Jam Project
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Janne Da Arc
“Z-Hard” – 2001. L’introduzione tipo carillon è ben poco originale, ma si riscattano subito con la chitarra acida, secca, potente di “Kyuuseishu Messiah”, coinvolgente e rabbiosa, dedicata a Giovanna D’Arco (mentre il nome della band viene da un personaggio di Go Nagai). L’energia non si abbassa nel proseguo del disco, sempre incentrato su una chitarra e una voce elettrificate e caustiche accompagnate a volte da tastiere che apportano un timbro inizio anni ‘70 in forte contrasto con le chitarre. Il suono, sempre guidato dalle chitarre, vaga tra schitarrate metal, giri punk e accordi pop, trovando un equilibrio che funziona dal primo all’ultimo pezzo. “Will: Chizu ni nai Basho” è un lento romantico che funziona, con archi e stacchi quasi unplugged, ma è “Dear my…” ad avere un suono più struggente, con fiati che ricordano lo shakuhachi. “Mysterious” chiude l’album con l’energia che fa voglia di premere ancora play e ripetere l’intero ascolto del disco.
Jenny on the planet
“for” – Motivi in giapponese ed inglese, carini e piacevoli. Pezzi come Weekend Boots uniscono chitarre in stile colonna sonora di film gialli con voci maschili che recitano “mi piace quello blu/rosso” ad intermittenza, come una coppia che discuta durante un sabato di shopping, per chiudere in una lunga parte strumentale. I pezzi più lunghi alla fine di questo disco hanno un tono in stile Nagisa Nite, perfetto per le tardi notti a bere sakè quando tutti gli altri sono già a dormire.
Jesus Fever
"Dozens of Great Views" – Più fighi di Jesus Jones o dei Jesus Lizard sono i giapponesi Jesus Fever, un trio pop trance-rockeggiante psichedelico alimentato a chitarra ritmica, chitarra solista distorta e batteria frizzante. La cantante è una rarità nei gruppi chitarristici dfi ogni rango, dotata di una voce veramente meravigliosa. La maggior parte dei testi è in inglese, con un suono dolce, attraente, sofferente e bello. Metà delle sei canzoni inizia come dolci ballate che crescono in intensità fino ad essere punteggiate da tempeste infette di distorsioni che sfruttano tutti gli effetti di chitarra a disposizione; un altro pezzo è interamente scoppiettante, un altro è più veloce, “Waiting for the Man” è groovy e l’ultima è semplicemente un’amabile ballata. I Jesus Fever sono due terzi dei Music Start Against Young Assault , che abbandonano la seconda chitarra, sostituita da un basso, e fanno a meno della voce.
Jitterin’ Jinn
“The very best of Jitterin’ Jinn” Un ritmo ska allegro e piacevole apre il disco, impossibile stare fermi con la batteria scoppiettante e coinvolgente di Irie Miyuki. Ogni pezzo si distingue dagli altri per ritmo e suoni, ma vitalità e buonumore fanno da filo conduttore ai passaggi da rockabilly a pop punkeggiante. “Natsu Matsuri” diventerà un grandissimo successo quando reinterpretata (abbastanza fedelmente) dai Whiteberry nel 2000. La voce di Reiko Harukawa è gentile ma decisa, acuta ma non troppo, e non si impone e sovrappone agli strumenti come nel caso dei colleghi Judy and Mary, comunicando al tempo stesso allegria e un senso di nostalgia. Mettete qualcuno di questi pezzi nella scaletta della vostra prossima festa.
Judy And Mary
“J-A-M” La loro prima uscita è molto punkeggiante, con ritmi veloci, chitarre sanguinanti e voci stridule, per lo più in giapponese ma con qualche frase in inglese buttata dentro. La prima canzone inizia come fossero i Ramones, ma “Judy is a Punk Rocker” in realtà è una canzone originale, “Judy is a Tank Girl”. Canzoncina non male, musica divertente. Canzonette pop senza grandi pretese, che colpiscono diretto, semplici e in gamba, vi saranno subito familiari.
“Orange Sunshine” è meno rock, più vicino alle voci stridule di Yuki che alla musica, con una produzione che sembra più curata. Beh, era da aspettarselo. Non manca il divertimento, con pezzi popeggianti, originali, saltellanti, spumeggianti. Il pezzo che da il titolo all’album “Hello! Orange Sushine”, “Christmas”, e “Hyper 90’s Chocolate Boyfriend” sono le traccie più frizzanti. Anche qui un pezzo, “Dynamite” suona simile a “Judy Is A Punk Rocker”! Buona canzone.
“Pop Life” Molti li considerano il migliore gruppo J-Pop. Diamanti nella merda, dato che nonostante tutta la buona musica che esce dalla scena artistica e underground giapponese, molto del pop che viene dalle grandi etichette è quanto di peggio possa esistere. Judy And Mary risplendono in cima alla lista assieme a Spitz, Elephant Kashimashi, Okuda Tamio, Puffy, e pochi altri. Anche in questo disco, che prosegue la linea dei precedenti, non deludono.
“Miracle Diving” inizia forte con pezzi pop brillanti e orecchiabili. Judy And Mary si confermano un gruppo rock/pop chitarristico con un suono raffinato e una cantante di talento che qua e là si scatena, accelera di qualche ottava e canta altissimo.
Il libretto di uno dei CD avverte: -attenzione, questo disco contiene molti messaggi comprensibili ascoltandolo a rovescio- impossibile non amare questo senso dell’umorismo! Sembra che si divertano un sacco a far questa musica.
“The Power Source” Parte bene da subito e conferma la presenza di buone canzone pop, ma condite da chitarre e strumenti più convincenti di gran parte dei loro colleghi. Peccato che la voce prenda tutta l’attenzione mentre un mixaggio più attento agli strumenti ci avrebbe dato canzoni più corpose, meno pop e più punk. Anche stavolta sfornano senza sforzo un disco di pezzi orecchiabili, con le schitarrate che qua e là si fanno decisamente punk o quasi noise; peccato che la voce non si stacchi mai dal pop più annacquato, la vorremmo a volte decisa, altre aggressiva, e diventare roca in corrispondenza delle distorsioni.
Juka
“Seventh Sense” – 2008. Cantante dei Moix dix Moix dal 2001 al 2005, e solista per un breve periodo, Juka raccoglie qui i suoi migliori lavori (in realtà tutti), e cioè l’intero album di debutto "Aravesque", il singolo di successo "Saintcroix", più un singolo finora venduto solo ai concerti e qualche inedito. Troviamo qui del rock annacquato dal pop, tentativi di hard rock con influenze classiche (anche se la voce di Juka non è adatta ad esprimere rabbia e non è molto energica) e ballate romantiche (forse la parte in cui si trova più a proprio agio), il tutto generosamente spruzzato di penombra gotica. Un lavoro non pienamente riuscito, anche se con qualche bel pezzo. Problemi di polipi alla gola lo costringono a lasciare e riprendere la carriera, centellinando la sua produzione.
Juliet
“Shikirabu” Carina l’idea di titolare ogni canzone con una stagione + la parola amore, ma oltre a questo c’è ben poca originalità in questo disco di pop. Voci suadenti e stile R’n’B non salvano questo prodotto dall’anonimità del mare di offerte simili nel mercato giapponese; un disco buono tutt’al più come lounge music da cocktail. Fuyurabu è la canzone più riuscita per cui se proprio volete mettere Juliet nella vostra scaletta per la festa cocktail, scegliete questa.
Juliette
“Heruhen Aramoddo” Energia a camionate nel migliore stile punk, ma con un'attitudine allegra e positiva. Musica da festa ben fatta, con tutte le carte in regola per piacere al primo ascolto ma non stancare dopo il decimo: chitarre sferzanti, voce da ragazzino impertinente, batteria e basso che dirigono i giochi invitandoci a pogare. La fusione di ritmo e melodia è la carta vincente di questo gruppo, calibrata sapientemente in ogni pezzo che però riesce a tenere una propria personalità.
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