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L'apogeo del jôruri

Il jôruri raggiunse la sua vetta più alta tra la fine del secolo XVII e l'inizio del XVIII ad opera della fortunata cooperazione tra il musicista e tayû Takemoto Gidayû e il commediografo Chikamatsu Monzaemon; si può dire che esso costituisca una delle principali espressioni di quella fioritura della cultura cittadina e borghese che si situa attorno al periodo Genroku.

Chikamatsu Monzaemon

Chikamatsu Monzaemon nacque nel 1653, figlio di un samurai di basso rango. A causa di difficoltà economiche da giovane svolse vari lavori (attendente di un nobile, mercante) in cui non ebbe molto successo. Verso i trent'anni di età si trasferì a Kyôto e iniziò la sua carriera di drammaturgo, scrivendo copioni sia per il jôruri (per Uji Kaga no jô) che per il kabuki.
Poco dopo Chikamatsu scrisse il suo primo lavoro per Takemoto Gidayû. L'opera (Shusse Kagekiyo) fu rappresentata nel 1686 e ottenne un successo strepitoso, lanciando Chikamatsu come commediografo.
Nel periodo tra il 1684 e il 1695 Chikamatsu intensificò la sua produzione di copioni per il kabuki finché nel decennio che va dal 1695 al 1705 si dedicò quasi esclusivamente a questo tipo di teatro. Tuttavia nel 1705 egli riprese la sua collaborazione con la compagnia Takemoto, di cui divenne librettista stabile, e da quell'anno fino alla morte si dedicò esclusivamente al jôruri.
Le opere di Chikamatsu possiedono un valore letterario e artistico che le pone decisamente al di sopra di quelle dei suoi predecessori e contemporanei; esse sono caratterizzate da una forte coerenza drammatica e da una fine attenzione alla psicologia e all'emotività dei personaggi, che sono ottenute sia attraverso lo sviluppo dei dialoghi tra i protagonisti, sia attraverso i commenti fuori scena da parte del tayû. Si tratta di elementi che per l'epoca erano rivoluzionari, che decretarono il successo della compagnia Takemoto e del jôruri in generale e che stabilirono Ôsaka come la capitale di questo tipo di teatro.
Questi elementi sono già chiaramente individuabili in Shusse Kagekiyo (del 1686). Si tratta di un pezzo che per molti aspetti risente ancora fortemente dei canoni tipici del "jôruri antico" (ad esempio nel soggetto epico/guerresco, nella presenza di elementi fantastici e magici e di scene truculente, nell'improbabile lieto fine); tuttavia la descrizione della passione di Akoya, della sua ira e del suo tradimento per gelosia, del suo successivo pentimento e suicidio per disperazione, sono psicologicamente realistici ed emotivamente avvincenti e costituiscono un elemento di assoluta novità. Per questo motivo la data della prima rappresentazione di questa opera è convenzionalmente considerata come il punto di passaggio tra il jôruri antico e il jôruri moderno.
Un'altra novità introdotta da Chikamatsu Monzaemon riguarda le trame delle opere. I brani di jôruri composti fino a quell'epoca avevano come protagonisti grandi samurai ed eroi del passato, nobili, monaci di alto rango e imperatori: molto diffusi erano ad esempio i drammi ambientati durante la guerra Genpei. In generale i drammi di ambientazione storica di questo tipo sono indicati con il termine di jidaimono.
Invece con l'opera Sonezaki shinjû (1703) per la prima volta nella storia del jôruri Chikamatsu mise in scena una vicenda che aveva per protagonisti uomini comuni appartenenti alle classi più basse della società contemporanea (una prostituta di basso rango e un giovane apprendista presso un mercante). I protagonisti di questo genere di drammi (chiamati genericamente sewamono) non compiono nessuna azione eroica: spesso sono semplicemente vittime di circostanze sfortunate a cui non sanno opporsi, a volte compiono addirittura azioni riprovevoli secondo la morale corrente. Tuttavia essi vivono intensamente la propria situazione e proprio nella descrizione delle loro emozioni e sentimenti (con cui il pubblico cittadino poteva facilmente identificarsi) consiste l'interesse di queste opere.
Si può dire che sia proprio con i sewamono che Chikamatsu raggiunge l'apice della sua arte. Infatti essi possiedono una unità e una coerenza drammatica che spesso mancano ai jidaimono (che sono costituiti da una successione di scene relativamente indipendenti e che non a caso spesso sono rappresentate anche separatamente). Inoltre i personaggi dei sewamono hanno una personalità complessa, di cui Chikamatsu ci presenta in modo convincente un'evoluzione che avviene nel corso del dramma. Molto spesso all'inizio di queste opere il protagonista è un individuo insignificante o addirittura abietto; è solo di fronte a un evento tragico che egli riuscirà a trovare in se stesso un'energia morale che eleva la sua statura umana (si vedano ad esempio le trame di Sonezaki shinjû, di Shinjû mannensô o di Tanba Yosaku). Questa energia è presente in ogni uomo, sembra essere il messaggio di Chikamatsu. Questi elementi inseriscono i suoi sewamono tra le opere della letteratura universale che possono essere lette con interesse anche oggi.
Abbiamo detto nella presentazione di questa sezione che il genere di spettacolo occidentale che più si avvicina al jôruri è forse l'opera lirica. Ciò è vero non solo da un punto di vista musicale, in quanto in entrambi i casi si tratta di spettacoli teatrali in cui i dialoghi sono cantati con un appropriato accompagnamento strumentale invece che recitati, ma anche dal punto di vista del loro utilizzo sociale. Infatti sia il jôruri che l'opera lirica sono spettacoli che richiedono un notevole apparato organizzativo: l'allestimento di un teatro con le relative scenografie, il mantenimento di équipes di cantanti, musicisti e tecnici di scena, la produzione continua di nuovi copioni e spartiti. Entrambi sono spettacoli che si rivolgono a un vasto pubblico e che dipendono dal favore degli spettatori per la propria sopravvivenza economica: sono le prime forme di spettacoli musicali intesi come attività imprenditoriali nei rispettivi paesi d'origine (in Giappone tuttavia ciò è vero anche per il kabuki, nato quasi contemporaneamente al jôruri).
Come l'opera lirica, anche il jôruri si sviluppa nelle grandi città e si rivolge principalmente alla borghesia, di cui descrive le condizioni quotidiane di vita e interpreta il modo di pensare e gli ideali. Le trame dei sewamono sono molto spesso basate su un conflitto tra le aspirazioni dei protagonisti e le rigide convenzioni sociali dell'epoca, conflitto che a volte si risolve favorevolmente ma a cui più frequentemente i protagonisti soccombono (esemplari in questo senso sono i drammi basati su casi di shinjû). È questa una tematica che Chikamatsu affronta senza avanzare nessuna critica nei confronti della società (ciò sarebbe stato comunque impossibile a causa della severa censura che il regime Tokugawa esercitava sulla produzione letteraria) ma che comunque testimonia del nascere di una nuova coscienza tra la classe mercantile cittadina, posta all'ultimo gradino della scala sociale dalla filosofia politica neoconfuciana sposata dalla classe dirigente ma in fase di ascesa economica e culturale.
Queste tematiche saranno molto diluite nei copioni di jôruri scritti dai successori di Chikamatsu per il teatro dei burattini, la cui produzione si orienterà verso jidaimono che includono alcuni elementi tipici del sewamono ma che spesso privilegiano la brillantezza dell'azione scenica (ottenuta anche attraverso virtuosismi nella tecnica di manipolazione dei burattini) rispetto all'introspezione psicologica. Il conflitto tra la morale ufficiale tradizionale legata a un potere politico oppressivo e la visione del mondo più concreta e flessibile incarnata dalla borghesia in ascesa che è latente nelle opere di Chikamatsu sarà invece sviluppato da altri generi di jôruri come il bungobushi e lo shinnaibushi.

Takemoto Gidayû e il gidayûbushi

Il successo delle opere di Chikamatsu Monzaemon fu indubbiamente dovuto anche alle qualità musicali e all'abilità dei loro interpreti, e in primo luogo di Takemoto Gidayû.
Takemoto Gidayû nacque nel 1651 ad Ôsaka. Egli studiò jôruri nonostante provenisse da una famiglia di agricoltori (una scelta piuttosto inconsueta perché nella mentalità dell'epoca equivaleva a una retrocessione sociale). Ebbe come maestro Kiyomizu Rihee, rappresentante della tradizione di recitazione virile ed enfatica che proveniva da Edo, ma studiò attentamente anche gli stili canori più melodici di Okamoto Bun'ya II, Edo Handayû e Uji Kaga no jô. Si può forse dire che il merito maggiore di Gidayû fu quello di assorbire e riassumere tutte le principali tendenze stilistiche del jôruri dell'epoca, arricchendole ulteriormente con l'apporto di elementi dello yôkyoku e di canzoni popolari; la sua declamazione ha un carattere variegato e flessibile che si adatta perfettamente alle molteplici esigenze espressive delle diverse situazioni del dramma (dalla magniloquenza enfatica e volgare di un malfattore, alla delicatezza di una scena d'amore, alla tragicità del commiato di due amanti che stanno per suicidarsi).
Nel 1684 Gidayû fondò una propria compagnia teatrale nel quartiere di Dôtombori a Ôsaka e ottenne il suo primo grande successo con Shusse Kagekiyo, basato su un copione scritto appositamente da Chikamatsu Monzaemon. In seguito ad esso Chikamatsu si trasferì da Kyôto a Ôsaka e divenne il librettista stabile della compagnia Takemoto, lavorando in esclusiva per essa fino alla morte.
Grande popolarità tra il pubblico ottenne anche Sonezaki shinjû (del 1703). Ciononostante la compagnia si trovò in difficoltà economiche e nel 1704 Gidayû preferì ritirarsi dalla sua direzione, continuando tuttavia a recitarvi come tayû. Nello stesso anno un allievo di Gidayû si separò da lui e assunse il nome di Toyotake Wakatayû, fondando una compagnia indipendente e in competizione con la compagnia Takemoto.
Nel 1714 Gidayû morì; il suo posto venne preso dal giovane e inesperto Takemoto Masatayû e la compagnia andò incontro a un periodo di crisi. Tuttavia l'anno successivo il dramma storico Kokusen'ya kassen, scritto appositamente da Chikamatsu Monzaemon per Masatayû, ottenne un successo travolgente e venne rappresentato ininterrottamente per ben 17 mesi.
A partire da Kokusen'ya kassen inizia l'epoca di massimo splendore del gidayûbushi; nel periodo che va dal 1715 al 1765 circa la popolarità del jôruri fu così grande da offuscare persino quella del kabuki. In questo periodo nacquero la maggior parte delle opere che sono rappresentate ancora oggi come "grandi classici" del gidayûbushi: Takeda Izumo, il successore di Chikamatsu Monzaemon come librettista della compagnia Takemoto, scrisse Sugawara denju tenarai kagami [I segreti della calligrafia di Sugawara] (1746), Yoshitsune senbonzakura [Yoshitsune e i mille ciliegi] (1747) e Kanadehon Chûshingura [Manuale di calligrafia del Tesoro dei fedeli vassalli] (1748), mentre Namiki Sôsuke, il librettista della compagnia Toyotake, scrisse Karukayasômon Tsukushi no iezuto (1735) e Ichi-no-Tani futaba gunkin [La cronaca della battaglia di Ichi-no-Tani ] (1751).
In questo periodo si assiste anche a un notevole progresso tecnico del genere: crescono le dimensioni e la complessità dei movimenti dei burattini (tanto che per manovrarli diventano necessari tre burattinai) mentre la scenografia si arricchisce di nuove possibilità (palcoscenici rotanti, botole attraverso cui i personaggi appaiono e scompaiono, fiumi e oceani artificiali). Tutti questi elementi rendevano una rappresentazione di jôruri uno spettacolo estremamente vario e avvincente e certamente contribuirono al successo del genere.
Negli ultimi decenni del XVIII secolo vennero prodotte ancora opere famose come Imoseyama onna teikin [Storia della virtù esemplare di una donna a Imoseyama] (1771) e Shinpan Utazaimon [Nuova ballata] (1780) di Chikamatsu Hanji. Tuttavia il teatro dei burattini si avviava verso un periodo di crisi e fu progressivamente soppiantato dal kabuki. Ciononostante il jôruri come genere musicale sopravvisse all'interno del kabuki o in esecuzioni in forma di concerto svincolate da rappresentazioni teatrali.

Caratteristiche del gidayûbushi

Le caratteristiche musicali del gidayûbushi sono strettamente legate alla sua funzione di musica di scena del teatro dei burattini. Il tayû, prestando la voce a tutti i personaggi del dramma, usa uno stile di canto che ha un carattere spiccatamente declamatorio più che lirico: non a caso il gidayûbushi viene considerato come uno dei generi più tipici di katarimono. Ciononostante, pur all'interno di questa tendenza generale, lo stile di declamazione è molto vario e si adatta alle esigenze delle diverse situazioni drammatiche. Tecnicamente si distinguono tre diversi stili di declamazione che vengono indicati con i seguenti termini:
- kotoba: [lett. "parole"]: declamazione pura senza nessuna melodia; è uno stile che può essere paragonato al parlato dell'opera o dell'operetta occidentale e che viene usato soprattutto nei dialoghi;
- jiai: declamazione melodica o canto dalla forte connotazione declamatoria; da un punto di vista puramente musicale può essere paragonato molto vagamente al recitativo secco dell'opera lirica ma ha una funzione drammatica notevolmente diversa: viene utilizzato soprattutto nelle sezioni descrittive cioè quando il tayû, assumendo il ruolo di narratore, comunica al pubblico elementi psicologici (i sentimenti e i pensieri dei personaggi) che altrimenti non potrebbero essere colti;
- fushi: [lett. "melodie"]: declamazione con spiccato carattere melodico (pur rimanendo nell'ambito del katarimono, cioè di uno stile declamatorio); musicalmente si può paragonare al recitativo accompagnato del melodramma occidentale, ma la sua funzione è invece piuttosto quella svolta nelle opere liriche dalle grandi arie, cioè quella di sottolineare poeticamente i passi più intensamente emotivi del dramma.
Nonostante nella descrizione di questi stili si sia fatto ricorso a confronti con termini propri dell'opera lirica, non bisogna andare troppo in là con simili parallelismi. Ad esempio, mentre nell'opera lirica le arie costituiscono "forme chiuse" che hanno una struttura metrica e ritmica ben definite e che sono chiaramente separate dai recitativi che le precedono e che le seguono, la declamazione del gidayûbushi ha un andamento molto più fluido e un ritmo molto libero. Essa segue fedelmente (enfatizzandolo) il ritmo proprio della lingua parlata; le sezioni di kotoba, jiai e fushi si avvicendano senza introdurre nette cesure nella declamazione.
Nel gidayûbushi la declamazione del tayû ha un carattere vigoroso e avviene con un volume di voce notevole, anche per la necessità di farsi udire all'interno di tutto il teatro. Per questo motivo anche lo shamisen utilizzato in questo genere musicale è un futozao, cioè il tipo di strumento di costruzione più massiccia e in grado di produrre il suono più potente tra tutti i modelli di shamisen. Fa anche parte della normale tecnica esecutiva del gidayûbushi colpire con il bachi la pelle che costituisce la parete anteriore della cassa armonica dello strumento mentre se ne suonano le corde, producendo un accompagnamento di tipo percussivo.
Originariamente il gidayûbushi veniva eseguito da un unico tayû, accompagnato da un solo suonatore di shamisen. In seguito (a partire dall'epoca di Takemoto Masatayû) è divenuto normale che interpreti diversi si avvicendino nel corso di uno stesso dramma; alcune scene particolari richiedono due o più tayû (di solito accompagnati da altrettanti suonatori di shamisen).
Discografia del gidayûbushi:
da Ashiya Dôman ôuchi kagami [Lo specchio segreto di Ashiya Dôman] (1734): Kitsune wakare no dan [Scena della partenza della volpe]: Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 4 da Honchô nijûshikô [Ventiquattro esempi di pietà filiale] (1766):
Kitsunebi (Midare) (Kitsunebi no dan): Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 2 da Keisei koibikyaku [Messaggero d'amore di una prostituta]:
Ninokuchimura no dan [Scena del villaggio di Ninokuchi]: Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 5 da Keisei Yamato zôshi:
Chô no michiyuki [Il michiyuki delle farfalle]: Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 6
da Sanjûsangendô munagi no yurai [L'origine della trave di colmo del tempio Sanjûsangendô] (1760): Kiyari ondo [Ballata dei taglialegna]: Shamisen I (katarimono), King Record KICH 2008, traccia 1
Yanagi no kiyari (da Heitarô jûka no dan [Scena della casa di Heitarô]): Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 3 (arrangiamento per shamisen e orchestra sinfonica del Kiyari ondo) da Shinpan utazaimon [Nuova ballata] (1780): Nozakimura no dan [Il villaggio di Nozaki] - finale: Shamisen I (katarimono), King Record KICH 2008, traccia 2
Nozaki (Nozakimura no dan [Il villaggio di Nozaki]): Edo no bunka - 1: Katari [La cultura di Edo - 1: Katari], Columbia COCJ 32071, traccia 1