona verrà riconosciuto ufficialmente invece solo nove anni dopo, il 6 Giugno del 2008, dietro petizione della “Associazione Ainu”; in concomitanza con la pubblicazione, da parte delle Nazioni Unite, di una dichiarazione sui diritti delle popolazioni indigene del mondo.10
Successivamente a questa dichiarazione ufficiale, l’allora Segretario di Gabinetto Machimura Nobutaka (町村 信孝) si è scusato pubblicamente con la popolazione degli Ainu, riconoscendo le colpe dei suoi antenati Wajin nel loro terribile genocidio (culturale, ma non soltanto).
Al momento, il governo giapponese sta conducendo una politica di preservazione e sovvenzione dei costumi Ainu.


Note:
4) Kayano, Shigeru. “Ainu no Ishibumi”, 1980.
5) Vedere nota 1.
6) Giacché gli Ainu non conoscevano polvere da sparo o archibugi all’ epoca.
7) Sjöberg, Katarina, The Return of the Ainu, 1993, Capitolo sei.
8) Come sopra.
9) Pradyumna Prasad Karan e Dick Gilbreath, “Japan in the 21th Century”, 2005, Capitolo 5.
10) Dal quotidiano online JapanToday, http://www.japantoday.com

Testo tratto dalla tesi di laurea di: Valentina Vignola.