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Acid Android
Progetto solista di Yukihiro, batterista degli L'Arc-en-Ciel, i cui prolifici componenti escono spesso con dischi propri pur tornando nel “gruppo madre” quando serve. Gli Acid Android propongono un suono piu’ duro ed energico e ritmi piu’ veloci rispetto agli L’Arc-en-Ciel, con concerti ricchi di effetti luce spettacolari.
“Acid Android” (2002) Un disco dall’atmosfera tetra e pesante, con suoni che a tratti ricordano Primus e i primi Tool (Sober), ma in altri momenti se ne staccano nettamente. L’introduzione non e’ altro che il pezzo iniziale della prima vera canzone, Irritation. La sensazione creata riporta alla memoria quando hai la febbre alta e ti senti staccato dal mondo, non e’ doloroso ne’ spiacevole, ma ti senti lontano da tutto e tutti, il mondo va al rallentatore e le voci sono lontane e i suoni ovattati. Il suono e’ perfetto, aspro e caustico al punto giusto. Il terzo pezzo segue senza pausa, un continuato della precedente, intensificando l’atmosfera creata gia’ dalla seconda traccia. Intertwine cambia registro, inserendo suoni piu’ industriali e frammenti quasi house (i puristi non inorridiscano, perche’ il risultato non e’ male) ed ha la voce maggiormente in primo piano, ma l’aria malata rimane, piu’ rarefatta solo nel pezzo 5. Unsaid infatti e’ piu’ leggero nonostante il riff di chitarra in linea con il resto del disco. Le atmosfere cupe tornano e rimangono, con maggiore o minore intensita’, fino alla fine del disco, che negli ultimi pezzi diventa piu’ orecchiabile.
“Faults” (2003) Un mini CD da 5 pezzi, che purtroppo si distacca abbastanza dal suono che ci hanno fatto conoscere ed apprezzare, e senza dargli una direzione precisa. A volte quel suono lo velocizza e gli associa una voce rock piu’ standard, meno “malata”, altre volte (Imagining Noises) ricorda The Beautiful People, scivola un po’ troppo nella house (Switch ), o, come nel pezzo finale, chiude con una voce e un suono piu’ freschi e commerciali, ma che fanno rimpiangere l’aria malsana del primo disco.
“Purification” (2006) Leggendo il titolo speravo in una purificazione dalle influenze che hanno un po’ rovinato il mini CD del 2003. Il disco apre con Chaotic Equal Thing, lenta e un vagamente gotica, resa energica da una chitarra che la salva dalla troppa mielosita’. Let’s Dance ci sorprende con un suono totalmente diverso, techno, alternato e poi fuso alla loro chitarra e ad una voce rock’n’roll, purificazione in effetti non c’e’ stata, ma suona meglio che altrove. Daze ha un bel riff, viene da alzare il volume, tra le altre canzoni si distingue Chill per il ritornello orecchiabile, Egotistic Ideal per i cambi di tempo e stile. A Lull in the Rain, in chiusura, e’ molto bella ma completamente fuori posto in questo album, sembra la colonna sonora di un qualche film, lenta, dolce, evocativa, strumentale... la vedrei bene nella colonna sonora di un film come Casshern. Un totale di 10 canzoni, non indimenticabili, ma non brutte, che peccano per lo piu’ nel non saper trovare una direzione di stile.
Action!
"Hot Rox” (Philips, 1984) Forse perché in patria erano già un nome altisonante, capace di riempire le capienti arene e quindi di garantire comunque cospicui introiti, ma il colosso Philips non supportò mai uno sbarco in occidente degli Action! Un metal semplice ma mai banale, che, attraverso “Lady Love”, “The Dream” e “Psychic Wars”, cita Kiss, Twisted Sister e AC/DC, sorretto da refrain indubbiamente catchy, ma anche da parti strumentali eseguite con estrema perizia, con il solito guitar hero (Mototsugu Yamane) in evidenza e un frontman istrionico e coloratissimo nella figura di Yoshiro Takahashi, entrambi già celebri per aver militato nei leggendari Novela. Seguiranno altri
sei album, lo scioglimento, e poi la recente, inevitabile reunion, che dal 2005 ha prodotto due ulteriori dischi, sempre all’insegna del fun-metal di classe.
Aika
"Love Song” (2006) Dopo la morte del gruppo dove suonava il basso, Aqua Leaf, e di quello dove cantava,七三式 (Shichisanshiki) il cantante 愛歌 (Aika) ha iniziato una carriera solista con l’aiuto di Dye, dal suo ex gruppo. Una voce che non mi piace (gusti personali), strascicata, con un timbro sgradevole, canzoni con un suono vagamente sporco, ma non abbastanza, banali quanto il titolo del disco. L’unico pezzo che un po’ si salva, lasciandosi andare a suoni piu’ industriali e ad una voce vagamente crudele, e’ il sesto. Chiude con un lento che vorrebbe essere struggente ma e’ solo stomachevole.
After Dinner
"Editions" - ReR, 1990 – Uno dei primi gruppi underground giapponesi ad andare in tournee fuori del Giappone, un ensemble avant-garde del cantante-cantautore Haco, che si concentra ora su lavori solsiti (vedi Haco) e altri ensemble come gli Hoahio . After Dinner non e’ quello che vi aspettereste dalla scena undergound giapponese, quella strana cosa che molti associano con i Boredoms e altre sperimentazioni noise. After Dinner e’ bizzarro, eclettico, ricco di percussioni e lunatico, piu’ simile ai mondi di Kate Bush e Peter Gabriel che a qualasiasi cosa comunemente associata al Giappone. Lavoro teatrale fuori dal comune ma di gran livello, contenente piu’ strumenti ed effetti sonori che la vostra debole attenzione possa percepire, la versione “Editions” assembla 9 pezzi dell’originale uscita omonima After Dinner (dal 1982/83) e “Live Editions” che contiente 9 pezzi registrati dal vivo in Giappone ed Europa. I pezzi da After Dinner tendono ad essere prodotti piu’ tranquilli e moderatamente elettronici, mentre la musica dal vivo e’ piu’ dinamica e vivace, con una buona produzione e perfino ingegneria dei suoni.
Ali Project
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America Youth
“David Lee Roth” Dobbiamo darne atto, un gruppo che nomina il proprio album come uno dei piu’ cantanti rock di tutti i tempi, anche se significa che la gente si chiedera’ se il loro CD non sia una uscita di David Lee Roth. Immaginate se i Prozac+ avessero chiamato un loro album “Vasco Rossi”!
American Youth suonano beach-punk al femminile; la loro musica suona come le vecchie punk Shonen Knife, ma le loro armonie vocali sono molto meglio. Scrivono anche canzoni piu’ orecchiabili, il che significa che buone vocalita’ possono essere un problema. Un’ottima uscita, sebbene consoca gente che le odia (?). La cover dei Minor Threat’s (ve li ricordate? La piu’ grande band hard-core da Wahington di tutti i tempi!) “Sometimes Good Guys Don’t Wear White” e’ lenta e trascinata, ma e’ bello sentire un tributo ai maestri. Sebbene la versione chitarristica di Star Spangled Banner (inno americano) alla fine dell’ultimo pezzo sia interessante, anche se pretenziosa, il disco alla fine convince. Registratore e basso vengono usati bene, grazie ragazze!
Amiyumi
“Solosolo”. E questo cos’e’? Ami e Yumi, le due ragazze del gruppo Puffy, fanno un album solista assieme. Perche’? E chi lo sa! Usciti assieme come disco doppio, ci sono 7 canzoni di Yumi e 7 di Ami. Il suono e’ ancora quello delle Puffy, specialmente nelle loro ballate sciroppose, e di quando in quando le schitarrate rock suonano come Shonen Knife addomesticate. Il produttore Okuda Tamio marchia chiaramente molte delle canzoni, specialmente quella che quasi ruba il riff da “Can’t Explain” degli Who. Ancora questo vecchio trucco..
Anthem
“Hunting Time” (King, 1989) Quinto lavoro in studio per questo act della capitale (ma, come tutte le band
giapponesi, la discografia è integrata da una sterminata serie di singoli e mini-LP, solitamente infarciti di brani inediti, e, più recentemente, da DVD),avvezzo a sonorità mediamente più heavy e meno improntate all’approccio tecnico e melodico di altre celebri formazioni nipponiche. Il combo di Naoto Shibata, che farà parte dei Loudness per una buona fetta degli anni 90, punta anche in questo album su un sound compatto
e potente (‘Bottle Bottom’), dinamitardo anche quando prova a levigarsi (nell’eccellente “Let Your Heart Beat”), fino a sublimarsi in un paio di episodi decisamente speed, come la belligerante “Evil Touch”. Scioltisi nel 1992, dopo sei dischi pubblicati anche in Europa, si sono riformati nel 2000 e sono ancora in
piena attività (il DVD ‘Live Immortal’ è del 2009), nonostante i numerosi cambi di formazione, con il singer Eizo Sakamoto a tessere le fila, e uno stile mai prono a tentazioni di commercialità.
Antic Cafe’/AN cafe’
(アンティック-珈琲店- /アン カフェ)
Nati nel 2003, gli AN cafe’ appartengono al movimento visual kei, con costumi eccentrici forniti dalla casa di moda Sex Pot Revenge, e suonano un rock vagamente punkeggiante e molto melodico.
“Amedama Rock” (飴玉ロック)(2005) Primo EP del gruppo, una specie di raccolta dei primi singoli e lati B, tutti con un suono sporco e grezzo (e per noi e’ un complimento). Candyholic apre con un bel ritmo, una chitarra spettrale, voci campionate e urletti, un bel rock originale. Mousou Aikouka ha un suono a tratti quasi psichedelico, 3P e’ uno strano pop graffiante, mentre pop al 100% e’ Hatsukoi, abbastanza banale. Odoru Meruhen Tokei preannuncia quello che diventera’ il loro stile definitivo. Pairing e’ dolce e melodica, ricorda i KuroYume, Takaido e’ la piu’ aggressiva e sperimentale, piu’ parlata che cantata, come quando il cantante presenta i propri musicisti, ma l’effetto e’ bello, da concerto.
“Shikisai Moment” (色彩モーメント) (2005) Un’introduzione a carillon, un paio di giri heavy metal, un altro paio di techno, due frasi industriali, e finalmente inizia il disco con Merrymaking, una bella ma innocua canzone rock cantata con una voce tra il falsetto e il nasale, che ritroviamo in molti cantanti giapponesi. Le chitarre non pestano ma hanno un bel suono allegro, come nella maggior parte delle canzoni che seguono. Escapism e Ippatsu Gyakuten Renai Game sono un po’ piu’ grintose, pur avendo un ritornello molto orecchiabile, perfette per teenager piu’ o meno ribelli ma non troppo cattivi. Rinne no Tsumi e’ lenta e romantica, Omocha graffia un po’ piu’ delle precedenti, o almeno cerca, Tekesuta Kousen mischia vari stili di chitarra (reggae? country? boh?) e Nyappy in the World ha un ritornello comico che sembra parlare di tiramisu’ (o almeno questo si capisce). Chiudono il disco altre due canzoni completamente in stile con le precedenti.
“Magnya Carta” (マグニャカルタ) (2006) Lock on the New Sekai mischia ska e rock, con un ritornello che sa di gia’ sentito ma funziona. Smile Ichiban Ii Onna alterna suoni da videogames a chitarre alla Slash, buone le seconde ma gli effetti speciali sono un po’ fastidiosi e infantili. Nyappy 2 torna a suoni ska e chitarre, una bel giro introduttivo che si sarebbe potuto sviluppare meglio e viene invece abbandonato. Pipopapo non aggiunge niente di nuovo, una tipica canzone da urlare al karaoke. Si succedono tre pezzi piu’ rock della media, con Snow Scene la migliore, e poi si continua fino alla fine in tipico stile visual kei, con l’immancabile ballad Bon Jovesca, in questo che e’ l’ultimo disco con il chitarrista della formazione originale (Bou verra’ sostituito da Takuya dal disco successivo).
“Gokutama Rock Café” (極魂ROCK CAFÉ) (2008) Un disco energico, con tastiere che danno il ritmo ad un cantato molto veloce, di cui il primo pezzo e’ un bell’esempio. Cherry Saku Yuki inizia con i loro suoni in stile videogioco ma prosegue con una armonia orecchiabile inframezzata purtroppo da parti che sembrano trapiantate da un rap di serie B e altri effetti speciali che la rovinano. Troviamo poi la terza installazione di Nyappy in the World, canzonetta leggera ed estiva che sembra uscire da un film suuna gita scolastica, mentre strumenti in primo piano e cantato diverso dal solito fanno di Baby King un pezzo originale. Koritsu hospital parte con la chitarra piu’ rock del disco, ma attuisce la rabbia con un cantato meno pesante, e Kakusei Heroism sfoggia belle schitarrate e percussioni all’altezza delle chitarre. Orange Dream e’ l’immancabile lenta melodica, in contrasto con le urla cavernose di Respect Mommy, che vi fa sentire quanto potrebbero potenzialmente pestare se solo ci si mettessero seriamente, peccato anche qui inframezzino la rabbia con stacchetti pop e quasi-rap. Koi no Depandance sostituisce a quella stile videogames una tastiera quasi jazzata, e l’effetto e’ piacevole, dona una personalita’ al pezzo. Fra queste, S*B*Y, Daybreak, e altre sono in tipico stile An Cafe’, buone ma senza spunti di originalita’.
AOA
"Domegapeace" - Comma, 1999 – Spinoff dei Boredoms techno beat e strumentale. Tutti i tipi di gran ritmo e suoni elettronici stratificati ed un ronzio che va avanti perpetuo, alzandosi di continuo. C’e’ qualche tipo di altra presenza negli AOA che li porta oltre i progetti di elettronica senza anima ed inietta in loro un elemento di pericolo esotico. I titoli scherzosi sono tutti riferimenti al nome del gruppo, per esempio "USAOA", "ASAOA", e "GOAOA," quest’ultimo il pezzo migliore dell’album nel modo in cui fonde un inizio lento con un alto BPM, un lamento arabo, e una chitarra thrash che continua perdiciassette minuti.
"Surfin' Cool" - Spinoff dei Boredoms techno beat e strumentale. Non ho quasi niente da dire su questo CD. Mi ha lasciato indifferente, ed era abbastanza noioso, una specie di primi CD dei KMFDM, li ascolti ma dopo aver finito non hai nessun ricordo o impressione su quello che hai sentito.
"Open" - Comma 1998 – Psichedelia da viaggio mentale con battiti di techno dura. Un pezzo, per quelli a cui piace semplice. Migliore di "Surfin' Cool," non cosi corto (piu’ di 30 minuti) ma abbastanza carino.
“21st Century Super Fly”. Una delle migliori uscite degli AOA con la stessa tastiera scattante ed incessante, che svolazza fluttuando battendo ronzii a un milione di BPM, con sopra un brusio selvaggio.
Interessante e divertente da ascoltare. Tre pezzi, con i primi due fusi assieme, in una lunghezza di 22 minuti. Quello d’apertura e’ il migliore, con vagonate di energia, suono di didgeridoo e stupende schitarrate alla James Bond, prima di arrivare allo splendore elettronico. Una delle loro migliori uscite.
Asian Kung-Fu Generation
(アジアン・カンフー・ジェネレーション)
Emersi dalla gavetta, esempio di gruppo indie che riesce ad imporsi sul mercato con un prodotto rock/punk di facile ascolto, ballabile ma comunque di buona fattura. Gli Ajikan (アジカン e’ il loro soprannome tra i fan) iniziano la loro carriera a Yokohama nel 1996, e si specializzano in un power-pop/punk alla Green Day e Offspring, ma fortemente influenzati dalla scena indie giapponese. Organizzano e promuovono il Nano-Mugen Festival, evento annuale per gruppi indie giapponesi, oltre a riempire regolarmente gli stadi con i loro concerti.
“Houkai Amplifier” (2003) Una partenza fulminante, un cantato/urlato e una melodia coinvolgente fanno di Haruka Kanata un perfetto successo per radio e concerti, che non dispiacera’ neanche agli amanti del punk a tutti i costi. L’intero mini album (6 pezzi) continua con pezzi potenti e piacevoli, perfetti per pogare, senza tregua, senza cedimenti, senza pezzi lenti ma con tanta voglia di divertirsi e divertire. Compass ha le chitarre piu’ rock, ed e’ probabilmente il pezzo che mi ha convinto di piu’. Molto particolari e ben riusciti i cori in Sunny Day (essendo i coretti una delle cose piu’ odiose nelle canzoni rock!).
“Kimi Tsunagi Five M” (2003) primo album vero e proprio, per 12 pezzi all’altezza di quanto detto per il primo. Sulla lunga distanza i pezzi si dimostrano un po’ ripetitivi, ma chi se ne importa quando e’ musica scritta per saltare e scatenarsi, e non per rifletterci sopra? Furasshubakku parte bene, e fa notare la voce di Masafumi Goto, piu’ matura, che osa trovare tonalita’ nuove, e anche negli altri pezzi alterna frasi urlate a toni piu’ melodici e delicati. Mirai no Kakera (=frammenti di futuro) e Kimi to Iu Hana (=il fiore che si chiama tu) sono usciti come singoli di successo, ma probabilmente qualsiasi altro paio di canzoni dall’album avrebbero scalato le classifiche. Mugen Gilder e’ forse una canzone meno punk giovanile e piu’ matura, da vedere se i futuri sviluppi seguiranno questa strada... Kimi to Iu Hana ha una durata di 6 minuti, un vero e proprio record per un pezzo punk! No Name e’ la loro prima canzone lenta, con la batteria che sembra scalpitare ma riesce a controllarsi... peccato, ci sarebbe piaciuto che si lasciasse andare in un finale piu’ rockeggiante!
“Sol fa” (2004) e’ nel complesso meno iperattivo dei precedenti, ma piu’ maturo ed altrettanto piacevole. Riraito, dopo un inizio semi-tranquillo, accellera e rallenta, inserisce chitarre quasi reggae per poi tornare al ritmo iniziale; questo pezzo ha contribuito al loro successo internazionale in quanto colonna sonora dell’anime Full Metal Alchemist. Kimi no Machi Made (=fino al tuo paese) ha un suono raffinato e una melodia da cantare sotto la doccia, se sapete il giapponese (per inciso: sono uno dei rari gruppi giapponesi a non decorare le loro canzoni con strampalati titoli e ritornelli in inglese!). Rasuto Shiin combina una chitarra ritmica bassa e orecchiabile ad una solista eccheggiante, acutamente quasi hawaiana, con un effetto finale molto efficace. Il resto del disco scorre via in maniera gradevole ma senza sorprese, e soprattutto senza l’energia che aveva caratterizzato i primi lavori, con l’esclusione di Re:Re.
“Fanclub” (ファンクラブ) (2006) Altro album, altro rallentamento rispetto ai precedenti, si apre addirittura con una marcetta con chitarra che gorgheggia, che si trasforma piu’ tardi in un tempo da waltzer! World Apart e’ la prima canzone cantata da Kensuke Kita, chitarra solista, e non va per niente male (anzi, e’ stato il loro primo singolo a raggiungere il primo posto in classifica Oricon!). Blackout e’ solare e sembra uscire dalla pubblicita’ di un villaggio turistico in Sicilia, Sakurasou conferma la nuova direzione piu’ pop e meno punk, nonostante l’ingannevole chitarra dell’intro. Blue Train, uscita come singolo, e’ piuttosto innocua, e ancora di piu’ lo e’ Mafuyu no Dance. Senseless ci regala la prima chitarra graffiante del disco, e un’atmosfera meno gongolante, per me il pezzo migliore. In chiusura due pezzi molto, troppo tranquilli! Un disco che scorre via piacevolmente, con bei momenti, ma troppo pop: ci piacevano di piu’ quando ci facevano scatenare e sudare!
“Feedback File” (フィードバック・ファイル) (2006) Raccolta di lati B, demo e pezzi dal vivo, con un paio di canzoni nuove. Si sente subito che i pezzi sono piu’ legati alle loro origini, fin dalla punk Entrance e dalla pimpante Rocket n. 4. Kaiga Kyoshitsu segue sulla stessa linea, mentre Siren e Yugure no Aka rispecchiano piu’ il loro stile tardo. L’intero disco si dipana tra questi due stili, con Hold me Tight e Dodomeguri no Yoru tra le migliori. Gli ultimi 5 pezzi chiariscono, se mai ci fosse stato dubbio, che gli Ajikan rendono piu’ dal vivo che in studio. Chiude la bellissima Re:Re: (che pero’ e’ ancora piu’ bella nella versione live presente sul CD del Rock in Japan Festival del 2005, cercatelo!).
Aube
Aube (オウブ in giapponese) e’ in realta’ Akifumi Nakajima (中嶋昭文). Questo musicista di noise sperimentale, che si considera un “designer di suoni”, produce dischi creati interamente con suoni provenienti da un singolo materiale, manipolati elettronicamente, ad esempio dal rumore di lampade, acqua, oscillatori, voci, cavi elettrici, ecc.
"G-Radiation" - Fever Pitch, 1995 – Lampade luccicanti campionate trasformate in rumore. Inizia con un ronzio statico ossessionante, poi si intensifica in vari orgasmi di brusio. La prima volta che l’ho sentito, non ho capito cosa stesse succedendo al mio pianeta. Tutto questo puo’ essere distorsione e riverbero, ma continuo ad ascoltarlo nel mio lettore e lo trovo piu’ bello di Mozart. Vi sfido tutti a trovarvi d’accordo.
con i Cock E.S.P.
"Maschinenwerk" - Charnel Music, 1996 – Campionato da musica dei Cock E.S.P. . Il giocherellone Nakajima Akifumi degli Aube confeziona quattro canzoni di cacofonico noise con vari ritmi di fondo. E’ materiale buono, ma secondo me Aube funziona meglio sui pezzi piu’ lunghi, ad esempio la loro canzone da trenta minuti (G-Radiation) e’ piu’ coesa dei quattro pezzi trovati qua (tutti con durata tra i dieci e i venti minuti).
"Blood Brain Barrier" - Yterbium, 1999 – In questa uscita, Nakajima campiona onde cerebrali per cinque pezzi, ognuno lungo piu’ di dieci minuti. Manipola il materiale originale in diversi schemi, dividendolo in due livelli e modificandoli impercettibilmente in vari schemi ritmici. Musica favolosa che vi fara’ dimenticare di essere vivi, a volte drammatica ma non elettrica ne’ elettrizzante.
"Bar 2.1-A" – Registrazione dal vivo di "Orbital Confluence 2000" eseguita da Aube il 5 maggio del 2000 su sequenza analogica di sintetizzatore Firstman SQ-01, una edizione limitata (solo 117 copie!) su CD nero, venduta al concerto del 5 maggio 2001, racchiusa in una custodia sciccosa con grafica geniale di Nakajima-san stampata sopra. Tanto minimale e abbastanza interessante, questa esecuzione dal vivo di 30 minuti degli Aube alla loro massima somiglianza con i Tangerine Dream, coraggiose e impellicciate onde corte o onde lunghe che balzano avanti e indietro provocando stati catatonici e sonno profondo. Molto bene!
“Live in Montreal 2001”. G.R.O.S.S. CD-R. Quanto minimalisti si puo’ essere? Due lunghissime canzoni. Prima canzone, lunga trenta minuti, registrata in un silo a Montreal, in Canada. Dieci minuti di suoni prodotti dal vento. Aube probabilmente non aveva bisogno di esser presente per farlo, ma i rumori crescono su loro stessi fino a che un suono sinistro e tintinnante prevale, tra sirene acute, suoni asmatici, grattate, tonfi e imprevedibili suoni soprannaturali. La seconda traccia, di 24 minuti, registrata lo stesso giorno al Centro Social Espanol, e’ composta da sottili suoni pizzicti per far venire i brividi ai vostri amici. Da non ascoltare in maniera convenzionale…
Aural Vampire
"Zoltank" 2010 – Suoni tra techno e dance europea anni ’90, orecchiabili e vagamente gotici. Il disco nel complesso funziona anche se alcune canzoni, come quella che apre il disco, sanno troppo di commerciale, ma difficile non esserlo quando hanno firmato con l’etichetta major Avex. Il livello migliora già dal secondo pezzo: “Cannibal Coast” e “Freeeeze!” hanno un ritmo convincente e la voce di Chika, perfettamente fuori posto eppure adatta all’atmosfera dolciastra e malsana, completa i suoni prodotti dal computer di Raveman dando sentimento ad un’elettronica glaciale. E’ musica creata per ballare, con suoni che sembrano venire alternativamente da film horror e da videogiochi, prendendo a piene mani dalla storia della dance. Chika convince anche quando la voce si fa meno acuta, e i cambi di tempo qua e la’ spiazzano rendendo i pezzi poco prevedibili. Trova posto anche qualche scherzo sperimentale, come “Border of the Dead”
dove la game music prende il sopravvento sull’umore dance. I pezzi migliori sono quelli in cui e’ piu’ forte il contrasto tra la voce acuta e i suoni bassi della ritmica; c’e’ da sperare che continuino a produrre dischi, e che nei prossimi lavori si lascino ispirare piu’ dai Prodigy o dal punk che dalla disco. o al Centro Social Espanol, e’ composta da sottili suoni pizzicti per far venire i brividi ai vostri amici. Da non ascoltare in maniera convenzionale…
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