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Kyashan - La rinascita

Critica : * * * * (su 5)
Regista : Kazuaki Kiriya
Durata: 141 minuti
Lingua : Giapponese

E' ormai tramontata l'era dei registi megalomani, che sognano di fare film grandiosi, visionari, per i quali non si bada a spese, quali D.W. Griffith e "Intolerance" (il set per Babilonia!), Eric Von Stroheim e "Rapacità" (9 ore e 1/2 nella prima versione!), Fritz Lang e "Metropolis" (la torre di Babele!), Abel Gance e "Napoleone" (il titolo dice tutto). Gli studi sono ormai stufi di sostenere geni che sprecano milioni, mentre l’epoca del suono esige nuovi talenti, che lavorino con riprese affascinanti e intime più che con uno spiritoso botta e risposta o con scene collettive. Solo Lang, il primo regista di film sonori, il cui "M" è diventato un successo internazionale, ha avuto una carriera dopo il 1928; egli ha oltretutto rinnegato "Metropolis" dicendo all’intervistatore, Peter Bogdanovich, che era un "mosaico" che lui "ha iniziato a detestare appena dopo averlo terminato".

Oggigiorno, con la tecnologia digitale, è possible creare film grandiosi e visionari senza assurdi budget, e questo vale anche per l’industria giapponese. Il risultato è stato una serie di film giapponesi, tutti animati e con riprese di azioni dal vivo, che ripartono da dove Lang e la sua azienda si erano fermati, nella zona delle illusioni-di-grandiosità.

Ghost in the Shell: l'attacco dei Cyborg , di Mamoru Oshii, "Steam Boy"di Katsuhiro Otomo e Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki hanno poche possibilità di rovinare la carriera dei loro creatori, semmai è accaduto il contrario. Tutti e tre gli autori hanno un vasto fan club, il quale non solo tollera i loro eccessi, ma si diletta con loro. Anche Ghost in the Shell: l'attacco dei Cyborg, di Oshii è un lavoro di buon livello: un saggio sull’identità umana, che per la maggior parte dell’animazione è tanto importante quanto lo è Kant per la serie di libri Chicken Soup for the Soul.

Ma come si può descrivere o giudicare "Kyashan - La rinascita", il primo lungometraggio di Kazuaki Kiriya, un fotografo di moda, regista di videoclip musicali, e marito della diva pop Utada Hikaru? I registi principianti, pure prodigiosi come Shunji Iwai (Hana & Alice) e Ryuhei Kitamura (Azumi), di solito si creano la loro propria fama commerciale e di critica con piccoli film indipendenti, prima di produrre film di alto livello (o meglio, quello che in Giappone è considerato alto livello).

Ma Kiriya, che è anche lo sceneggiatore e cineoperatore del film Kyashan (Casshern in originale), comincia dal vertice in termini di budget, attrezzi e personale. E’ come se, invece di girare tutti i film per la Biograph (oppure American Mutoscope and Biograph Company), Griffith avesse debuttato con il "La nascita di una nazione". Come l’epica Guerra Civile del 1915, "Kyashan-La Rinascita" è follemente ambizioso, visualmente sbalorditivo. Anche se basato su un manga e un anime della metà degli anni '70 ambientati in un mondo post-apocalittico, il film ha la stessa relazione con la maggior parte dei film animati di fantascienza che il "Nude Descending a Staircase" di Duchamp aveva con il "September Morn." In una parola, ridefinisce il genere.

Per quale motivo allora tutti i riferimenti sono ai primi del 20° secolo? Perchè l’aspetto e i costumi di "Kyashan-La Rinascita" (le sue città, i suoi robot e gli armamenti) sono stati ispirati pesantemente dal periodo della prima Guerra Mondiale, dei cinegiornali e dell’arte futurista. Invece di dare a tutto un aspetto nostalgico, come potrebbero essere le imitazioni moderne di robot e astronavi del periodo Showa, Kiriya prende questa visione di una futura società sul serio, in modo simile a quello dei futuristi: la maggior parte ha finito con l'assistere a varie forme di totalitarismo utopistico, dal Fascismo di Mussolini fino al Comunismo di Lenin. C’è del potere in questo mondo,che ha a disposizione un esercito fatto di migliaia di robot che marciano a passo terrificante, ma anche con una bellezza raccapricciante.

Se solo la storia fosse stata abbinata alla stupefacente totalità di questa visione! Invece Kiriya cade in una megalomania e prolissità operistica che fa sembrare "Intolerance", con i suoi quattro complotti paralleli, un modello di semplicità al confronto. Alla fine, mi ha fatto soffrire come se fossi entrato nella guerra di 50 anni del film, una battaglia titanica dopo l’altra.

Il film comincia con il Dr.Azuma (Akira Terao), uno scienziato in genetica, brillante quanto ossessionato, che spiega la sua ricerca ai leader della Greater Eastern Federation. In seguito alla suddetta guerra, che ha devastato il pianeta con delle armi nucleari, chimiche e biologiche, la Federazione ha strappato il controllo del continente Eurasiatico. I sopravvissuti hanno resistito, usando una tecnologia meccanica detta Machine Age, ma la lotta, alla lunga, li ha lasciati spiritualmente e fisicamente distrutti. Azuma propone di sviluppare un trattamento rivoluzionario di processori "neo-cell" per riparare i corpi degli afflitti. Ha anche un motivo più personale per questa sua ricerca: sua moglie Midori (Kanako Higuchi), una botanica, è stata resa cieca da una malattia causata dall’inquinamento.

La sua richiesta di un finanziamento non viene accettata dai burocrati del Ministero della Salute, ma grazie ad un viscido imprenditore che agisce da mediatore (Mitsuhiro Oikawa), Azuma riceve sostegno dal potente Generale Kamijo (Hideji Otaki), anziano dittatore della Federazione. La salute di Kamijo si sta deteriorando ed egli si trova nella condizione di avere un disperato bisogno dei miracoli genetici di Azuma. Prima che Azuma riesca a consegnare il nuovo e rivoluzionario trattamento, una disavventura nel laboratorio dà luce a una nuova razza di mutanti. Anche se la maggior parte viene massacrata dalle forze dell’ordine, alcuni scappano e costituiscono un movimento clandestino contro i loro persecutori umani, capitaniati da Brai (Toshiaki Karasawa), un supermutante con un progetto demenziale per un mondo pacifico.

Nel frattempo, il figlio di Azuma, Tetsuya (Yusuke Iseya), si è arruolato nonostante le obiezioni di suo padre e della sua fidanzata dall'animo gentile, Luna (Kumiko Aso). Nel campo di battaglia incontra orrori che lo scuotono fino al midollo. E’ giusto che suo padre abbia voglia di salvare l'umanità? Dove risiede la sua lealtà? Qual'è la sua vera identità?

Kiriya e i suoi collaboratori, inclusi i supervisori alla grafica digitale, Haruhiko Shono (supervisore degli effetti speciali), Toshiyuki Kimura e il disegnatore di produzione (Yuji Hayashida) hanno concepito, la premessa B-movie al film (scienziato eccentrico che scatena orde di mutanti) come punto di partenza minimo. Il loro interesse reale sta non nello stupire il pubblico con delle meraviglie digitali, ma nell'infondere nella sua coscienza una visione riccamente immaginaria, fondata sui sogni del passato e su quelli oscuri per il futuro, e cioè la visione che esiste in un universo a sè stante, parallelo al nostro. E’ difficile togliere questa visione dalla testa, perchè in un certo senso è stata lì da sempre: un mondo che non abbiamo mai creato, ma che alcuni di noi hanno intravisto tanto tempo fa: Jules Verne, Albert Robida e H.G. Wells, per nominarne solo alcuni.

Kiriya, tuttavia, è il primo che ha messo questa visione sul grande schermo, e merita di unirsi ai soldati dell’epoca muta, semmai. Come potrebbe qualcuno sorpassare questa folie de grandeur? Lang non ci ha mai provato, sensatamente, ma d’altra parte non ha mai avuto gli strumenti di grafica digitale di Kiriya, i quali hanno reso possibile quello che prima era impossibile, premendo solo un tasto (ok, ammettiamolo, migliaia di tasti!). Quindi la vera questione presumo che sia: "perchè no?".

http://search.japantimes.co.jp/cgi-bin/ff20040428a2.htm

Mercoledì, 28 aprile, 2004
Di MARK SCHILLING