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Le Tradizioni Orali Ainu

Gli Ainu non posseggono un codice linguistico scritto; per cui tutte le leggende, le canzoni, e le fiabe sono state tramandate oralmente. Questo era compito di ekashi e huchi, gli anziani del villaggio. La tipologia delle narrazioni, così come le melodie e l’impostazione adottate, erano diverse a seconda del sesso del narratore.
Le tradizioni orali si distinguono, ovviamente, in canto e narrazione vera e propria: lo yukar è un’epopea che racchiude ambedue i generi. E’ interessante notare come il linguaggio di queste epopee sia diverso dalla lingua Ainu parlata: veniva infatti adottato uno stile diverso per la narrazione, in modo che potesse meglio accompagnarsi al ritmo scandito dal bastoncino “repni”.
Per quel che riguarda il canto, si tratta quasi sempre di pezzi improvvisati, liriche popolari, apprezzati da un villaggio e in seguito da villaggi limitrofi, ed entrati nella tradizione. Famose sono le yaisaman (in katakana: ヤイシャマネ), composte perlopiù da giovani donne che si struggono per amore.
La narrazione si divide in tre sottogeneri:

Yukar (in katakana: ユカラ) – E’ considerato il baluardo della “letteratura” Ainu, tra le tradizioni orali è quella più fiorente. Ad oggi sono state tramandate diverse decine di migliaia di yukar. Lo stile è quello di un poema epico, la narrazione è inframmezzata da parti cantate. Gli yukar raccontano quasi sempre storie di fantasia, di eroi mitologici (ricorrente è la figura del prode Ponyanpe), e possono essere accostati per tematiche ai monogatari fantastici quali il Taketori. Si possono ulteriormente individuare tre sottogeneri: i kamui yukar, o yukar divini, aventi come protagonisti un dio (principalmente narrati da donne) o che narrano dell’origine del mondo; gli ainu yukar, o yukar dell’uomo, i cui protagonisti possono essere semplici uomini e donne, eroi ed eroine divenuti leggendari; e gli oyna yukar, che narrano delle divinità precursori degli uomini (questi ultimi due sono principalmente narrati da uomini).
Vi sono anche degli yukar raccontati in forma di prosa.

Upashkuma (in katakana: ウパシクマ) – L’epopea vera e propria. Sono storie che si tramandano in un villaggio, relative ai più vicini antenati. I personaggi a cui si riferiscono non sempre sono certamente esistiti, ma le disavventure che si ritrovano ad affrontare sono storicamente accertate. E’ più vicina al genere della “cronaca” di quanto lo sia invece l’unwepeker.

Unwepeker – (katakana: ウエペケレ, in lingua Ainu, “purificazione reciproca”17) Potremmo definirle una sorta di fiabe, o favole, in quanto hanno scopo didattico o didascalico. Sono narrazioni di eventi entrati ormai nel mito, come per esempio la spiegazione dell’origine di un nome di una località. Anche se l’esistenza storica dei personaggi non è accertata, posseggono un fondo di verità.
E’ quindi immaginabile che questo stile venisse anche usato per raccontare esperienze dello stesso narratore, che sostituiva a sè protagonisti fittizi per rendere il tutto più coinvolgente ed educativo, o magari perché imbarazzato dagli avvenimenti accadutigli.

Sia lo yukar che i successivi due generi di prosa, vengono raccontati utilizzando una speciale prima persona, che in lingua Ainu è conosciuta come “prima persona del racconto”. Diversamente dal Giapponese, nel quale l’identità del parlante si deduce dal contesto, la “letteratura” Ainu lo esplicita sin da subito. Il soggetto narrante è
l’ “io”, e le sue avventure sono immediate, avvertite dal narratore, e per suo tramite dagli stessi ascoltatori. E’ un “io” in cui tutti possono identificarsi.

Note:
17) La traduzione in Italiano è ad opera di Orsi, M. Teresa, secondo la traduzione che ne fa Kayano nel suo “Uepekere Shūtaisei”. Chiri Mashiho, in “Chiri Mashiho Chosakushū” traduce però questo termine come “scambio reciproco di notizie”.

Testo tratto dalla tesi di laurea di: Valentina Vignola.