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La'cryma Christi
“Single Collection” -2000 - Rock commerciale altamente radiofonico, rassicurante e poco stupefacente, da questa band di Osaka appartenente alla prima ondata del visual kei. Buona la batteria di Levin, voce limpida e pulita, chitarre che svolgono il loro dovere in fatto di orecchiabilità. Ascoltare questo disco è un po’ come conversare con una persona gentile ed affabile, ma che non riesce a (o non vuole) approfondire i discorsi, e non sarà mai in disaccordo con chi ascolta per non rischiare di scontentarlo. “Henseifu”, “Egos and Life” e un altro paio di canzoni danno lustro alla capacità vocale di Taka, che perciò sembra sprecato nei pezzi più banali.?“Lhasa” è un lento intrigante, con suoni suadenti (violini?) e voce che evoca atmosfere fantasy, “Eien” è simile ma con risultati meno convincenti.
“Where the Earth is Rotting Away” - 2006 - “Shuttle” apre bene, con una linea di basso decisa e voce risoluta, belle chitarre e stacchi che aumentano la forza del pezzo. Anche “Standing on the Edge” risalta per vigore e grazie ad un uso particolare di voci e cori. Molti dei pezzi sfoggiano chitarre quasi metal, molto anni ‘70, ma il resto del gruppo e specialmente la voce non sembrano essere d’accordo con questa direzione e trattengono il disco in territori più pop. Ozzy Osbourne e i Kiss vengono citati a più riprese, ma annacquati e resi inoffensivi. Questo è stato l’ultimo album con pezzi nuovi del gruppo prima dello scioglimento, ufficialmente dovuto proprio alle divergenze musicali che questi pezzi sembravano evidenziare.
L'Arc~en~Ciel
“Ray” – 1999 Uscito in contemporanea con l’album Arc, entrambi i dischi hanno raggiunto le prime posizioni della classifica. Un bel giro di chitarra apre un disco incentrato sulla voce di Hyde, affascinante ma poco grintosa se non in qualche raro esempio. “HONEY” è la canzone che più facilmente rimane in testa, “L’heure” uno strumentale che in qualche modo spezza l’album, una specie di pausa quasi drum n’bass prima di rialzare la tensione con distorsioni e melodie complesse dei pezzi che chiudono. “Trick" è una delle loro canzoni più rock, ottime chitarre ma voce sottotono.
“The Best of L'Arc~en~Ciel 1998-2000” -2003- La voce di Hyde è calda ed accogliente, per un pop che imita il rock senza mai farci credere di diventarlo completamente, purtroppo. E’ strano per una raccolta non avere un solo pezzo che spicca (forse “Stay Away”), ma è proprio questo ciò che si prova ascoltando questo disco. Dovendo scegliere qualcosa prendiamo “Heaven’s Drive” che ci ricorda i B’z e “Trick” per la sua chitarra aggressiva, e salviamo “Get Our from the Shell” che combina suoni elettronici e chitarre ora taglienti ora tristi. Manca un po’ di energia, e forse la capacità di prendersi meno sul serio.
“The Best of L'Arc~en~Ciel c/w” -2003- Una vibrante complessità ariosa, secondo la definizione di Josephine Yun, caratterizza questo gruppo, ed in effetti lo si può ben sentire in questa raccolta. I suoni bassi sono preponderanti, sia nella voce che con basso e batteria a guidare molte delle composizioni. Chitarra quasi funk in “The Gost in my Room” e atmosfere da libro gotico in “A Swell in the Sun” ci fanno capire che i ragazzi potrebbero avere successo in altri generi, e conquistarsi un pubblico più esigente, se solo lo volessero. Il momento più bello sono le chitarre che si rincorrono nel secondo pezzo (dopo circa 2’30’’), purtroppo inserite in una canzone abbastanza tiepida e senza personalità.
Limited Express (Has Gone)
“The Best is Coming” – (2006) Questo album include un CD con 12 canzoni e un DVD con 8; molte recensioni li avvicinano ai Melt Banana, ed effettivamente le due band si assomigliano in alcune canzoni: strofe di basso aggressive, voce femminile squillante, suoni di chitarra spigolosi, eppure non sono altrettanto tesi, veloci o aggressivi, e dovendo trovare una somiglianza direi che ne sono una versione sciatta, rilassata e hippy. Le canzoni sono insolite, incentrate sulla chitarra e animate, ma a volte cambiano e includono parti dolci. A volte diventano irritanti, con strani momenti “ichi ni san” che non ci interessa capire se abbiano senso o no. I loro suoni vocali squillanti li fanno assomigliare, a volte, anche agli OOIOO. Comunque sia, una musica è divertente da ascoltare.
Lix
“Noah” – 2010 – Mini-CD interessante, purtroppo cortino e con pezzi “di riempimento” che si sarebbero potuti approfondire meglio. Ad esempio il primo brano introduttivo è intrigante ma con troppi silenzi, una voce narrante (che purtroppo in inglese anziché giapponese) e un tappeto sonoro che ricorda i tamburi taiko che si sarebbe potuto sviluppare di più. “Re:vive” parte con un riff di chitarra un po’ pop ma energico e convincente, poi arriva la voce tipicamente visual kei a condurre un pezzo lento e dai suoni ricercati. “The Stairs to [Nightmare]” ripete la formula precedente di chitarra orecchiabile, voce gotica e strumenti rock aggressivi ma che ammiccano al pop, ma con strofe caratterizzate da una voce più aggressiva e un ritmo più veloce. Il quarto pezzo impone un’ulteriore accelerata.
Lolita No. 18
“ Yaritamin” Lolita No. 18 è ben descritta come una band di mocciosette punk. Compatte e veloci, la cantante che canta come un personaggio dei cartoni ed ha carattere da vendere. Questo è un album di cover rock veloci (pensate a Pinups di Bowie o Acid Eaters dei Ramones). Versioni in giapponese di Ramones “Warthog” (buona cover per una grande canzone) e the Buggles “Video Killed the Radio Star”, poi the Shangri-Las “Be My Baby”, Shonen Knife “Riding On The Rocket”, R.C. Succession’s “Boku no suki na sensei”, “Love Letter”, and others. Abbastanza buono.
Love Love
"overfeed" – Basso funky pacato, dolcezza heavy nella chitarra rock e voce dura, stridente, strillante. Il loro miglior prodotto sono le lunghe jam session. Una di loro è accompagnata dal suono di qualcuno che sgranocchia, ed è un bel ritmo che si fa strada attraverso la canzone. Il CD inizia 30 secondi dopo che avete schiacciato Play, non pensate che sia il vostro lettore CD ad aver problemi, sono i Love Love che vi prendono in giro.
“islets of langerhans” – CD da otto pezzi, il secondo dei Love Love, che include tre canzoni dal loro sbalorditivo debutto “Overfeed”. I pezzi nuovi marcano un cambiamento dal loro harcore jazz con spaventosi rumori vocali femminili, il che fa di “islets of langerhans” un lavoro misto nei suoni che propone. “I Envied” viene da Overfeed, ma questa è una versione con molto più basso nella parte centrale, il che ne fa un pezzo molto valido. Non si capisce perche', ma il setimo pezzo, “********” e' solo silenzio, mentre l'ultimo brano“*” e' psichedelico, non suona come i Love Love per niente, forse per via delle chitarre alla U2 e le voci maschili in inglese, probabilmente del bassita Kazuo, anche se poi Yuki scivola nella canzone. Il pezzo diventa alla fine una loro tipica jam, e chiude l'uscita in modo maestrale.
Loudness
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Discografia commentata da: GIOVANNI LORIA
‘The Birthday Eve’ (Nippon Columbia/Megaton, 1981) L’ensemble nipponico apre le danze con un album di non facile ascolto,dove le alte velocità di ‘Rock Shock’ e il riffing incandescente di ‘To Be Demon’ vengono sovente diluite in soluzioni melodiche ambiziose e di ardua fruibilità, in cui si riscontrano frammenti dell’epopea progressive e brandelli della tradizione folk del Sol Levante. Un’amalgama sonoro assolutamente inedito e vieppiù eccitante con il susseguirsi degli ascolti.
‘Devil Soldier’ (Nippon Columbia/Megaton, 1982) Basterebbe l’epico incedere della power ballad ‘After Illusion’, con un coro da pelle d’oca e l’ennesimo guitar solo al cardiopalma, per promuovere il secondo full length, ma anche l’ispirata ‘Angel Dust’ e la dinamitarda ‘Hard Workin’ contribuiscono a forgiare questo magnifico concentrato di metallo che li avvicina pericolosamente al Valhalla, mentre l’intero Giappone è ormai ai loro piedi.
‘The Law of Devil’s Land’ (Nippon Columbia/Megaton, 1983) Senza mai essere stato brutto anatroccolo, la creatura di Takasaki qui assume in forma definitiva le più ammalianti sembianze del cigno. L’epica ‘Black Wall’, la belligerante ‘In The Mirror’ e una ‘Speed’ che manifesta già nel titolo il proprio destino, sono solo le punte di un masterpiece autenticamente privo di qualsivoglia punto debole, al di là del timbro nasale di Niihara, diventato anch’esso trademark sonoro più che autentico difetto.
‘Live Loud Alive’ (Nippon Columbia/Roadrunner, 1983) Colossale doppio disco dal vivo, che riesce nella mirabile impresa di liofilizzare in vinile la classe cristallina di questi quattro professori, con Niihara che si diverte a imbracciare la chitarra e la premiata ditta Higuchi/Yamashita pronta a riscrivere le regole della perfetta macchina ritmica. In serata di grazia, i nostri regalano, oltre ai consueti classici, anche autentiche squisitezze, come l’altrove inedita ‘I Was The Sun’.
‘Disillusion’ (Nippon Columbia/Music For Nations, 1984) Il sontuoso crescendo di ‘Crazy Doctor’, l’impeto fragoroso di ‘Dream Fantasy’, l’austera progressione della solenne ‘Butterfly’… Ma l’intera track-list andrebbe sgranata come un pagano rosario dell’heavy metal, in un disco che presenta inequivocabili le stimmate del capolavoro assoluto, mentre la chitarra di Akira (che fa il verso a Van Halen nell’autoindulgente strumentale ‘Exploder’) è così fiammeggiante che ci si potrebbe cuocere l’arrosto!
‘Thunder in the East’ (Nippon Columbia/ATCO, 1985) È l’album che rivela anche ai più distratti il talento smisurato dell’act asiatico, aumentandone la già folta schiera di adoratori. Bravo Max Norman a non tarpare le ali alla band, limitandosi a chiedere un songwriting lievemente più conciso, per poi plasmarlo con i consueti trucchi da prestigiatore della consolle. E a noi resta un’altra manciata di classici, fra cui spiccano ‘Run For Your Life’, ‘Heavy Chains’ e ‘The Lines Are Down’.
‘Lightning Strikes’ (ATCO, 1986) La label pressa i nostri con la consueta richiesta di materiale più radiofonico, e i Loudness rispondono con ‘Let It Go’, perfetto esempio di brano dall’irresistibile potenziale commerciale, creato senza bisogno di vendersi l’anima al Desmond Child di turno. Ma la vera perla è ‘Ashes In The Sky’, che prosegue la tradizione di brani alteri e scevri da ogni banalità, per un prodotto finale all’insegna di una melodia eroica e ben poco “americana”.
‘8186 Live’ (ATCO, 1987) Altro monumentale doppio album dal vivo, autentica chimera per i collezionisti dell’epoca, non essendo mai stato pubblicato né distribuito in occidente. Una sorta di regalo al pubblico nipponico per farsi perdonare il trasferimento negli States, pescando a piene mani in un repertorio di altissimo livello e ormai pienamente rodato. Tra i solchi si alternano con la consueta perizia la spada di ‘Crazy Night’ e il fioretto di ‘Ares Lament’.
‘Hurricane Eyes’ (ATCO, 1987) Ancora un prodotto di classe, ma appare evidente che la Atlantic ha dato al veterano Eddie Kramer, già al servizio di Hendrix, Kiss e Anthrax, carta bianca per edulcorare ulteriormente il Loudness sound, smussandone le caratteristiche istrioniche e progressive. Solo così si spiegano un singolo fin troppo ammiccante come ‘This Lonely Heart’ e un paio di tracce che paiono seguire l’esempio dell’imperante hair metal.
‘Soldier of Fortune’ (ATCO, 1989) Pur se osteggiato dai fan della prima ora, rimasti fedeli a Niihara, l’arrivo di Mike Vescera rilancia pienamente i Loudness, dotandoli finalmente di un frontman di alto livello. E azzeccato si rivela anche il ritorno di Max Norman, abile a mediare tra la sempre vivida ispirazione della band e le pretese radiofoniche dell’etichetta. Ne esce fuori un risultato eccellente, con un chitarrismo più scintillante che mai e gioielli come ‘Danger Of Love’ o ‘Red Light Shooter’.
‘On the Prowl’ (WEA, 1991) Il gruppo raschia il fondo del proprio lussuoso barile, riproponendo, sotto nuova veste, ben otto classici riadattati dall’ugola di Vescera e dalla produzione deluxe di Mark Dearnley. Ne vien fuori un buon esempio di tipico metal americano, ben eseguito ma carente di autentica ispirazione e, soprattutto, molto lontano dal suono straripante e ardimentoso che fu. E non basta rinominare ‘Milky Way’ o ‘Lonely Player’ per renderle migliori di un tempo.
IL RESTO: Come da tradizione delle band giapponesi, la discografia dei Loudness, già folta se ci limitiamo all’esame dei soli full length, diventa ancor più ricca se esaminiamo la folta schiera di singoli ed EP, quasi tutti usciti originariamente solo in Giappone. Da avere senz’altro l’EP ‘Gotta
Fight’, contenente ben tre brani inediti, utilizzati per la soundtrack del film ‘Odin’, e, a maggior ragione, ‘Jealousy’, dove i brani inediti sono addirittura sei. Necessari anche i primi tre singoli, ‘Burning Love’, ‘Geraldine’ e ‘Road Racer’ (quest’ultimo pubblicato anche in Europa dalla Roadrunner nel formato 12”), perché composti di materiale mai apparso su LP, con esclusione di ‘In The Mirror’ piazzata come retro del secondo. Chi volesse avere tutto questo materiale in un solo CD, si procacci l’essenziale raccolta di inediti ‘Early Singles’, che li comprende tutti. Ormai introvabile l’antica VHS ‘Eurobounds’ – ma è stata fortunatamente ristampata in DVD – a immortalare la band al suo apogeo durante il tour europeo del 1984. Fra le raccolte, essenziale ‘Loudness Complete Box’ (2007), in un elegante cofanetto di undici CD, e per i nostalgici del vinile ‘Never Stay Here, Never Forget You’, pubblicata a fine eighties. Imprescindibili almeno il debutto solista di Akira ‘Tusk Of Jaguar’, e quello del compianto Higuchi, ‘Destruction’. Almeno il primo può definirsi quasi compiutamente un disco della band, che vi appare al completo, così come sui primi due dischi (‘Messiahs Blessing’ e ‘13th’) di Honjoh Misako.
Love Psychedelico
"Greatest Hits" – Debutto per una major di una band hippy pop emersa da non si sa dove; potrebbero farvi credere di essere un gruppo pop svedese come gli Ace of Base o i Cardigans se non fosse per l’occasionale strofa in giapponese, persa tra le voci in inglese, vibranti e sbarazzine. Undici canzoni originali, alcune con titoli familiari come “Lady Madonna” e “Your Song”, mostrano che il gruppo ha un certo senso dell’umorismo, evidente anche dal titolo di questo CD di debutto. Emozionante, interessante, orecchiabile anche se non sempre originale, la produzione del suono apparentemente scarno della band è in realtà più raffinata di quanto ci fosse bisogno, con la voce mixata in modo da essere in prominenza, quasi uscisse da uno studio karaoke.
Luna Sea
“Luna Sea” – 1991 - Primo album della band scoperta da Hide e prodotta da Yoshiki degli X-Japan per la sua etichetta indipendente, e già questo fa capire il calibro di questi musicisti. Il disco è un po’ grezzo ma già importante per il gruppo, e a conferma di questo il fatto che nel 2011 è stato reinciso. Perla di questo album di debutto è “The Slain”, che richiama Bauhaus e altri campioni del gotico vagamente psichedelico inglese, un capolavoro di suoni evocanti atmosfere di vampiri in dissoluzione, stupendamente triste. L’atmosfera è meno dark nel resto del disco, che infila bei pezzi uno dietro l’altro: “Fate” è allegra e divertente, quasi ska, “Shade” è poco più di una filastrocca rock…
“In Mind” – 1992 – Bellissima la copertina, e il loro look pienamente visual kei, ma “Mechanical Dance” e soprattutto “Wall” hanno un suono molto new wave anni ’80, 100% radiofonico, e non è un complimento. Per fortuna questo primo disco major dei Luna Sea sterza dopo un po’, con la molto migliore “Search for Reason”, con chitarre affilate e voce impeccabile. “Moon” offre cori, chitarre e voci che sono assieme dolci e amari, dolorosi ma seducenti. “Wish” è uno dei pezzi favoriti dai fan, grazie ai cori da anthem adatti a farsi trascinare in imprese epiche. Un disco un po’ troppo figlio delle mode, ma con pezzi notevoli.
“Slow” – 2005 - Come chiaramente indicato dal titoli, una raccolta dalle atmosfere calme e rilassate, con voce che ti accoglie in un caldo abbraccio. “Moon” è forse la canzone più degna di nota, chitarre alla Edge in sottofondo e scena tutta per la voce, che qui convince particolarmente e riesce da sola a creare un’atmosfera. “Gravity” è uno dei loro cavalli di battaglia, lenta quanto basta per essere romantica ma veloce quanto basta per essere ballata ad una festa (quanto meno nella parte iniziale o finale).
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