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Le arti di una geisha

Le arti culturali nelle quali una geisha veniva istruita fin dagli anni della sua giovinezza erano moltissime, richiedevano un grande dispendio di tempo e di energie, e per la loro difficoltà ed imponente carico di lavoro richiesto totalizzavano la vita dell’artista. Erano suddivise in tre categorie principali: le arti formali che una geisha impara frequentando la scuola presente in ogni hanamachi e consistono nell’arte della letteratura, della poesia, del portamento, del trucco e del danzare. Una seconda categoria, come visto nel paragrafo precedente, consiste nelle arti dell’intrattenimento del cliente che la geisha impara attraverso la sua esperienza alle dipendenze dell’okaa-san o della sua onee-san. Una terza categoria consiste in quello che una geisha non impara né a scuola né dall’osservazione della propria superiore all’opera, ma è ciò che impara nelle strade dell’hanamachi nel quale risiede, che la aiutano a stringere rapporti con i clienti e a ritagliarsi uno spazio importante nella società del quartiere, accrescendone la fama e la notorietà.
Una geisha impara le arti della musica e della danza sin dai primi anni, e continua nel suo allenamento quotidiano anche per decine di anni, perfezionando le proprie tecniche al fine di incontrare un sempre maggiore consenso nel pubblico. Le tradizioni delle danze di una geisha sono molto diverse tra loro, e a seconda del quartiere nel quale vengono insegnate differiscono per movimenti e hanno origini diverse nella tradizione giapponese. Tendenzialmente fanno riferimento alle danze inscenate nella cultura popolare del teatro kabuki ma non ne condividono l’impulsività e l’irruenza dei movimenti; al contrario, sono caratterizzate da gesti semplici, movimenti composti che rievocano dei simbolismi provocanti e sensuali nella mente del cliente.
L’arte della musica insegnata ad una geisha comprende una gamma di strumenti a pizzico come il koto, il biwa e soprattutto lo shamisen, una sorta di banjo a tre corde suonato con un grosso plettro e spesso usato negli accompagnamenti musicali di teatro classico (bunraku) e popolare (kabuki), introdotto dalla Cina e che verrà adoperato a partire dal XVI secolo.