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Akira Kurosawa
I. 1. Biografia dell’ “Imperatore”
Ultimo di sei figli, Akira è «uno strano bambino»1, così lo definisce una delle sorelle maggiori: nasce ad Omori, nell’area metropolitana di Tokyo il 23 marzo 1910. sebbene uno di suoi pilastri educativi sia il fratello Heigo di cinque anni più grande, Akira passa la maggior parte della sua infanzia giocando con le tre sorelle.
Discendente da una stirpe di samurai il cui capostipite è Jiribasuro Kurosawa, terzo figlio di Sadato Abe (1015-1062) famoso guerriero del Giappone del Nord che si oppose agli ordini dell’imperatore e morì in battaglia da traditore, non una genealogia di cui andare particolarmente fieri, dunque.
La sua prima esperienza al cinematografo risale già agli anni dell’asilo, mentre frequenta la scuola di Morimura Gakuen. Secondo i ricordi di Kurosawa stesso, il primo film è un adattamento di Cuore, di Edmondo De Amicis. Fin dall’inizio il padre stesso, un ex militare, «in un’epoca in cui l’idea di vedere dei film non era certo bene accolta fra gli educatori, portava regolarmente al cinema tutta la famiglia»2.
La madre invece «era la tipica donna dell’era Meiji, l’epoca in cui il Giappone si modernizzò rapidamente, e ci si aspettava ancora che le donne facessero i più grossi sacrifici per i loro padri, mariti, fratelli o figli.[…] mio padre in realtà era il vero sentimentale, mentre mia madre era la realista»3.
Alla scuola elementare Kuroda vive per un anno un periodo che lui chiama emblematicamente Kombeto-san (signor Caramella), a causa del suo comportamento debole e piagnucolone. In seguito il futuro regista sarà conosciuto come Kuro-chan (l’amico Kurosawa) a significare il salto di qualità compiuto da Akira nelle relazioni con i compagni, avendone guadagnato il rispetto e a volte l’ammirazione anche per merito del fratello Heigo che frequentava la stessa scuola. Sempre durante la scuola elementare, incontra il suo secondo pilastro educativo: l’insegnante di arte Seiji Tachikawa che lo incoraggia a esprimere il proprio mondo interiore attraverso la pittura e ad avvicinarsi all’arte in generale. In questi anni nasce la sua amicizia con Keinosuke Uekusa, suo futuro collaboratore in alcune importanti sceneggiature.
Di questo periodo è anche la sua decisione di prendere lezioni di kendo, permesso accordatogli dal padre sotto condizione di passare ogni giorno da un tempio shinto e di prendere lezioni di calligrafia. Akira si distingue nel kendo, che inserirà nel suo primo film Sugata Sanshiro, e detesta cordialmente la calligrafia.
È il 1923, Akira ha tredici anni e frequenta la scuola media Keika, quando avviene il terribile terremoto di Kanto. Il fratello Heigo lo porterà a vedere la devastazione del terremoto e dell’incendio.
L’attenzione del padre è invece rivolta ad irrobustirne il corpo: l’estate successiva manderà il giovane Akira al villaggio di Toyokawa dove seguirà una vita rigidissima da Samurai.
Dopo un’infanzia coccolata e protetta, dal 1925 la situazione economica della famiglia cambia in peggio nonostante Akira inizialmente ne avesse solo un sentore e non se ne rendesse mai pienamente conto. Dopo una serie di traslochi, si trasferiscono a Shibuya, sempre nella provincia di Tokyo. Akira sogna ancora di intraprendere la carriera di pittore, incoraggiato dal padre che però lo vorrebbe allievo in un’Accademia, così appena finito il liceo, Akira tenta l’esame di ammissione appena finito il liceo a diciotto anni, ma viene respinto.
È il 1928, la Grande Depressione inizia a far sentire i suoi effetti anche in Giappone. Akira va a vedere tutte le mostre di pittura che può e compra tutti i libri che può permettersi (i cosiddetti libri-yen). Ha inoltre la possibilità di vedere moltissimi film, tra i quali grandi capolavori del cinema americano e delle avanguardie europee, grazie anche al fatto che il fratello era stato assunto come benshi professionista, ovvero commentatore di film muti, ed era diventato molto famoso tra il pubblico.
Intanto si stacca dalla famiglia e inizia a frequentare l’Istituto proletario di Ricerche artistiche, «movimento di tendenza sinistrorsa»4 che rappresentava «sulla tela gli ideali politici frustrati che non avevano potuto realizzarsi»5, spingendosi poi ad intraprendere azioni al di fuori della legalità (i giornali proletari erano infatti stati dichiarati clandestini). Dopo qualche anno di vita di stenti, si allontanerà dal movimento proletario e andrà a vivere qualche anno con il fratello. L’avvento del sonoro nel cinema coincide per Kurosawa con diversi avvenimenti: il suo ritorno a casa e il suicidio del fratello Heigo dopo il fallimento dello sciopero dei Benshi a cui è stato messo a capo. La morte, subito dopo, anche dell’altro suo fratello convince Akira a cercare un lavoro per non essere di peso alla famiglia. Trova un annuncio sul giornale in cui si dice che la Photo Chemical Laboratory, futura Tōhō, cerca aiuto registi da inserire nel suo organico. Si reca ai colloqui e tra gli esaminatori vi è Kajiro Yamamoto, Yama-san, regista di grande fama e suo futuro maestro, che rimane impressionato dalla vasta cultura del ragazzo e lo vorrà d’ora in avanti come suo assistente incoraggiandolo a diventare regista lui stesso e a scrivere sceneggiature.
Durante la seconda guerra mondiale Akira continua a lavorare per la Toho, a girare film barcamenandosi prima con la censura nipponica e le sue accuse di angloamericanismo, e poi, alla fine della guerra, con quella americana. Inizia la sua battaglia per diventare un regista a tutti gli effetti: è il 1942 quando cominciano le riprese in esterni di Sugata Sanshiro. Sotto i bombardamenti americani sposa l’attrice principale de Lo spirito più elevato, suo secondo film del 1944,Yoko Yaguchi.
I suoi film successivi restano dei successi all’interno dei confini del Giappone: Non rimpiango la mia giovinezza (1946), nato durante i primi scioperi alla Tōhō; Una meravigliosa domenica (1947), girato in contemporanea alla nascita della casa cinematografica concorrente, la Shin Tōhō; L’angelo ubriaco (1948), fotografia del problema degli yakuza e primo film con Toshiro Mifune.
Alla fine del 1948 e con lo scoppio del terzo e ultimo sciopero alla Toho, finisce la prima collaborazione di Kurosawa con questa importante casa cinematografica. Aveva iniziato entrando nella «fabbrica dei sogni»6 e ne usciva lasciandola in mano a burocrati e sindacati che nulla capivano di cinema.
Fonda insieme a Kajiro Yamamoto, Mikio Naruse e Senkichi Taniguchi la Film Art Association, con cui gira diversi film. Il primo fu Il duello silenzioso, poi riprese lo stesso tema (la ricerca della giustizia nonostante il contensto storico in cui i personaggi si trovano a vivere) in Cane randagio (1949), scrivendo la sceneggiatura in forma di romanzo. Passa i successivi tre anni lavorando per la Daiei, per la quale scrive già sceneggiature, poi per Shin Tōhō e infine per Shochiku (L’idiota, del 1951, è la trasposizione cinematografica dell’opera di Dostoevskij), prima di tornare di nuovo alla Tōhō.
Del periodo di collaborazione con la Film Art Association è Rashomon. Pellicola proposta alla Daiei come estremamente economico, che si rivela molto più costosa rispetto ad ogni altro film precedentemente girato da Kurosawa. Il film lo renderà celebre a livello mondiale: nel 1951, infatti, vinse il Leone d’Oro alla Mostra cinematografica di Venezia, senza che il regista fosse stato avvisato che il film avrebbe rappresentato il Giappone in quella importante rassegna internazionale. In seguito vince anche L’Oscar nella categoria Miglior film straniero.
Dopo Rashomon, Kurosawa inizia la sua carriera internazionale: è definito (a volte anche in senso spregiativo e comunque immeritatamente7) il più “occidentale” dei registi giapponesi per l’accessibilità dei suoi film allo spettatore straniero e per il fatto che molti soggetti sono tratti dalla letteratura europea e statunitense. In ogni caso, è il Leone d’oro di Venezia e la conseguente popolarità che gli permettono di tirare un sospiro di sollievo: i produttori della Daiei infatti, visti gli esorbitanti costi sostenuti dalla concorrente Shochiku per produrre L’idiota (la quale quest’ultima decise autonomamente e a insaputa del regista, di modificarne radicalmente il montaggio), aveva deciso di ritirare al regista la promessa di fargli produrre con loro il suo film successivo: «Fu come versare acqua nelle orecchie addormentate dell’industria cinematografica giapponese.»8. Il successivo Vivere, del 1952, è un ritratto satirico della burocrazia, uno dei tanti film di ambientazione contemporanea quasi sconosciuti in Occidente che ricorda Kurosawa solo come il regista dei film di samurai9, e in particolar modo per il film che lo consacrò (nonostante i tagli subiti in patria e all’estero) alla fama mondiale nel 1954, I sette samurai, il più costoso film della storia giapponese. Gli americani ne fanno subito un remake che addirittura guadagna più soldi dell’originale e lo mette in ombra: I magnifici sette. L’uscita di Vivere sarà seguita da un lutto per la perdita della madre.
Tra il 1956 e il 1957 Kurosawa traspone su pellicola due classici del teatro occidentale: Il trono di sangue, uscito nel 1957 è il Macbeth shakespeariano (di cui il regista è un ammiratore appassionato), e I bassifondi (1957) tratto da L’albergo dei poveri di Gor’kij. Nel 1958, dall’incontro con John Ford, da cui Kurosawa si è sempre sentito influenzato, viene alla luce La fortezza nascosta, il suo film d’avventure più disimpegnato (che a sua volta ispirerà il fortunatissimo Star Wars di George Lucas). Dal successo di pubblico de La fortezza nascosta, Kurosawa ottiene la possibilità di scegliere liberamente il suo soggetto successivo, un attacco esplicito al potere, I cattivi dormono in pace (1960): il racconto in forma ironica di uno scandalo nel mondo della finanza. Dopo la prima uscita nessun distributore vuole più ripresentare questo film, così nei due successivi film di denuncia contro un’altra parte della società giapponese, gli yakuza, Kurosawa opta per un’ambientazione nel passato: La sfida del Samurai (1961) e Sanjuro (1962) brillanti western il cui protagonista è un samurai (senza padrone che mette la sua intelligenza e la sua spada al servizio del bene della comunità. Il primo è all’origine del fortunato remake di Sergio Leone Per un pugno di dollari (1964) con Clint Eastwood al posto di Toshiro Mifune.
Anatomia di un rapimento del 1963 è il quarto ed ultimo giallo di Kurosawa. Ispirato ad un avvenimento reale, racconta del rapimento di un bambino e le ore disperate della famiglia spostandosi poi ad analizzare la psicologia del rapitore. All’uscita il film suscitò molte polemiche a causa del suo estremo realismo, fu accusato di fornire una guida per aspiranti rapitori.
Torna Dostoevskij (Umiliati e offesi) nel 1965 con Barbarossa e due anni di lavoro ininterrotto ed è anche l’addio a Toshiro Mifune dopo diciassette film e diciassette anni di collaborazione. Il 1965 è un anno cruciale: il cinema giapponese è in crisi e sta per colpire anche l’Imperatore. In patria non riuscirà a girare un altro film per i successivi cinque anni e vede naufragare i due progetti americani Runaway Train e Tora! Tora! Tora! Stremato da anni di inattività, decide di fondare nel 1969 con altri tre registi una casa di produzione indipendente il cui primo (e unico) film sarà Dodes’ka-den (1970). Costi bassi e tempi di riprese limitatissimi, Dodes’ka-den è ambientato nelle bidonville, ma è un insuccesso: prevedibile in quanto film ad episodi, senza star e senza storia. Frustrato, il regista cade in depressione, viene ricoverato e tenta il suicidio con un rasoio pochi giorni prima di Natale. Lo salveranno, ma inizia a pensare che se vuole continuare a fare film deve emigrare: il suo venticinquesimo film, Dersu uzala (1975) è una storia russa girata in questo freddo paese (durante le riprese Kurosawa avrà diversi problemi alla circolazione che gli causeranno dei problemi permanenti alle gambe) che gli frutta il gran premio al festival di Mosca e poi l’Oscar nel 1976. L’Imperatore può così tornare trionfalmente in patria. Trova nuova ispirazione in un soggetto rinascimentale, Kagemusha (1980), la storia di un nobile giapponese la cui morte viene nascosta a tutti e al cui posto governa un suo sosia. L’uscita della sua ultima fatica è seguita all’estero da una pioggia di premi. Kurosawa torna perciò ad accarezzare un suo vecchio sogno shakespeariano, una trasposizione del Re Lear: nel 1985 nasce Ran, una libera meditazione sul testo del poeta inglese: «Mi sono rivolto molto spesso una domanda: come mai Shakespeare non fa parola nel suo dramma del passato di Lear? È possibile che un re arrivi al potere senza avere commesso dei gravi misfatti?»10. Nel 1985 muore l’amatissima moglie Yoko che aveva interrotto la sua carriera d’attrice per potersi prendere cura del marito e dei due figli che da questi aveva avuto.
Ran non è però il suo testamento e l’Imperatore inizia subito a lavorare a Sogni (1990), prodotto grazie all’intervento di Steven Spielberg e della Warner Bros. Nel 1991 presenta a Cannes Rapsodia in agosto che susciterà polemiche negli USA a causa di alcuni riferimenti a Pearl Harbour e al bombardamento del 1945. Nella sua opera numero ventinove, Kurosawa decide infine di rendere omaggio ai suoi maestri, senza i cui insegnamenti durante l’infanzia non sarebbe diventato l’artista che tutti noi conosciamo: Madadayo del 1993 è però anche l’ultima opera e in qualche modo il suo saluto al pubblico: dopo essere stato male, il vecchio professor Uchida nel sonno dice «Madadayo! Non ancora pronto!».
L’Imperatore ha quasi ottant’anni e ancora creatività da spendere, sta preparando diverse sceneggiature in attesa di poter produrre per la televisione, ma si spegne a Setagaya il 6 settembre 1998.
1 Kurosawa, 1995: 28
2 ibid: 31
3 ibid,: 50
4 ibid,: 114
5 ibid,: 114
6 ibid.: 135
7 Bordwell, Thompson, 1998: 169; Tassone, 2001: 129
8 Kurosawa, 1995: 245
9 Tassone, 1998: 131
10 Kurosawa, 1995: 284
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