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Yatsuhashi Kengyô (1614 ? - 1685)

Se ci si basa su quanto riportato dalla tradizione, non c'è forse un altro esempio, in tutta la storia della musica sia occidentale che giapponese, di un genere musicale che sia stato così fortemente influenzato dall'opera di un solo compositore com'è il caso del sôkyoku, di cui Yatsuhashi Kengyô è al tempo stesso l'iniziatore e una delle vette più alte. Ancora oggi le opere di Yatsuhashi Kengyô occupano all'interno del sôkyoku un posto paragonabile forse a quello che spetta alle opere di Johann Sebastian Bach nella letteratura organistica occidentale; con la differenza che in Occidente l'organo era conosciuto e apprezzato da lungo tempo e possedeva un'ampia letteratura ad opera di molti compositori precedenti a Bach, mentre prima di Yatsuhashi il koto era utilizzato unicamente nella musica popolare oppure in tradizioni artistiche raffinate che erano però gelosamente custodite entro ristrette cerchie di iniziati ed erano quindi inaccessibili ai più. Il merito maggiore di Yatsuhashi Kengyô è forse quello di aver fuso queste due tradizioni creando per la prima volta per lo strumento un repertorio di musica d'arte che poteva venire ascoltato, apprezzato e studiato anche dalla gente comune; per questo motivo il genere di musica da lui iniziato (e che comprende praticamente tutto il repertorio per koto eseguito al giorno d'oggi, con l'unica esclusione dell'uso del gakusô all'interno del kangen) viene indicato con il nome di zokusô, cioè letteralmente "sô volgare, popolare".

Cenni biografici

Sui primi anni della vita di Yatsuhashi Kengyô si sa molto poco; inoltre le poche informazioni disponibili sono spesso ricavate da fonti molto posteriori agli eventi a cui si riferiscono e quindi sono incerte e contraddittorie. La stessa data di nascita è incerta: la tradizione più seguita la pone nell'anno 1614, ma secondo altre versioni essa sarebbe il 1608 o il 1622.

Immagine dallo Wakanrôeishû
La lapide commemorativa di Yatsuhashi Kengyô nel santuario shintoista di Akasaki (Yamaguchi); il testo inciso sulla lapide, parzialmente corroso dalle intemperie, descrive brevemente la vita del musicista

Incerto è pure il luogo di nascita. Secondo il Sôkyoku taiishô (1779) Yatsuhashi sarebbe nato a Iwaki (una città situata nell'attuale prefettura di Fukushima nel Tôhoku), ma una lapide commemorativa situata nel santuario shintoista di Akasaki (nella città di Hagi della prefettura di Yamaguchi, nel Chûgoku) afferma che Yatsuhashi è nato invece a Kokura, una località del Kyûshû settentrionale. Quest'ultima versione dovrebbe avere una certa autorevolezza in quanto la lapide risulta posata nel 1785 (centenario della morte di Yatsuhashi) da un allievo di seconda generazione del musicista: essa stabilirebbe un rapporto di vicinanza geografica tra il luogo di nascita di Yatsuhashi e la culla di origine dello tsukushigoto.
Yatsuhashi era cieco e iniziò la propria carriera di musicista ad Ôsaka; a quell'epoca non si chiamava ancora Yatsuhashi ma Jôhide e aveva il grado di zatô (il gradino più basso nella gerarchia del Tôdô).

"È consuetudine infatti degli artisti giapponesi (non solo dei musicisti) di avere un nome d'arte diverso dal proprio nome di famiglia e di cambiarlo anche più volte in corrispondenza a momenti importanti della propria carriera (promozioni, passaggio a un'altra scuola, ecc.)."

Da documenti dell'epoca risulta che negli anni 1635 - 1640 Jôhide era molto famoso e apprezzato come suonatore di shamisen; pare che fosse anche un virtuoso di kokyû e di heikyoku.
Circa a quest'epoca avvenne forse anche il suo incontro con il koto che, secondo diverse fonti, sin dalla fine del XVI secolo doveva avere una notevole diffusione tra il popolo (ciò è confermato anche dalla testimonianza di alcuni missionari cristiani) ma non era ancora utilizzato nella musica d'arte; forse per questo motivo il giovane Jôhide intravide maggiori possibilità di affermarsi con questo strumento "nuovo" piuttosto che proseguire in un campo in cui la competizione era elevata come la musica per shamisen o in un genere musicale ormai in declino come lo heikyoku.
La tradizione collega direttamente Yatsuhashi Kengyô con il fondatore dello tsukushigoto. Secondo quanto riportato dal Shichiku shoshinshû (1664) e dal Kinkyokushô (1694), Kenjun aveva un discepolo, un monaco di nome Hôsui, che si trasferì dal Kyûshû a Kyôto, tenendovi concerti di koto. Egli però non ebbe successo come interprete e per questo motivo si spostò a Edo (nel quartiere di Nihonbashi) dove aprì un negozio di strumenti musicali. Fu qui che, intorno al 1634, incontrò il giovane Jôhide al quale trasmise i segreti della propria arte; poiché in questo modo egli aveva trasgredito il divieto di insegnare il repertorio dello tsukushigoto a un cieco, Hôsui venne radiato dalla scuola di Tsukushi. Comunque è sulla base di tale repertorio che Yatsuhashi Kengyô avrebbe composto i 13 brani di kumiuta per sô che costituiscono il punto di partenza del sôkyoku moderno. Da quel momento la musica per sô diventerà uno dei generi musicali che erano prerogativa esclusiva (almeno a livello professionale) dei musicisti ciechi del Tôdô, e tale resterà per tutto il periodo Edo.
Nel 1636 Jôhide si trasferì da Edo a Kyôto, dove ottenne il titolo di kôtô e assunse il nome di Yamazumi Kôtô; sembra che in questo periodo egli iniziasse a svolgere l'attività di insegnante di koto ma non si sa se cominciasse anche a comporre brani per lo strumento. Il Kinkyokushô riporta che Yatsuhashi «dopo aver studiato con Hôsui si recò nello Hizen [provincia del Kyûshû settentrionale] per apprendere i "brani segreti" dello tsukushigoto da Genjo, un discepolo di Kenjun», ma questa vicenda non trova conferma nei documenti dello Zendôji.

hakahaka
La lapide commemorativa di Yatsuhashi Kengyô nel santuario shintoista di Akasaki (Yamaguchi); il testo inciso sulla lapide, parzialmente corroso dalle intemperie, descrive brevemente la vita del musicista

Nel 1639 (all'età di 26 anni) il musicista ottenne il titolo di kengyô, ma non si sa quando abbia assunto il nome di Yatsuhashi (si sa solo che nel 1663 si chiamava già così). Morì nel 1685 e fu sepolto nel tempio Kinkai Kômyôji (nel quartiere di Kurodani a Kyôto) che in suo onore viene anche chiamato Yatsuhashidera [Tempio di Yatsuhashi].

Le opere di Yatsuhashi Kengyô

Le opere attribuite a Yatsuhashi Kengyô sono:
i 13 kumiuta per sô ereditati dalla scuola di Tsukushi e trasformati da Yatsuhashi:
Fuki 菜蕗
Ume ga eda 梅枝
Kokorozukushi 心尽
Tenka taihei 天下太平
Usuyuki 薄雪
Yuki no ashita 雪晨
Kumo no ue 雲上
Usugoromo 薄衣
Kiritsubo 桐壺
Suma 須磨
Shiki no kyoku 四季曲
Ôgi no kyoku 扇曲
Kumoi no kyoku 雲井曲
i 3 danmono (opere originali di Yatsuhashi):
Rokudan no shirabe 六段の調
Hachidan no shirabe 八段の調
Midare みだれ
Komoi rôsai 雲井弄斎
i cosiddetti "brani segreti":
Skiki Genji no kyoku 四季源氏曲
Otsu no kumi 乙の組

Bisogna comunque tener presente che per alcune di queste opere l'attribuzione a Yatsuhashi tramandata dalla tradizione non è documentabile storicamente con certezza; inoltre il contenuto musicale dei brani come vengono oggi eseguiti non è necessariamente quello codificato da Yatsuhashi in quanto è possibile che essi abbiano subito successive modifiche nel corso della loro trasmissione da parte dei suoi allievi.

accordatura hirajoshi

L'accordatura hirajôshi del sô ideata da Yatsuhashi Kengyô (gli intervalli di semitono sono indicati da legature)

In quasi tutti questi brani Yatsuhashi utilizzò per il sô una nuova accordatura di sua ideazione che diventerà l'accordatura normale per il sôkyoku, tanto da venir indicata con il nome di hirajôshi [accordatura comune]. Mentre l'accordatura allora utilizzata per lo tsukushigoto si basava sulla scala ritsu del gagaku e quindi non conteneva intervalli di semitono, l'accordatura hirajôshi si basa sulla scala miyakobushi (detta anche "scala in") che invece ne contiene.

accordatura honkumoijôshiL'accordatura honkumoijôshi

Solo nel brano Kumoi no kyoku viene utilizzata un'accordatura differente che si dice anch'essa ideata da Yatsuhashi Kengyô. Tale accordatura era anticamente chiamata kumoijôshi, ma attualmente viene comunemente indicata con il nome di honkumoijôshi (cioè "kumoijôshi originaria") per distinguerla dall'accordatura kumoijôshi che è stata successivamente sviluppata nella scuola Ikuta.
Oltre a ciò Yatsuhashi fece progredire la tecnica esecutiva del sô: si può dire che con lui sia nato il sôkyoku come genere di musica d'arte.

I kumiuta per sô

I kumiuta per sô sono tra i brani più classici del sôkyoku e, come spesso capita ai classici in tutti i campi, sono citati molto più spesso di quanto non vengano letti (in questo caso eseguiti e ascoltati), tanto che oggi una incisione discografica di questi brani può essere considerata una rarità. È questa una situazione abbastanza recente; fino ai primi anni del XX secolo i kumiuta per sô erano apprezzati ed eseguiti e ad esempio Miyagi Michio considerava Fuki come "la Bibbia del sôkyoku".
Il termine kumiuta significa letteralmente "gruppo/serie di poesie" e indica un tipo di composizione che era ottenuta mettendo insieme diversi testi poetici indipendenti e cantandoli sullo stesso motivo musicale. I kumiuta sono nati come genere di musica vocale accompagnata dallo shamisen (vedi a questo proposito il paragrafo I kumiuta per shamisen) ma si sono presto affermati anche all'interno del sôkyoku e hanno acquistato dignità di forma artistica con Yatsuhashi Kengyô.
I kumiuta per sô hanno una struttura piuttosto rigida. Il testo è formato da una successione di coppie di versi che spesso hanno un metro di 7+5 sillabe. Musicalmente l'intero brano è costituito da sezioni di 128 haku (cioè, traducendo in notazione occidentale, di 64 battute in 2/4) ed è caratterizzato da una forma melodica fissa (kakezume) che viene ripetuta all'inizio di ogni frase e alla fine di ogni poema.

Shiki no kyoku

È basato su un testo apparentemente semplice, composto da 5 poesie che hanno per tema le quattro stagioni:

Hana no haru tatsu
ashita ni wa
hikage kumorade
nioyakani
hito no kokoro mo
onozukara
nobiraka naru zo
yomo yama
Nelle mattine di primavera
in cui i fiori sbocciano
e la luce del sole splende
senza essere offuscata da nuvole
anche il cuore degli uomini
naturalmente
ritrova la pace -
intorno le montagne.
Haru wa ume ni
uguisu
tsutsuji ya fuji ni
yamabuki
sakura kazasu
miyabito wa
hana ni kokoro
utsuseri
Primavera: tra i prugni
l'usignolo,
tra le azalee e i glicini
la rosa selvatica;
adornati di fiori di ciliegio
i cortigiani
ai fiori
volgono il cuore.
Natsu wa unohana
tachibana
ayame hachisu
nadeshiko
kaze fukeba
suzushikute
mizu ni kokoro
utsuseri
Estate: deutzia,
mandarino selvatico,
iris, loto,
garofano;
quando soffia il vento
rinfresca;
all'acqua
i cuori si volgono.
Aki wa momiji
shika no ne
chigusa no hana ni
matsumushi
kari nakite
yûgure no
tsuki ni kokoro
utsuseri
Autunno: foglie rosse
e i richiami dei cervi;
tra i fiori di mille erbe
i grilli;
richiami di oche selvatiche;
all'imbrunire
alla luna
i cuori si volgono.
Fuyu wa shigure
hatsushimo
arare mizore
kogarashi
saeshi no yo
akebono
yuki ni kokoro
utsuseri
Inverno: piogge,
i primi geli,
nevischio e neve,
vento di tramontana,
l'alba di una notte
fredda e limpida;
alla neve
i cuori si volgono.

Ogni poesia è formata da 8 versi di lunghezza diversa che spesso seguono uno schema alternato di 7 + 5 sillabe; musicalmente ciascun verso costituisce una frase di lunghezza fissa (8 battute in 2/4 o 16 haku), per cui ogni singola poesia comprende 8 x 16 = 128 haku. Ogni verso viene introdotto da una figura di quattro note del koto chiamata kakezume; tale figura è molto simile allo shizugaki con cui il gakusô marca l'inizio di ogni battuta nei brani di kangen (come spiegato nel paragrafo Il kangen) e testimonia dell'origine del kumiuta dal gagaku.
La prima poesia costituisce una specie di introduzione ed è una celebrazione dell'arrivo della primavera e del benefico effetto che essa produce sul cuore degli uomini. Le quattro poesie che seguono hanno per tema ciascuna una stagione, la cui atmosfera viene richiamata da una serie di accenni a piante, fiori, animali e manifestazioni naturali tipiche di ognuna. A prima vista questi elenchi possono sembrare stereotipati e banali ma occorre tenere presente che si tratta per la maggior parte di immagini ricorrenti nella poesia e nella letteratura: nella mentalità di un ascoltatore giapponese ciascuno dei termini usati è quindi carico di una potenza evocatrice che gli è conferita da una lunga tradizione. Ad esempio l'inizio del testo è una chiara citazione dell'inizio del 23º capitolo del Genji monogatari:

«A Capodanno il cielo era luminoso e perfettamente limpido. Nelle siepi più modeste il nuovo verde brillava tra la neve, una promettente confusione di gemme avvolgeva gli alberi e anche i cuori degli uomini sembravano riempirsi naturalmente di gioia»

Questa attenzione ai segni esteriori dei cambiamenti delle stagioni è tipica di tutta la letteratura giapponese ed è legata a un sentimento di armonia con l'ordine del cosmo che fa parte della visione del mondo dei giapponesi a partire dalle epoche più remote, a cui si è successivamente sovrapposto il senso buddhista dello scorrere del tempo; senza voler attribuire al musicista intenzioni filosofiche troppo profonde sembra quasi di percepire, nel ripresentarsi ad ogni strofa del semplice tema del brano, variato eppur sempre chiaramente individuabile, un'eco della dottrina della transitorietà e impermanenza di tutti i fenomeni nella sostanziale uniformità della loro realtà ultima.
Discografia di Shiki no kyoku:
Nanae Yoshimura - The art of the koto - Volume 2: from Yatsuhashi to Miyagi, Celestial Harmonies 13187-2, traccia 1

I danmono

A differenza del kumiuta, il danmono è una forma musicale solamente strumentale e costituisce uno dei pochissimi generi di "musica assoluta" (cioè non legato a teatro, danza o alla declamazione di un testo poetico) all'interno della musica tradizionale giapponese (su questo punto vedi anche il paragrafo Relazioni con altre forme d'arte dell'Introduzione). Il termine dan è un vocabolo di origine cinese e significa letteralmente "scalino" (di una scala), "ripiano, scaffale", "piano, livello" (di un edificio); riferito a una composizione musicale indica una "sezione" in un brano (danmono) che è appunto formato dalla successione di diversi dan.
Anche i danmono seguono una struttura piuttosto rigida. In quasi tutti i casi ogni dan è formato da 104 haku (52 battute in 2/4), precedute da una introduzione di 2 o 3 battute. Il primo dan di ogni brano costituisce una specie di esposizione di un tema che poi viene variato nei dan successivi, cosicché l'intera composizione assomiglia ad un "tema con variazioni" della musica occidentale. L'esecuzione inizia con un tempo lento che viene poi progressivamente accelerato nel corso del brano; solo alla fine dell'ultimo dan il ritmo rallenta nuovamente cosicché il brano termina su un tempo lento.
I danmono di Yatsuhashi Kengyô sono stati composti originariamente come brani per koto solo; tuttavia nel corso dei secoli altri musicisti vi hanno aggiunto parti supplementari (kaede) per un secondo koto, per shamisen o per shakuhachi e oggi essi vengono spesso eseguiti in queste forme modificate. Quando anche il kaede è composto per koto, solitamente esso utilizza per lo strumento un'accordatura differente da quella dello honte. In questi casi è comune citare il brano premettendo il nome dell'accordatura usata; ad esempio si intende che Kumoi midare ha un kaede che usa l'accordatura kumoijôshi (naturalmente lo honte è il brano originariamente composto da Yatsuhashi Kengyô e quindi utilizza l'accordatura hirajôshi).

Rokudan no shirabe

Rokudan no shirabe (spesso chiamato semplicemente Rokudan) è il brano più rappresentativo dei danmono e forse in assoluto l'opera per sô più nota ed eseguita. Per la sua popolarità il suo tema è stato utilizzato o "citato" in diverse altre opere tra cui Godanginuta, Hototogisu, Usu no koe e il nagauta Sukeroku. La sua origine è piuttosto controversa e c'è anche chi sostiene che in realtà non sia opera di Yatsuhashi Kengyô.
Il nucleo originario di Rokudan è costituito da una canzone popolare intitolata Sugagaki; secondo quanto riportato da una tradizione molto posteriore (e quindi di dubbia attendibilità) si sarebbe trattato di un brano che veniva cantato con l'accompagnamento del sô per intrattenere i clienti delle case da tè, ma ne esisteva anche una versione per sô, shakuhachi e hitoyogiri. Una partitura di Sugagaki è riportata nella raccolta Shichiku shoshinshû (1664): si tratta effettivamente di un brano che può essere descritto come una versione semplificata del primo dan di Rokudan e che non ha variazioni. In generale il rapporto tra le melodie dei due brani assomiglia al rapporto tra uno honte (Sugagaki) e il suo kaede (Rokudan) e in effetti i due brani potrebbero anche essere suonati assieme. Si ipotizza quindi che Yatsuhashi Kengyô abbia utilizzato il tema di tale brano popolare e lo abbia elaborato artisticamente per creare Rokudan. Gli elementi di novità in questa trasformazione (oltre all'uso dell'accordatura hirajôshi) sono principalmente l'introduzione del principio del danmono (cioè del "tema con variazioni") e l'abbandono del testo cantato per creare un'opera puramente strumentale (genere poco comune nella musica giapponese in generale, come spiegato nel paragrafo Preponderanza della musica vocale). Quali possono essere i modelli a cui Yatsuhashi si è ispirato?
Un genere di musica puramente strumentale che era praticato nel Giappone di allora era il kingaku, cioè la musica per kin a sette corde che era stata importata dalla Cina Ming dove era molto diffusa; come si è visto tale musica era stata uno dei modelli dello tsukushigoto e quindi doveva essere ben nota a Yatsuhashi. Il kingaku comprendeva anche brani abbastanza lunghi che erano divisi in sezioni chiamate dan; si trattava di composizioni a programma in cui ogni sezione cercava di rappresentare una situazione o un'immagine che spesso era enunciata nel titolo. La somiglianza con i danmono di Yatsuhashi Kengyô è quindi del tutto superficiale, in quanto i diversi dan di un kingaku differivano sia nella struttura che nel tema utilizzato.
La struttura rigidamente predefinita dei danmono fa piuttosto pensare al "tema con variazioni" della musica occidentale ed è stato quindi supposto che Yatsuhashi possa essersi ispirato alla ricca letteratura di diferencias che si era diffusa in Spagna a partire dalla prima metà del XVI secolo (ad opera di compositori come Luys de Narvaez) e che molto probabilmente era stata portata in Giappone dai missionari cristiani (sull'introduzione della musica cristiana nel Giappone medioevale vedi il paragrafo La musica cristiana). Questa teoria sarebbe molto verosimile se si riferisse a eventi accaduti ad esempio nel 1580, ma Yatsuhashi è nato nel 1614 e ha iniziato a studiare il koto nel 1635, cioè più di vent'anni dopo l'editto di proscrizione del cristianesimo emanato da Tokugawa Ieyasu (1613) e la capillare opera di persecuzione e di estirpazione di ogni traccia della civiltà occidentale che ad esso era seguita (a proposito di queste vicende storiche vedi il paragrafo Il bando del cristianesimo e la chiusura della nazione). È vero che, anche dopo questi avvenimenti, erano rimaste nel Kyûshû comunità isolate di cristiani (alcune delle quali vissero nella clandestinità fino al periodo Meiji) ma sembra molto difficile che Yatsuhashi possa essere entrato in contatto con esse. Dunque la possibilità di un influsso occidentale sulla nascita del danmono sembra remota e il mistero dell'origine di Rokudan non è risolto.
Come dice il nome stesso (che significa letteralmente "melodia in 6 sezioni") Rokudan no shirabe è composto da 6 sezioni che hanno tutte la stessa lunghezza di 104 haku (52 battute in 2/4). Il primo dan è preceduto da una breve introduzione di 4 haku (2 battute) e costituisce una specie di esposizione di un tema che viene variato nei dan successivi; in particolare la parte finale di tutti i dan è quasi identica. A ogni dan la velocità di esecuzione viene aumentata cosicché il brano inizia con un tempo moderato che si fa via via più mosso (vedi Esempio musicale 13); al termine dell'ultimo dan c'è però un deciso rallentamento per cui il brano termina ancora su un tempo lento.
Originariamente Rokudan è stato composto come un brano strumentale per koto solo ma in seguito vi sono state aggiunte anche parti per un secondo koto e per uno shamisen (vedi Esempio musicale 14); ne esiste anche una versione per koto, shamisen e shakuhachi. Per la sua orecchiabilità il tema di Rokudan è stato anche utilizzato per composizioni vocali (con l'aggiunta di un testo cantato).
Discografia di Rokudan no shirabe:
versione originale della scuola Ikuta (per koto solo):
Sô, King Record KICH 2006, traccia 1
Nanae Yoshimura - The art of the koto - Volume 1, Celestial Harmonies 13186-2, traccia 1
Toyama Seikin - Sô, Nippon Columbia COCF 13837, traccia 1
Fukami Satomi: sôkyoku jiuta shû [raccolta di sôkyoku e jiuta], Crown CRCM-60043-5, disco 1, traccia 4
Midare - Kazue Sawai plays koto classics, Kyôto Records KYCH-2005, traccia 1
versione per due koto e shamisen:
Japon. Splendeur du koto, Playasound PS 65131, traccia 1
versione della scuola Yamada (per koto solo):
Yamadaryû sôkyoku meikyokushû [Raccolta di brani famosi di sôkyoku della scuola Yamada], Victor VZCG 20, traccia 1

Hachidan no shirabe

Anche Hachidan no shirabe ha la struttura di un danmono classico essendo formato da 8 dan di 52 battute, preceduti da una introduzione di 3 battute. Per questo brano l'attribuzione a Yatsuhashi Kengyô è ancora più dubbia che per Rokudan, in quanto la prima fonte che cita Yatsuhashi come autore di Hachidan è il Sôkyoku taiishô del 1779, mentre un'altra fonte di poco posteriore lo attribuisce a un altro musicista.
Anche Hachidan sembra trarre spunto dallo stesso brano Sugagaki da cui deriva Rokudan; la melodia di base viene utilizzata come un tema che viene successivamente variato nei diversi dan.
Discografia di Hachidan no shirabe:
versione originale (per koto solo):
Nanae Yoshimura - The art of the koto - Volume 2: from Yatsuhashi to Miyagi, Celestial Harmonies 13187-2, traccia 2
versione per due koto:
Fukami Satomi: sôkyoku jiuta shû [raccolta di sôkyoku e jiuta], Crown CRCM-60043-5, disco 1, traccia 6 (versione chiamata Futae hachidan, cioè "Hachidan doppio", in quanto entrambi i koto utilizzano la stessa accordatura hirajôshi).

Midare

l termine midare significa letteralmente "disordine, confusione, caos" e si riferisce al fatto che questo brano costituisce un'eccezione rispetto alla struttura codificata del danmono. Infatti i diversi dan che costituiscono l'opera non sono tutti di lunghezza uguale e non sono semplicemente variazioni sul tema del dan iniziale. Per questo motivo non c'è accordo tra le diverse scuole di sôkyoku su quanti dan compongano effettivamente l'opera. Ciononostante il materiale dei diversi dan non è del tutto indipendente in quanto esistono motivi ricorrenti che percorrono tutto il brano e gli conferiscono una specie di "simmetria asimmetrica" del tutto particolare. Anche le variazioni di tempo sono piuttosto libere in quanto vengono effettuati rallentamenti e accelerazioni in diversi punti del brano (in luogo della progressiva e uniforme accelerazione che caratterizza Rokudan e Hachidan).
Come nel caso di Rokudan, anche il tema di Midare non è originale di Yatsuhashi Kengyô ma è tratto da un brano popolare intitolato Rinzetsu che doveva avere una grande diffusione verso la metà del XVII secolo. Versioni diverse di Rinzetsu sono pubblicate in varie raccolte dell'epoca (ad esempio il Shichiku shoshinshû ne riporta una versione per sô, sangen e hitoyogiri); anche il brano Rinzetsu dello tsukushigoto ha un contenuto musicale molto simile. Per questo motivo Midare viene anche chiamato Midare rinzetsu.
Di Midare esistono diverse versioni:
- una versione "antica" che non ha la struttura di un danmono e che compare in raccolte come il Kinkyoku shifu (1772) e il Sôkyoku taiishô (1779);
- la versione della scuola Ikuta (divisa in 10 dan), per la quale sono anche stati composti un kaede per sô da parte di Yaezaki Kengyô e un kaede per shamisen da parte di Fukakusa Kengyô;
- la versione della scuola Yamada (divisa in 12 dan); anche per questa versione sono stati composti un kaede per sô (da parte di Noda Kengyô; questo kaede utilizza l'accordatura kumoijôshi e viene quindi chiamato Kumoi midare) e un kaede per shamisen.
Discografia di Midare:
versione per koto solo:
Nanae Yoshimura - The art of the koto - Volume 1, Celestial Harmonies 13186-2, traccia 2
Fukami Satomi: sôkyoku jiuta shû [raccolta di sôkyoku e jiuta], Crown CRCM-60043-5, disco 1, traccia 8
Reiko Kimura - Music for koto, Celestial Harmonies 13191-2, traccia 1
Tegoto - Japanese koto music, Fortuna Records 17068, traccia 8
versione per due koto:
Toyama Seikin - Sô, Nippon Columbia COCF 13837, traccia 2
Midare - Kazue Sawai plays koto classics, Kyôto Records KYCH-2005, traccia 2
versione per koto solo (scuola Yamada):
Yamadaryû sôkyoku meikyokushû [Raccolta di brani famosi di sôkyoku della scuola Yamada], Victor VZCG 20, traccia 4
versione per due koto e shamisen (scuola Yamada):
Sô, King Record KICH 2006, traccia 2