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Bizzarra Realtà
titolo originale: "Sidecar ni Inu"
Kichitaro Negishi ha il tipico curriculum vitae da regista nato nel baby boom giapponese: si è laureato in un’università d'élite (Waseda), ha svolto un apprentistato nell’industria pornografica (Nikkatsu) ed è stato premiato per il suo primo film ("Enrai," 1981), seguito dal successo come creatore di spot televisivi e video musicali. Nel frattempo, ha continuato a fare lungometraggi occasionali come "Yuki ni Negau Koto" (2006), un dramma sul conflitto tra fratelli, ambientato nel mondo delle banei, le corse di cavalli, che hanno vinto valanghe di premi, incluso il Grand Prix al Film Festival Internazionale 2005 di Tokyo. Il film mi è piaciuto più per i giganteschi cavalli che trascinavano pesanti slitte attorno una pista, in una versione equina della gara di trattori, piuttosto che per il suo piuttosto maldestro melodramma. Negishi ha però tratto un'interpretazione forte e piena di sfumature da Yusuke Iseya e Koichi Sato nella parte dei fratelli in lotta, cosa che ha dato loro anche delle onoreficenze (Sato è stato nominato “miglior attore” alla sezione TIFF della competizione).
FOTO – Yuko Takeuchi trova la felicità
in “Sidecar ni Inu” © “SIDECAR NI INU FILM PARTNERS”
Il nuovo film di Negishi "Sidecar ni Inu" — un dramma sulla strana amicizia estiva tra una ragazza timida e l’amante di suo padre, donna dallo spirito libero, sembrerebbe un completo cambiamento di stile. Il tono è il più leggero e delicato, e la storia rasenta a volte la fantasia di stile manga (anche se è basato su un romanzo di Yu Nagashima, con cui ha vinto il Premio Akutagawa). Ma le interpretazioni, in particolare quelle della nuova arrivata, Hana Matsumoto nel ruolo della ragazza e Yuko Takeuchi nel ruolo dell’amante, hanno una precisione ed una naturalezza che sono sopra la norma in questa categoria.
Tantissimi film giapponesi provano ad essere seducenti in un modo non convenzionale, ma finiscono con l'assomigliare ai cartoni animati. Tuttavia, "Sidecar ni Inu" è eccentrico nel modo in cui mostra come la vita possa essere vissuta in modo non convenzionale, anche se Nagashima è di gran lunga più bella di tutte le donne coraggiose, intelligenti e autonome in cui mi sono imbattuto da bambino (non che questo sia da considerarsi contro di lei).
Il film comincia nel presente, con la sua eroina, Kaoru (Mimura), una donna adulta che lavora come agente immobiliare, mentre aiuta il proprietario campagnolo di una vasca da pesca del quartiere (Minori Terada). Lì incontra una ragazza timida che ha bisogno del suo aiuto per adescare un amo e le ricorda come era lei in quarta elementare.
Poi vediamo come Kaoru (Matsumoto) era a quell’età: viveva con il suo odioso fratellino (Takeru Taniyama), sua madre, una casalinga nervosa (Sawa Suzuki) e suo padre (Arata Furuta), un inetto che tenta di gestire una ditta di auto usate senza concludere nulla di buono. Poi la madre se ne va, apparentemente senza intenzione di tornare. Subito dopo una strana donna (Takeuchi) compare alla porta, dicendo che è venuta a preparare la cena. Di nome Yoko, rappresenta la totale contraddizione, da come cammina fino a come parla, di tutto ciò che a Kaoru è stato insegnato sulla vera femminilità. Yoko saluta la ragazza pronunciando in modo burbero un vivace "osss" (il saluto tipico di un lottatore di sumo), siede scomposta sulla sedia come un adolescente, fa scattare il suo accendino come un gangster e getta lo spuntino preferito di Kaoru — cereali di frumento coperti da cioccolato— in una scodella di curry sciacquata in fretta, come se fosse un guardiano che nutre un animale allo zoo. (Chiama addirittura lo spuntino esa, che significa "mangime"). Una donna dalle maniere non certo raffinate.
Tuttavia si dimostra, come Kaoru presto percepisce, una persona amichevole e socievole, senza la solita aria di superiorità degli gli adulti. Quando Yoko la invita a fare shopping, Kaoru accetta, malgrado una certa apprensione — oltre all’imbarazzo quando vede Yoko salire sulla sua elegante bici verde dai manubri da corsa. Kaoru non può dirle che, alla bella età di 10 anni, non può ancora guidare la sua bici, che si sta arruginendo in silenzio sotto le scale.
L’arco narrativo, a questo punto, sembra chiaro: questa donna emancipata aiuta una ragazza sofferente a trovare le sue ali. Ci sono, comunque, delle complicazioni: Yoko è la fidanzata del padre di Kaoru e lui, nonostante le sue virtù (il suo affetto per Kaoru soprattutto) è un perdente dalla nascita e una persona pigra il cui concetto di felicità casalinga è un gioco elettronico di Pac-Man per i bambini in una stanza e un rumoroso mahjong con i suoi amici nell’altra.
Il mistero di cosa trovi Yoko in lui non è mai del tutto risolto, anche se sembra trovare eccitante il suo fascino scontroso. Ma quello che è più importante per la trama è la sua amicizia con Kaoru — e che Negishi ritrae più dal punto di vista di Kaoru che di Yoko, come un’avventura spaventosa ma eccitante. Per Kaoru, Yoko non è un surrogato di madre, ma una guida per affrontare il mondo dei grandi ed acquisire un più forte senso di sè.
Anche il modo in cui Negishi gestisce questa storia assomiglia alla personalità franca ed alla mano di Yoko — filma i suoi attori come sono, senza patina di sentimentalismo. Non tutte le scene sono belle o divertenti — ci sono le dure battaglie, le amare delusioni e altro, ma è anche evidente che simpatizza per la maggior parte dei suoi personaggi, anche quelli più deboli — come il padre.
Il casting scelto da Yuko Takeuchi esemplifica la filosofia del film, cioè quella di andare contro l'attitudine naturale. Innanzitutto, Takeuchi è una tipica star drammatica ("Yomigaeri," "Ima, Ai ni Yukimasu"), e non ha certo la fama (almeno che io sappia) di caratterista portata per la commedia. In secondo luogo, come già detto sopra, è una bellezza che può essere immaginata più per le pubblicità dei cosmetici che non in accoppiata con la co-protagonista Arata Furuta, una donna dal viso molle e grosso. Takeuchi, comunque, scosta ogni dubbio sulla sua idoneità fin dalla prima scena, quando Yoko irrompe con lunghi passi nell’appartamento di Kaoru con occhi sorridenti e un ghigno sbilenco stampato in faccia, che spaventa a morte la povera ragazza. Paragoni con Katherine Hepburn non sono poi così assurdi. Il titolo del film? Ha anch'esso un ruolo importante, anche se un po’ difficile da spiegare. Ma proprio come il resto di questo intenso e, in fondo piacevole film, vedere significa credere — e capire.
http://search.japantimes.co.jp/cgi-bin/ff20070629a2.html
Di MARK SCHILLING
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