Il sôkyoku
Il termine sôkyoku significa letteralmente "brano per sô" e indica un brano musicale che abbia come strumento principale il sô o koto (spesso con una parte vocale ma senza l'intervento di altri strumenti, oppure con l'aggiunta dello shamisen e a volte dello shakuhachi); in senso collettivo indica la letteratura composta per il sô e in particolare la tradizione musicale moderna per lo strumento che inizia con Yatsuhashi Kengyô (1614 ? - 1685), con esclusione quindi dell'uso del sô all'interno del gagaku.
Tra tutti i tipi di musica tradizionale giapponese, il sôkyoku è forse quello più facilmente comprensibile ad un orecchio occidentale. Si tratta infatti del genere che più si avvicina ad un ideale di "musica assoluta", che si fa cioè apprezzare unicamente per il suo contenuto melodico senza essere collegato a forme di spettacolo come il teatro o la danza che richiederebbero una maggior conoscenza di una lingua, di una cultura e di convenzioni artistiche a noi remote. Penso che nessuno, ascoltando la semplice eppur raffinata melodia di un brano come Rokudan possa fare a meno di esserne affascinato, anche se si trattasse del suo primo approccio con la musica tradizionale giapponese e se fosse completamente privo di ogni informazione accessoria. Anche molti dei brani con parti cantate possiedono melodie così intensamente espressive da poter essere apprezzati anche avendo solo una idea generale del loro contenuto (e magari una traduzione del testo), anche senza comprendere ogni singola parola (vedi Esempi musicali 19 e 23).
Le origini del sôkyoku
Il sô alla corte di Heian e nel medioevo
Il sô o koto è un tipo di cetra a 13 corde importato in Giappone dalla Cina a partire dal periodo Nara come uno degli strumenti usati nel gagaku: in particolare esso veniva utilizzato nel kangen che era un genere di musica solamente strumentale (senza parti cantate) in cui il sô suonava insieme ad altri strumenti.
Non è invece chiaro quando e come si sia iniziato a usare il sô come strumento solista e per l'accompagnamento di brani cantati. Si sa che durante il periodo Heian la nobiltà di corte coltivava la musica e prediligeva soprattutto gli strumenti a corda e in particolare il sô e lo suonava sia nel corso delle cerimonie di corte (in esecuzioni di gagaku) sia in occasioni meno formali, come passatempo privato o tra ristretti gruppi di amici; in questi casi venivano anche eseguiti brani solistici e brani in cui il sô accompagnava il canto. L'esistenza di un simile repertorio è ampiamente documentata in letteratura (ad esempio nel Genji monogatari) ma il suo contenuto musicale ci è ignoto in quanto nessun brano di questo tipo è giunto fino a noi.
Dopo la fine del periodo Heian anche i templi buddhisti acquistarono un ruolo molto importante nella diffusione e trasmissione della musica. L'attività musicale dei templi non era limitata alla musica propriamente religiosa come lo shômyô ma si estendeva anche alla musica cerimoniale (gagaku) e a diversi tipi di spettacoli di intrattenimento che venivano eseguiti in occasione delle feste religiose.
Ad esempio si sa che nel corso degli ennen (tipo di spettacolo popolare diffuso nei templi buddhisti a partire dal periodo Kamakura) venivano eseguiti brani di musica vocale chiamati utaimono che consistevano nel cantare un testo utilizzando la melodia di un brano strumentale preesistente di gagaku (si tratta quindi di un genere affine all'imayô). Un esempio famoso in questo senso è costituito da Etenraku utaimono, che utilizzava la melodia del brano di kangen Etenraku. Probabilmente in occasioni pubbliche gli utaimono venivano eseguiti con l'accompagnamento strumentale misto tipico del gagaku (strumenti a fiato, a corda e a percussione) ma si pensa che ad un certo punto essi abbiano cominciato ad essere cantati anche con il solo accompagnamento del sô; infatti in molti casi i testi degli utaimono, conservati da documenti dell'epoca (solitamente senza indicazione della melodia con cui erano cantati), coincidono con i testi dei kumiuta per sô come saranno codificati e tramandati dalle posteriori scuole di Tsukushi e Yatsuhashi. In uno dei documenti ritrovati il testo di Etenraku utaimono è associato a una partitura per sô che coincide con la parte del gakusô dell'omonimo brano di kangen.
Il musicologo Hirano Kenji fa notare che le attività didattiche svolte nei templi buddhisti comprendevano l'insegnamento della musica e sicuramente anche della tecnica esecutiva del sô come strumento necessario per il gagaku. Tale insegnamento utilizzava un metodo mnemonico di solfeggio chiamato shôka in cui ad ogni nota (corda dello strumento) veniva assegnata una particolare sillaba, e il passaggio da tale solfeggio cantato a brani vocali con accompagnamento di sô è piuttosto breve. In ogni caso sembra sicuro che l'origine remota del sôkyoku debba ricercarsi proprio negli utaimono.
Lo tsukushigoto
Per incontrare il primo genere di musica vocale accompagnata dal sô che sia storicamente documentato occorre però attendere il XVI secolo, quando nei templi buddhisti della regione di Tsukushi (nel nord del Kyûshû) si diffuse la tradizione dello tsukushigoto [lett. "koto di Tsukushi"].
Tradizionalmente l'iniziatore dello tsukushigoto è considerato Kenjun (1534 ? - 1623 ?), un monaco del tempio Zendôji della città di Kurume nel Kyûshû settentrionale. Entrato nel tempio all'età di 7 anni dopo la morte del padre, Kenjun vi studiò musica e si distinse subito per la sua abilità di esecutore, tanto che in seguito fu notato da un nobile locale che lo prese sotto la sua protezione (in seguito a ciò Kenjun lasciò il tempio e si sposò).
La formazione musicale di Kenjun comprendeva i seguenti elementi:
il patrimonio di brani di gagaku che erano tramandati all'interno dello Zendôji (localmente chiamati con il nome di zendôjigaku);
brani vocali derivati dal gagaku del tipo degli utaimono;
il kingaku, cioè la musica per shichigenkin che era allora diffusa nella Cina Ming e che Kenjun studiò sotto la guida di un monaco cinese, abile esecutore dello strumento, che era stato ospitato dallo Zendôji.
Il musicologo Tanabe Hisao avanza l'ipotesi che un altro elemento che Kenjun aveva a disposizione fossero i residui della tradizione esecutiva di brani vocali accompagnati dal sô che era coltivata alla corte di Heian (considerata un elemento importante soprattutto nell'educazione delle fanciulle) e che era stata trasportata nel Kyûshû verso la fine del XII secolo dagli esuli della famiglia Taira che fuggivano da Heian dopo la sconfitta subita ad opera dei Minamoto (queste vicende sono descritte nel paragrafo La dittatura Taira e la guerra Genpei); questa ipotesi è in se stessa verosimile ma non è appoggiata da nessuna prova documentaria.
In ogni caso Kenjun riorganizzò e fuse insieme questi elementi per creare un repertorio che ha caratteristiche nuove e che è conosciuto con il nome di tsukushigoto oppure tsukushigaku. È certo che questi brani costituiscano il nucleo del repertorio dei kumiuta per sô, perché i testi di alcuni di essi, riportati in manoscritti dell'epoca, coincidono sia nel contenuto che nel titolo con quelli di kumiuta della scuola di Yatsuhashi Kengyô (si tratta di Fuki, Ume ga eda, Kiritsubo, Shiki, Kumo no ue, Ôgi no kyoku); in altri casi c'è corrispondenza di testo anche se il titolo è stato cambiato (ad esempio il testo del kumiuta Kokorozukushi è costituito dalla parte iniziale del testo del brano di tsukushigoto Tsushima).
Il repertorio dello tsukushigoto può essere classificato nelle seguenti categorie:
opere derivate dalla trasformazione di brani di gagaku in brani vocali accompagnati da sô; queste comprendono:
opere derivate da utaimono di Etenraku (Fuki, Ume ga eda, ecc.);
opere derivate da brani di rôei (Rôei, Otome no kyoku, ecc.);
opere derivate da brani di kingaku Ming:
brani vocali (Yôkan no kyoku, Shûfû no ji, ecc.);
brani puramente strumentali (Rinzetsu).
Dopo Kenjun la tradizione dello tsukushigoto si è organizzata in una vera e propria scuola artistica (denominata scuola di Tsukushi) che può forse essere considerata la prima scuola di sôkyoku (riguardo al concetto di scuola nella tradizione musicale giapponese vedi il paragrafo e apprendimento della musica).
Nello tsukushigoto viene utilizzato lo stesso tipo di sô usato per il gagaku (gakusô), ma viene suonato con tsume di forma più allungata. La sua tecnica esecutiva differisce sia da quella del gakusô che da quella successiva dello zokusô e risente dell'influenza della tecnica dello shichigenkin cinese.
Mentre per il gakusô venivano adottati diversi tipi di accordatura a seconda del chôshi (tonalità) del brano, nello tsukushigoto veniva inizialmente usata una sola accordatura derivata dall'accordatura shimo ichikotsu del gagaku e che era basata sulla scala pentatonica ritsu (che non comprende intervalli di semitono).
L'accordatura del sô attualmente usata nello tsukushigoto: sono evidenziati i tetracordi che derivano dalle scale ritsu e miyakobushi. Le legature indicano gli intervalli di semitono che non sono presenti nella scala ritsu
L'accordatura attuale dello tsukushigoto è però basata su una scala che è una mescolanza tra una scala ritsu e una scala miyakobushi (che ha un intervallo di semitono tra il 1º e il 2º grado). Si pensa che ciò sia il risultato di una evoluzione successiva in cui l'accordatura dello tsukushigoto abbia subito l'influenza dell'accordatura hirajôshi, basata sulla scala miyakobushi.
Lo tsukushigoto ha una forte impronta spirituale: i suoi brani vengono considerati un mezzo di elevazione morale e di educazione piuttosto che di divertimento e non vengono eseguiti pubblicamente. La trasmissione dello tsukushigoto ha un carattere quasi iniziatico; oltre che dai monaci buddhisti esso era coltivato da bushi e medici, ma ne era proibito l'insegnamento alle donne e ai ciechi (a questi ultimi in quanto musicisti di professione e trasmettitori di forme di arte profane). Per questi motivi esso non ha mai avuto grande diffusione e attualmente è quasi estinto.
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