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La scuola Yamada

Il sôkyoku di scuola Ikuta è nato a Kyôto e nel Kansai e dal suo luogo di origine si è progressivamente diffuso in tutto il Giappone ma ha avuto difficoltà ad attecchire a Edo e nel Kantô. I gusti del pubblico di Edo erano infatti legati soprattutto a generi di teatro "popolare" come il kabuki e il bunraku e a generi musicali dal carattere fortemente declamatorio come il jôruri; al contrario il sôkyoku di scuola Ikuta aveva un'impronta melodica e strumentale. Probabilmente sarebbe una semplificazione eccessiva vedere questa differenza di carattere in termini di una maggiore raffinatezza dell'arte aristocratica di Kyôto rispetto all'arte "borghese" di Edo; tuttavia è innegabile che l'espressività vocale estremamente rarefatta di certi brani di jiuta fosse agli antipodi della comunicatività teatrale e quasi sanguigna del jôruri.
Tentativi di diffondere la scuola Ikuta a Edo furono compiuti da Mitsuhashi Kengyô e da Hasetomi Kengyô, ma nessuno dei due ebbe molto successo. Tra gli allievi di Hasetomi Kengyô a Edo c'era Yamada Shôkoku, un medico del quartiere di Akasaka; egli non era cieco e non era membro del Tôdô ma doveva essere qualcosa di più di un comune dilettante, perché nel 1779 fece pubblicare il Sôkyoku taiishô, una raccolta di kumiuta per sô. Tra gli allievi di Yamada Shôkoku c'era un giovane intraprendente, un ragazzo cieco di nome Toyoichi che sarebbe diventato un musicista di professione e (forse in onore del maestro) avrebbe assunto il nome di Yamada Kengyô.

Yamada Kengyô

Yamada Kengyô (1757 - 1817) era figlio di un attore di teatro nô e aveva cominciato a studiare musica all'età di 15 anni. Molto presto egli si era reso conto del fatto che i brani della scuola Ikuta non avevano speranza di successo a Edo e aveva cercato di trovare un nuovo stile di sôkyoku che fosse più in sintonia con i gusti dei suoi concittadini. Non si sa quanto su questa scelta abbia influito l'insegnamento del suo maestro Yamada Shôkoku, ma la nuova tendenza è già chiaramente percepibile in Enoshima no kyoku, uno dei primi brani che egli compose nel 1777 quando aveva 21 anni.
Le novità apportate da Yamada Kengyô nel sôkyoku consistono principalmente nel trasferire in esso lo stile declamatorio di canto (katarimono) che era tipico dei generi teatrali allora diffusi a Edo e in particolare del jôruri, cioè nel creare composizioni per koto che riproducevano lo stile vocale più popolare che era allora utilizzato nella musica vocale accompagnata da shamisen: una specie di "jôruri per koto", secondo l'efficace definizione della musicologa Kubota Satoko. Ciò non significa però che il sôkyoku di Yamada Kengyô fosse più rozzo di quello dei suoi predecessori del Kansai: non a caso i suoi modelli furono soprattutto il katôbushi e l'icchûbushi, cioè quelli che all'epoca erano considerati i generi più eleganti e raffinati di jôruri. Un'altra influenza importante (e parimenti raffinata) fu quella dello yôkyoku del teatro nô. I testi dei brani erano piuttosto vari, comprendendo sia brani lirici e descrizioni di paesaggi che brani narrativi ed epici.
In breve tempo questo nuovo stile di musica ebbe un grande successo a Edo e Yamada Kengyô divenne un personaggio famoso, idolatrato dal popolo e conteso da ricchi mercanti e daimyô, nelle cui case veniva invitato a suonare. Un romanzo comico dell'epoca (l'Ukiyoburo, scritto da Shikitei Sanba nel 1809) ironizza sulla sua popolarità descrivendolo come "l'idolo dei bagni femminili" e raccontando di tre ragazze di umile condizione che, incontrandosi appunto in un bagno pubblico, si dichiarano entusiaste della bella voce di Yamada Kengyô e confessano di "sentirsi sciogliere" solo ad ascoltarlo cantare. In questa ironia si trova forse una traccia delle critiche che Yamada Kengyô subì da parte di altri musicisti come interprete di un'arte popolare e volgare che non rispettava i canoni tradizionali del sôkyoku, ma forse queste critiche erano anche dettate da semplice invidia. Si dice anche che l'invidia per il successo sia stato il movente del tentativo di omicidio in un'imboscata a cui Yamada Kengyô sfuggì per un pelo e in cui invece fu ucciso un suo allievo, anche se sull'episodio non è mai stata fatta chiarezza.
Tra le ragioni di questo successo bisogna anche annoverare i forti condizionamenti legati al rigido codice di comportamento imposto dal regime Tokugawa. Mentre la capacità di suonare il koto era molto apprezzata nelle "ragazze da marito" di buona famiglia e nelle giovani che andavano a prestare servizio presso i palazzi dei samurai e dei daimyô, per nessun motivo si sarebbe permesso loro di esercitarsi nello shamisen, uno strumento che era indissolubilmente legato al mondo corrotto degli artisti di teatro e delle prostitute; queste categorie di persone erano addirittura considerate "fuori casta", cioè al di fuori delle quattro classi in cui era divisa la società (vedi a questo proposito il paragrafo La struttura della società feudale). Quindi le opere di Yamada Kengyô davano la possibilità a queste ragazze di suonare, se non proprio i brani che le avevano commosse negli spettacoli di teatro a cui avevano assistito, almeno musiche che vi si avvicinavano come stile.
Nel 1809 Yamada Kengyô pubblicò l'Azumagoto uta, una raccolta di spartiti di brani da lui composti. Questo è un fatto piuttosto insolito tra i musicisti di sôkyoku del periodo Edo, che in genere custodivano gelosamente la propria arte e la trasmettevano solo ai membri della propria scuola oppure ad allievi dilettanti che avevano però l'obbligo di non divulgarla essi stessi. Questa forma di monopolio era tutelata dal Tôdô ed era ultimamente un modo per garantire ai musicisti di professione gli introiti che provenivano dalle attività di esecutori e di insegnanti. La novità dell'operazione editoriale di Yamada Kengyô è accresciuta dal fatto che egli inserì nell'opera una estesa prefazione in cui illustra dettagliatamente la propria concezione della musica come ricreazione ed espressione dei sentimenti del popolo; dichiara inoltre di affidare alla stampa le proprie melodie in modo che la loro forma esatta originale si conservasse anche in futuro.brano enoshima

La notazione musicale utilizzata nella raccolta di Yamada Kengyô è quella del Sôkyoku taiishô e quindi ha un notevole grado di precisione. In essa lo spartito viene scritto verticalmente su tre colonne, in cui la colonna centrale riporta una successione di cerchi piccoli e grandi che scandiscono il ritmo, la colonna a destra i nomi delle corde ed eventualmente le diteggiature e i simboli di tecniche esecutive particolari, e la colonna a sinistra il testo della parte vocale.
Yamada Kengyô introdusse diverse novità rispetto alla scuola Ikuta anche da un punto di vista tecnico:
* introdusse modifiche nella forma e nelle dimensioni del koto e nella forma degli tsume e nella posizione del suonatore (utilizzando tsume appuntiti i musicisti della scuola Yamada si siedono frontalmente davanti allo strumento e non diagonalmente);
* utilizzò una tecnica di emissione della voce che si rifaceva a quella del jôruri piuttosto che a quella tradizionale del sôkyoku;
* nei brani in cui il koto è affiancato dallo shamisen utilizzò come strumento un tipo di hosozao simile a quello del nagauta (lo shamisen utilizzato nel jiuta di scuola Ikuta è invece un chûzao);
* estese l'organico strumentale a comprendere due o più koto e due o più shamisen (i cui musicisti eseguono anche le parti vocali, alternandosi in assolo in punti particolari) e a volte anche shakuhachi e kokyû (pare che anche questa pratica esecutiva sia stata ereditata dal jôruri di Edo).
Yamada Kengyô ebbe moltissimi allievi e fondò una scuola (la scuola Yamada) che godette di grande favore a Edo anche dopo la sua morte. Dopo di lui il panorama del sôkyoku può essere diviso un due grandi aree geografiche: mentre Edo e il Kantô sono la roccaforte della scuola Yamada, in tutto il resto del paese (e soprattutto nel Kansai) domina ancora la scuola Ikuta. Questa rigida divisione territoriale durerà fino all'era Taishô, quando l'importanza di Tôkyô come centro artistico e culturale aumenterà e vi si trasferiranno anche molti musicisti di scuola Ikuta.

Opere rappresentative della scuola Yamada

Yamada Kengyô compose in tutto 36 opere; tra queste, le opere considerate più importanti sono:
- un kumiuta per sô:
* Hatsune no kyoku 初音の曲
- i quattro brani chiamati oku shikyoku [quattro brani fondamentali]:
* Kogô no kyoku 小督の曲
* Yuya 熊野
* Chôgonka no kyoku 長根歌の曲
* Aoi no ue 葵の上
- i sette brani chiamati chû shichikyoku:
* Enoshima no kyoku 江の島の曲
* Ki no ji no oku shiki no dan 紀の路の奥四季の段
* Sumiyoshi 住吉
* Yaegaki 八重垣
* Nasuno 那須野
*Chisato no ume no kyoku 千里の梅の曲
* Sakuragari 桜狩

Oltre alle opere di Yamada Kengyô, nella scuola Yamada vengono tramandati anche brani ereditati dalla scuola Ikuta attraverso Yamada Shôkoku (kumiuta per sô, danmono, kinutamono e jiuta). Il contenuto musicale di questi brani è però stato rivisto nella scuola Yamada e quindi è differente da quello dei brani omonimi della scuola Ikuta; ad esempio nei brani di jiuta (eseguiti con accompagnamento di koto e shamisen) la parte del koto è stata composta ex novo da musicisti della scuola Yamada, facendo del koto lo strumento principale.
Inoltre vengono tramandati brani composti dagli allievi di Yamada Kengyô dopo la morte del maestro; questi includono anche brani basati su opere che originariamente erano opere vocali con accompagnamento di shamisen (dei generi del katôbushi, icchûbushi e tomimotobushi) e a cui in seguito è stata aggiunta una parte per il koto, in modo analogo ai kyôryû tegotomono della scuola Ikuta.

Enoshima no kyoku 江の島の曲
Enoshima no kyoku [Melodia di Enoshima] è la prima opera composta da Yamada Kengyô e anche una delle più importanti, sia per la sua estensione che per il suo soggetto.

yamada school
Stampa di Utagawa Hiroshige raffigurante un pellegrinaggio al santuario di Benzaiten a Enoshima (circa 1850)

Immagine riprodotta per gentile concessione del British Museum (opera temporaneamente esposta alla National Gallery of Australia)

Enoshima è una piccola isola di fronte a Kamakura ed è famosa come sede di un santuario dedicato a Benzaiten (o Benten), kami protettrice delle arti e della musica e in particolare dei musicisti ciechi. Si dice che prima di comporre il brano Yamada Kengyô si sia ritirato per tre settimane in preghiera a Enoshima per cercare ispirazione. Il testo di Enoshima no kyoku (di autore ignoto) è appunto il racconto di un pellegrinaggio a tale santuario e un inno di lode al potere benefico della divinità:

(maebiki)
Haru sugite
ima zo hajime no
natsugoromo,
karoki tamoto ga
urakaze ni,
Shinado no oite
kaze soyosoyoto,
fukuju enman
kagirinaki,
Chikai no Umi no
sorenarade,
hikata to nareba
itoyasuku
ayumi wo hakobu
Enoshima no,
e ni mo oyobanu
nagame kana.
La primavera è passata,
ora è il tempo
dei primi vestiti estivi;
le leggere maniche del vestito
[fluttuano] nella brezza,
Shinado [kami del vento]
fa soffiare un vento leggero.
Felicità, lunga vita, armonia
senza fine
nel Mare della Misericordia
del Buddha.
Con la bassa marea
è facile
raggiungere a piedi
Enoshima:
panorama che non ha eguali
neanche nei dipinti!
mizu wa yama
no kage wo fukumi,
yama wa mizu no
kokoro ni makasu.
shinsen no iwaya,
na ni kikoetaru
Hôraidô,
sobadatsu iwane
gaga to shite.
zuien shinnyo no
nami no koe
kokoro mo sumeru
orikara ni,
ama no kodomo no
uchimurete,
sonare kouta mo
kaizukushi.
L'acqua ospita
l'ombra della montagna,
la montagna si affida
allo spirito dell'acqua.
Caverna dei kami della montagna,
famosa caverna
dell'Isola dell'Eterna Giovinezza,
dirupo scosceso
di rocce torreggianti!
Espressione della Verità Eterna,
la voce delle onde
purifica il cuore.
Proprio allora
i fanciulli dei pescatori
si radunano
sulla spiaggia e cantando una canzone
raccolgono conchiglie.
(ai no te)
kimi ga sugata wo
misomete,
somete hiku
sodegai wo
furiharau.
koi wa awabi no
kata omoi,
adashi ada nami,
sakuragai,
umenohanagai.
sono mi wa suina,
suina sugai wa
otoko no kokoro.
kochi wa himekai.
hitosuji na
onnagokoro wa
sô ja nai wai na.
«Appena ti ho vista
mi sono innamorato di te
ma quando ti ho tirato
la "conchiglia della manica" [=ostrica]
tu me l'hai strappata via.
Come il guscio dell'orecchia di mare
questo amore ha un solo lato.
[Sei come] un'onda turbolenta e incostante,
una tellina,
una "conchiglia fior di prugno".
Il mio cuore invece
è una delicata chiocciola di mare,
l'animo di un innamorato;
io sono come una cozza.
Un cuore sincero
di donna
non è come il tuo.
(ai no te)
itsuka au se no
tokobushi ni
aute hanarenu
hamaguri no.
sono tsukihigai,
mate kai to
iu wo tanomi no
imosegai
utau hito fushi,
koi no umi.
kano fukazawa no
akuryô mo
taenaru tennyo no
shintoku ni
tachimachi
ichinen hokki shite
nagaku chikai wo
tatsu no kuchi
mukashi no ato wo zo
todomekeru.
iku chiyo mo,
tsuki seji tsukiji
kono shima no
Un giorno avrò l'occasione
di incontrarti sul letto nuziale
e non ci divideremo più
come una cozza.
"Fino a quel giorno (conchiglia)
aspetta (conchiglia)"
spero che mi dirai
e saremo intimamente uniti (conchiglia).»
Questa è la canzone che cantano,
un mare d'amore.
Nella profonda palude
anche il malvagio dragone
dalla virtù divina
della soave dea
immediatamente
fu conquistato;
per sempre la promessa
fu proferita dalla bocca del dragone
e ancora oggi
viene mantenuta.
Per migliaia di generazioni
senza mai finire
su questa isola
(ai no te)
iso yama matsu wo
fuku kaze.
le coste, la montagna e i pini
saranno spazzati dal vento.
(ai no te)
iwane ni yosuru
nami made mo
sanagara Kafûraku,
Seigaiha wo
sôsunari,
Anche le onde
che giungono sulla scogliera
è come
se suonassero Kafûraku
o Seigaiha;
(gaku no te)
kotowari nare ya,
nani shiou
myôon bosatsu no
shirabe no ito
nagaku tsutaete
fukki jizai,
jumyô chôkyû
han'ei wo
mamorase tamau.
onkami no
hiroki megumi zo
arigataki,
hiroki megumi zo
arigataki.
come è naturale
la famosa
bosatsu della musica celestiale
a lungo fa risuonare
la sua melodia sulle corde [del suo strumento]
e proteggendoci concede
liberalmente ricchezza e onore,
lunga vita
e duratura prosperità.
Alla dea
per la sua generosa benedizione
siamo riconoscenti,
per la sua generosa benedizione
siamo riconoscenti.

La parte centrale del brano è costituita da una lunga citazione di Kaizukushi, una canzone popolare di tema amoroso che qui viene introdotta come cantata da ragazzi incontrati sulla spiaggia.
Il titolo Kaizukushi significa letteralmente "Elenco di conchiglie" e in effetti nella canzone compaiono i nomi di diversi tipi di conchiglie che vengono usati nel testo per creare giochi di parole o similitudini. Ad esempio all'inizio del canto l'innamorato non corrisposto invece di dire che ha "tirato la manica" (sode) della sua amata usa la parola sodegai [lett. "conchiglia della manica"] che è il termine con cui in giapponese viene chiamata l'ostrica. Più sotto egli paragona il proprio amore non corrisposto a una "orecchia di mare" (un genere di conchiglia monovalve); in altri casi il parallelismo tra la situazione personale dell'amante e le conchiglie citate rimane oscuro. Infine negli ultimi versi della canzone il nome "conchiglia" (kai) compare senza alcuna relazione con il testo (come esclamazione intercalare o hayashikotoba).
Si noti anche che il testo mescola liberamente richiami allo shintoismo e al buddhismo, secondo il sincretismo che è tipico della religiosità giapponese fino al periodo Meiji (verso la fine del brano lo stesso kami Benzaiten è invocato con l'appellativo di bosatsu, cioè con un termine propriamente buddhista).
Dal punto di vista musicale si tratta di un'opera innovativa. Il canto alterna sezioni melodiche a sezioni marcatamente declamatorie (katarimono) o che richiamano lo stile delle ballate popolari (min'yô); per quanto riguarda l'accompagnamento strumentale per la prima volta vengono applicate al koto tecniche esecutive caratteristiche dello shamisen come l'otoshi. Il canto viene interrotto a più riprese da interludi strumentali (ai no te). Riprendendo l'accenno ai brani di gagaku contenuto nel testo, l'ultimo ai no te (gaku no te) è basato su una melodia che imita lo stile del gagaku e che ha la funzione di evocare l'atmosfera solenne del santuario prima dell'invocazione finale a Benzaiten.

Okayasuginuta 岡康砧
Brano dalle origini incerte: si dice che il titolo derivi dal nome del presunto compositore Okayasu Kosaburô, un interprete di shamisen dell'inizio del XVIII secolo. Successivamente l'opera fu trasformata in un brano per kokyû, che fu a sua volta riadattato come brano di sôkyoku da parte di Yamamuro Yasuyoshi (1839 - 1907). È quest'ultima la versione (per koto e shamisen) attualmente tramandata nella scuola Yamada.
Il brano appartiene al genere del kinutamono ed è basato su due poesie, entrambe ambientate in una notte di inizio inverno, la prima in una notte serena in cui splende la luna, la seconda in una notte di pioggia:

Tsuki no mae no
kinuta wa,
yozamu wo tsuguru,
kumoi no kari wa,
kotoji ni utsushite,
omoshiroya,
Al chiaro di luna
il kinuta
risuona nella gelida notte;
nel cielo le anatre selvatiche
assomigliano ai ponticelli di un koto.
Che splendore!
(tegoto)
yowa no kinuta no
shigure no ame to,
yowa no kinuta no
shigure no ame to,
uchi tsuretachite,
kyô no asobi wa.
Kinuta nel cuore della notte,
insieme a un rovescio di pioggia,
kinuta nel cuore della notte,
insieme a un rovescio di pioggia
mi accompagni [mentre suono]:
è questo il mio diletto di oggi.

Il protagonista/poeta sta suonando e la sua musica sembra riecheggiare non solo nel suono lontano del kinuta ma in tutta la natura: nella prima poesia la tipica formazione a V di uno stormo di anatre sembra riprodurre la disposizione dei ponticelli sulla cassa armonica del koto, nella seconda lo scroscio della pioggia diventa accompagnamento musicale. Così i due poemi costituiscono una suggestiva immagine dell'intima unione tra uomo e natura e del magico potere della musica.
Musicalmente il tema del kinuta è utilizzato principalmente nel lungo tegoto che separa le due sezioni vocali, ma solo raramente compare nella sua forma più semplice costituita da note scandite su intervalli di tempo uniformi. Per la maggior parte dell'interludio questa forma elementare costituisce solo il punto di partenza per una serie di elaborate variazioni ritmiche che costituiscono uno dei punti di interesse del brano.
Discografia di Okayasuginuta:
Yamadaryû sôkyoku meikyokushû [Raccolta di brani famosi di sôkyoku della scuola Yamada], Victor VZCG 20, traccia 6 .

Sarashi さらし
La storia di questo brano è piuttosto complicata. Originariamente si trattava di un brano di jiuta, cioè un brano vocale con accompagnamento di shamisen; questo fu composto da Kitazawa Kôtô attorno all'era Genroku, quindi molto prima della nascita di Yamada Kengyô. Un secolo più tardi il brano fu riarrangiato da Fukakusa Kengyô, trasformato in brano di sôkyoku e incorporato nel repertorio della scuola Yamada; quest'ultima versione è l'unica eseguita al giorno d'oggi.
Il termine sarashi significa "candeggio" e in effetti il testo del brano ha come tema l'attività di sbiancatura dei tessuti effettuata lungo le rive del fiume Uji (nei dintorni di Kyôto); questo riferimento geografico dà anche lo spunto per una descrizione delle bellezze naturali del paesaggio.

Makinoshima ni wa,
sarasu asa nuno,
shizu ga shiwaza ni,
Uji kawa no,
nami ka yuki ka to
shirotae ni,
izatachi idete,
e nuno wo sarasô,
A Makinoshima
sbiancare i tessuti di lino
è il lavoro delle persone umili;
sul fiume Uji
come di onde o neve
c'è un bianco manto;
orsù andiamo là
a candeggiare le stoffe.
(ai no te)
kasasagi no,
wataseru hashi no
shimo yori mo,
saraseru nuno ni
shirami ari soro
Più del ghiaccio
del ponte di gazze
che fanno attraversare [la Via Lattea]
sono bianchi
i tessuti candeggiati.
(ai no te)
nô, nô, yama ga
mie soro
Asahi yama ni,
kasumi tanabiku
keshiki wa,
tatoe Suruga no
Fuji wa mono ka wa,
Fuji wa mono ka wa
Ehi, ehi,
si vede la montagna!
Sul monte Asahi
il paesaggio
avvolto nella nebbia
si può paragonare a Suruga
o al monte Fuji
o al monte Fuji.
(ai no te)
Kojima ga saki ni
yoru nami no,
Kojima ga saki ni
yoru nami no,
tsuki no hikari wo
utsusabaya,
tsuki no hikari wo
utsusabaya,
Alla punta di Kojima
giungono le onde
alla punta di Kojima
giungono le onde
su cui il chiarore della luna
si riflette
su cui il chiarore della luna
si riflette.
(ai no te)
miwataseba,
miwataseba,
Fushumi - Takeda ni
Yodo - Toba mo,
izure otoranu
meisho kana,
izure otoranu
meisho kana,
Guarda intorno!
guarda intorno!
A Fushumi e Takeda
anche Yodo e Toba
non sono inferiori;
non sono forse posti splendidi?
non sono inferiori;
non sono forse posti splendidi?
(ai no te)
tatsu nami wa,
tatsu nami wa,
seze no ajiro ni
saerarete,
nagaruru mizu wo
sekitome yo,
nagaruru mizu wo
sekitome yo,
Le onde si levano!
Le onde si levano!
Con sbarramenti di giunchi intrecciati
fermatele
e l'acqua che scorre
arrestate!
e l'acqua che scorre
arrestate!
(tegoto)
tokoro gara to te na,
tokoro gara to te na,
nuno wo tegoto ni,
Maki no sato
hito uchi tsurete
modorô yare
shizu ga ya e.
In questo luogo,
in questo luogo,
con i tessuti nelle mani,
tutti insieme gli abitanti
del villaggio di Maki
tornano a casa
alle loro umili dimore.

Musicalmente il brano, nonostante le revisioni subite, rimane un esempio rappresentativo dello stadio iniziale dello sviluppo del tegotomono, cioè di quel genere di opere che cominciavano a staccarsi dallo stile puramente vocale dei primi jiuta e in cui cominciavano ad avere importanza anche sezioni puramente strumentali (a questo proposito vedi la sezione I tegotomono). Queste opere non possedevano ancora la struttura tripartita (maeuta - tegoto - atouta) che sarà caratteristica del tegotomono "classico" e in cui il tegoto costituirà la parte più estesa del brano. In essi le parti strumentali erano costituite da diversi ai no te relativamente brevi inseriti alla fine di ogni strofa cantata. Nel caso di Sarashi l'ultimo ai no te è più esteso degli altri e assume la forma di un abbozzo di tegoto. Lo stile del canto è vario e comprende anche punti che hanno uno spiccato carattere di katarimono.
Anche il materiale musicale del brano è legato al tema del sarashi e prende spunto dai rumori connessi con l'attività del candeggio (lo scorrere e lo sgocciolare dell'acqua, il rumore ritmico prodotto dallo sbattimento dei tessuti) trasformandoli in forme ritmiche fortemente caratterizzate che sono visibili soprattutto nel secondo e terzo ai no te e nel tegoto. Per queste sue particolarità è un brano che ha avuto successo e che viene citato anche in altre opere. Ad esempio il brano danzato di nagauta Echigojishi contiene un'ampia sezione che riprende quasi testualmente questo jiuta sia nel testo che nella musica; durante il brano i danzatori di Echigojishi richiamano anche l'atmosfera di Sarashi sventolando sopra la testa un lungo panno bianco.
Discografia di Sarashi:
Yamadaryû sôkyoku meikyokushû [Raccolta di brani famosi di sôkyoku della scuola Yamada], Victor VZCG 20, traccia 5

Shinginuta
Brano solamente strumentale del genere kinutamono, per shamisen e koto. L'autore è sconosciuto ma probabilmente la composizione risale alla seconda metà del XIX secolo.
Si tratta di un brano di carattere virtuosistico diviso in quattro sezioni, in cui il koto ha un ruolo decisamente subalterno rispetto allo shamisen.
Discografia di Shinginuta:
Japon: Jiuta - Ensemble Yonin no Kai, Ocora C 580069 HM 79, traccia 2

Usu no koe 臼の声
Brano per voce, sangen e due koto composto da Yamato Shôrei III. Il testo (di autore ignoto) è tutto basato sull'ambiguità di significato della parola usu, che può essere sia sostantivo (indicando la macina per tritare i cereali) sia aggettivo. In questo secondo caso può assumere un'estensione piuttosto ampia di significati: sottile (strato, foglio), leggero (tessuto, vestito), pallido, tenue (colore), fioco (luce), superficiale, poco profondo (sentimento), rado (bosco, alberi).
Il brano è strutturato in cinque sezioni vocali, precedute da un maebiki e separate tra di loro da ai no te, l'ultimo dei quali ha dimensioni maggiori degli altri e svolge la funzione di un breve tegoto. Le prime quattro sezioni riprendono il tema classico delle quattro stagioni e passano in rassegna tutti i significati dell'aggettivo usu, sia nella forma usu- (usata come prefisso nella formazione di parole composte), sia nella forma attributiva usuki e avverbiale usuku ("fiocamente"). Il termine usu come sostantivo appare soltanto nella quinta sezione che fa da appendice alla poesia sull'inverno e nel contempo conclude il brano e in cui viene descritta la "voce della macina" che si ode attraverso le sottili pareti di un'umile dimora, a cui si aggiungono i canti dei contadini.

Nel testo sotto riportato i punti in cui appare la parola usu sono evidenziati in colore rosso:

(maebiki)
Oboroyo no
kage wa kasumi no
usumono ni,
koborete niou
ume ga ka no,
hikazu ni utsuru
haru kurete.
Nelle notti offuscate,
nell'ombra, nella nebbia
simile a un leggero vestito,
si spande
il profumo dei prugni
e con il trascorrere dei giorni
giunge la primavera.
(ai no te)
Natsu tatsu kyô no
usugoromo,
usumurasaki no
ôchikage,
suzushiki kaze ni
aki no tatsu.
In questo giorno d'estate
[è il momento dei] vestiti leggeri;
di un viola pallido
sono i fiori di sandalo
e già con un vento fresco
viene l'autunno.
(ai no te)
Usukiri nabiku
hatsu obana,
honokani usuku
kuresomete,
kikiusu takaki
yamakaze ni,
tsuki sumu aki no
koto no koe,
yosamu no kari mo
ne wo soete,
soto mo no kigi no
usumomiji.
Aleggia una tenue foschia
sulle prime spighe [di riso];
indistinte e fioche
calano le tenebre.
Dalle alte cime coperte di radi alberi
il vento di montagna
in un autunno in cui la luna è limpida
[reca] il suono di un koto,
a cui nella fredda notte anche le anitre selvatiche
aggiungono il loro verso;
fuori le foglie degli alberi
diventano di un rosso tenue.
(ai no te)
Isogu shigure no
Asato de ni,
niwa no usuyuki
mezurashina,
nage no nasake no
fude no ato,
sumi usukaranu
tamazusa ni,
chigiri wa nanika
usukaramu,
usuki hedate no
shizu ga ie ni.
Quando frettolosi, sotto la pioggia,
la mattina apriamo le persiane,
il giardino [è ricoperto] da un sottile strato di neve,
raro [a questa stagione].
Così la superficialità e assenza di sentimenti
del tratto di un pennello
dall'inchiostro pallido
in una lettera
rende il legame [con la persona che ha scritto]
piuttosto tenue.
Pareti sottili
ha l'umile dimora:
(ai no te)
Ine tsuku usu no
tsuchi no uta,
hyôshi mo kaze ni
kayoi kite,
utau koegoe
omoshiro ya.
La macina che tritura il riso
canta con i suoi colpi;
il suo ritmo dal vento
è portato fuori.
Le voci che cantano
come sono piacevoli!

Per comprendere l'accenno alla lettera contenuto nella poesia relativa all'inverno bisogna ricordare che lo scambio di missive era una parte molto importante del corteggiamento e delle relazioni amorose alla corte di Heian; la trascuratezza nella scrittura di una lettera era perciò un segno di mancanza di rispetto e di disaffezione. In particolare un tratto di pennello dal colore sbiadito indica che la preparazione dell'inchiostro è stata affrettata e non si è dedicato un tempo sufficiente a far sciogliere la stecca di inchiostro secco (sumi) nell'apposita vaschetta (suzuri). La similitudine con la lettera è introdotta per analogia con la precedente descrizione della scarsa profondità dello strato di neve (e quindi con la sua probabile breve durata) ma il nesso è piuttosto forzato e il passaggio ha chiaramente lo scopo di introdurre un nuovo significato dell'aggettivo usuki.
Dal punto di vista musicale il brano è notevole per la varietà di stili impiegati nel canto in corrispondenza dei differenti momenti evocati lungo il corso dell'anno. Anche gli intermezzi strumentali hanno ciascuno una propria individualità (in uno di essi tra l'altro viene citato il tema di Rokudan).
Discografia di Usu no koe:
Yamadaryû sôkyoku meikyokushû [Raccolta di brani famosi di sôkyoku della scuola Yamada], Victor VZCG 20, traccia 2
Japon: chants courtois, Buda 1987862, traccia 1

Altri siti

Japan-Artist.com
Il sito (dedicato ad artisti contemporanei di musica giapponese tradizionale) contiene tra l'altro una scheda biografica dell'inteprete Torii Namino V e una breve storia del ramo Torii della scuola Yamada (in inglese).