La tecnica del ningyô jôruri
In questa pagina sono descritti un po' più dettagliatamente i tre
elementi principali su cui si basa la tecnica del ningyô jôruri e cioè l'animazione dei burattini, la declamazione del tayû e l'accompagnamento musicale dello shamisen.
Anche se le spiegazioni avranno come riferimento soprattutto il gidayûbushi,
in linea generale esse possono essere applicate anche ad altre scuole
di jôruri.
I burattini
La tecnica di costruzione e di animazione dei burattini si è
notevolmente evoluta dalle origini del jôruri fino a verso la
metà del XVIII secolo. Inizialmente i burattini erano piuttosto
piccoli e venivano manovrati direttamente dal tayû ma ben presto la complessità dei movimenti richiesti rese necessaria
la separazione dei ruoli di declamatore e burattinaio. Tra la fine del
XVII secolo e l'inizio del XVIII (l'epoca di Takemoto Gidayû e Chikamatsu Monzaemon)
ogni pupazzo veniva manovrato da una sola persona ma in seguito i
burattini corrispondenti ai personaggi principali cominciarono ad
essere mossi da tre persone ciascun.
|
Un burattino del jôruri "spogliato" (privo dei vestiti che
normalmente lo ricoprono) per evidenziare le varie parti di cui è
composto.
Immagine gentilmente fornita da
The Awaji Puppet Theater
- U.S. Tour 2001
|
I burattini usati attualmente nel bunraku hanno raggiunto la loro forma definitiva attorno al 1740. Essi hanno
dimensioni pari a 2/3 di una persona umana e sono formati da varie
parti separate (testa, busto, arti):
- la testa (kashira) è forse la parte più importante del corpo: è formata da due gusci vuoti di legno che vengono incollati assieme, scolpiti e dipinti con cura al fine di produrre l'espressione del viso adeguata al personaggio. L'interno della testa è cavo e contiene meccanismi che permettono di aprire e chiudere le palpebre e di muovere gli occhi e le labbra. I meccanismi sono comandati da tiranti azionati da corde che passano attraverso il collo e sono fissate a leve situate su un apposito manico che viene tenuto in mano dal burattinaio; azionando le leve egli può far muovere le parti del viso corrispondenti.
|
Testa di un burattino che impersona un
I meccanismi interni permettono di muovere la bocca, i globi oculari e
le sopracciglia.
Immagine gentilmente fornita da
Wada Photo Gallery
(pagina Ningyô
jôruri no sato) |
Esistono molti tipi di teste dalle caratteristiche differenti; molto
spesso una testa non viene usata per un unico personaggio ma per
diversi personaggi dello stesso genere (giovane donna, giovane
samurai,
vecchio mercante, ecc.), montandola di volta in volta su un corpo
diverso. Alcune opere hanno tuttavia personaggi che richiedono teste
apposite, dotate di funzioni particolari (ad esempio, un testa di
donna che si può trasformare in demone);
- il torso è costituito da una specie di cuscino di stoffa rinforzato superiormente da una sbarra di legno che costituisce la linea delle spalle (e su cui si inserisce la testa) e da un anello (di bambù o di metallo) che segna la linea della vita;
- le braccia sono fatte di tessuto imbottito e sono attaccate al torso per mezzo di corde; le mani sono fatte di legno e possono avere movimenti più o meno complessi (il polso, il pollice e a volte anche altre dita possono essere mosse per mezzo di comandi azionati da corde come nel caso della testa);
- le gambe e i piedi (anch'esse attaccate al torso per mezzo di corde) sono solitamente presenti solo nei personaggi maschili; nei personaggi femminili sono sostituiti da strisce di stoffa pesante che, opportunamente mosse dal burattinaio, simulano la presenza della gamba attraverso la stoffa del vestito.
Tutti questi meccanismi sono nascosti sotto il costume che
solitamente lascia scoperte solo la testa e le mani (raramente le
braccia) e, solo nei personaggi maschili, i piedi o la parte inferiore
delle gambe.
Le varie parti di cui è composto il burattino sono assemblate in modo
molto lasco, non con giunture e articolazioni rigide ma con corde,
cosicché il pupazzo nel complesso non ha una struttura solida ma è un
insieme piuttosto flaccido e informe. È solo la maestria dei
burattinai che riesce a far muovere queste parti debolmente connesse
tra di loro come un tutto coerente. Come si è detto, la testa del
burattino solitamente contiene una serie di meccanismi che permettono
di variare l'espressione del viso del pupazzo; tuttavia ciò che
maggiormente colpisce in una rappresentazione di
bunraku è l'estrema fluidità e armonia dei movimenti del corpo: la posizione
del busto, l'inclinazione del capo, i movimenti delle braccia, delle
mani e delle gambe. La straordinaria abilità dei burattinai riesce a
infondere una tale naturalezza nei gesti dei pupazzi che essi sembrano
miracolosamente richiamati in vita.
I burattinai
Un burattino dalla struttura complessa come quella sopra descritta
richiede tre burattinai per essere manovrato:
- il burattinaio principale (omozukai) sorregge il torso tenendolo davanti a sé più o meno all'altezza del proprio petto, impugnando con la mano sinistra un'apposita maniglia posta nella parte posteriore del busto del pupazzo che porta anche le leve che azionano i meccanismi della testa; quindi egli non solo determina la posizione e i movimenti del busto ma comanda anche l'espressione del viso. Nel frattempo con la mano destra aziona il sistema di leve che fanno muovere il braccio, il polso e le dita della mano destra del personaggio. Il compito del burattinaio principale richiede anche un certo sforzo fisico perché una marionetta può arrivare a pesare anche 20 kg;
- un secondo burattinaio (hidarizukai, lett. "operatore della sinistra") comanda i movimenti del braccio e della mano sinistra attraverso leve attaccate a un manico che sporge di circa mezzo metro dietro il burattino. In questo modo lo hidarizukai può stare relativamente distante dal pupazzo, evitando di intralciare i movimenti del burattinaio principale;
- un terzo burattinaio (ashizukai, cioè "operatore delle gambe") fa muovere le gambe e i piedi (oppure crea con le braccia l'illusione della loro esistenza attraverso la stoffa del vestito) generando anche i rumori corrispondenti (scalpiccìo, ecc.).
|
Un gruppo di burattinai che muovono due personaggi durante uno spettacolo. Si
noti come (a sinistra) l'omozukai operi direttamente sul braccio destro
del burattino mentre (a destra) lo hidarizukai manovri il braccio
sinistro attraverso un apposito manico dotato di funi di comando.
Immagine gentilmente fornita da
Wada Photo Gallery
(pagina Ningyô
jôruri no sato) |
Questo tipo di burattino che necessita di tre operatori viene usato solamente per i personaggi principali dei drammi; per i ruoli secondari si usano pupazzi dalle possibilità di movimento più limitate e che possono essere comandati da una sola persona. I burattinai stanno in scena in posizione visibile agli spettatori ma, al fine di non distrarre eccessivamente il pubblico dall'azione scenica, il secondo e il terzo burattinaio di regola indossano uno speciale abito nero che li ricopre completamente dalla testa ai piedi; anche la testa è nascosta da un cappuccio la cui parte anteriore, di fitta garza nera, consente comunque di vedere all'esterno. A volte anche il burattinaio principale utilizza lo stesso vestito ma più spesso in segno di rispetto per il suo rango indossa invece un abito tradizionale riccamente decorato e opera a viso scoperto.
Far muovere il burattino in modo naturale e armonico richiede da parte dei burattinai una perfetta coordinazione di movimenti e un affiatamento che possono essere raggiunti solo dopo molti anni di duro lavoro e pratica costante. Tradizionalmente si ritiene che siano necessari dieci anni di preparazione per poter manovrare le gambe, altri dieci anni per la mano sinistra e ulteriori dieci anni (trenta anni in tutto) per poter sostenere il compito di omozukai. Come in molti altri campi dell'arte giapponese, anche l'apprendimento della tecnica del movimento dei burattini si basa sulla trasmissione personale da maestro ad allievo; in particolare per ogni scena dei drammi di jôruri esistono delle ben precise sequenze di movimenti che vengono tramandate quasi senza variazioni di generazione in generazione (si può forse fare un paragone con le coreografie dei balletti).
Il palcoscenico
Il teatro del bunraku ha una scenografia abbastanza semplice ma richiede una struttura particolare in quanto i burattini non vengono manovrati a livello del suolo ma tenendoli sollevati di quasi un metro sopra di esso, essenzialmente per permettere all'ashizukai di poter muovere i piedi del pupazzo senza dover stare inginocchiato per terra (posizione che non gli consentirebbe la prontezza di movimenti richiesta dall'azione scenica). Per questo motivo il burattinaio principale calza speciali zoccoli di legno (alti da 20 a 50 cm, a seconda delle dimensioni del pupazzo) che gli consentono di reggere il burattino all'altezza richiesta senza doverlo sollevare sopra la propria testa.
Per evitare che gli spettatori abbiano l'impressione che i burattini fluttuino nell'aria, i burattinai operano dietro una apposita paratìa di legno (tesuri) alta circa un metro e larga quanto tutto il palcoscenico, su cui essi fanno "camminare" i pupazzi e che quindi crea per il pubblico l'illusione del livello del suolo su cui si svolge l'azione. Questa paratìa svolge anche la funzione di nascondere parzialmente i burattinai agli spettatori.
Solitamente il palcoscenico è dotato di almeno due tesuri (disposti parallelamente di fronte al pubblico) che delimitano altrettante corsie in cui si muovono i burattinai; essi creano diversi piani di svolgimento dell'azione che possono corrispondere alla rappresentazione di altrettanti ambienti (ad esempio la corsia in primo piano può corrispondere a una strada e quella in secondo piano all'interno di un giardino o di un'abitazione; oppure il primo piano può corrispondere alla stanza principale dell'azione e il secondo piano a una stanza separata sul retro). Per maggior visibilità i tesuri posteriori non sono disposti allo stesso livello di quelli anteriori ma leggermente soprelevati. A volte il livello più lontano del palcoscenico non è costituito da una semplice corsia ma ha una struttura più complessa e specifica (ad esempio può essere uno spazio chiuso e fornito di tetto che rappresenta una stanza al piano superiore).
|
Il palcoscenico di un piccolo teatro di ningyô jôruri, dotato
di un unico tesuri; sulla destra si nota la postazione in cui
operano il
tayû
e il suonatore di
shamisen,
in cui è già collocato il leggìo usato dal
tayû.
La fotografia ritrae un teatro recentemente ricostruito nei pressi
della città di
Tokushima
nello
Shikoku
settentrionale nell'ambito dell'attività di conservazione e promozione
della tradizione
dell'Awaji ningyô.
Immagine gentilmente fornita da
Wada Photo Gallery
(pagina Ningyô
jôruri no sato) |
Sulla destra del palcoscenico c'è un piccolo palco separato su cui trovano posto il cantore di jôruri (tayû) e il suonatore di shamisen. Essi dunque sono pienamente visibili al pubblico per tutta la durata dello spettacolo; si potrebbe anzi dire che la loro presenza (e soprattutto l'intensa mimica facciale del tayû durante la declamazione) costituisca una parte essenziale della rappresentazione. Nelle rappresentazioni del giorno d'oggi è invalso l'uso di far interpretare ogni atto di un dramma a una diversa coppia tayû/suonatore. Per questo motivo nei teatri più grandi il palco dei suonatori è in realtà una piattaforma girevole che permette di effettuare la sostituzione degli interpreti in modo rapido, senza interrompere lo svolgimento dell'azione scenica.
Il tayû
Nonostante la grande abilità dei burattinai, è chiaro che gran parte del compito di comunicare la trama ed esprimere i sentimenti dei protagonisti ricade sul tayû, che svolge contemporaneamente due ruoli distinti: quello di prestare di volta in volta la voce a tutti i personaggi in scena durante i dialoghi e quello di commentare l'azione come una voce fuori campo, spiegando al pubblico particolari della vicenda e dello stato d'animo dei personaggi che altrimenti non sarebbero comprensibili. In altre parole il tayû si trova nella situazione simile a quella di un doppiatore che, in un film musicale, dovesse impersonare da solo (e dal vivo) sia il narratore che tutti i personaggi.
L'interpretazione dei dialoghi è un compito particolarmente delicato in quanto richiede che il tayû renda chiaramente comprensibile, attraverso il tono della voce, quale dei personaggi sta parlando. Questa tecnica del tayû viene descritta con il termine tecnico katariwake [lett. "separazione della declamazione"]; essa assegna a ogni personaggio non tanto un timbro di voce specifico, ma piuttosto un tono, un modo di parlare che ne rispecchi la natura intima (la classe sociale, l'educazione, la nobiltà o la rozzezza, lo stato d'animo, ecc.).
Musicalmente il tayû utilizza uno stile particolare di declamazione che non è propriamente né canto né recitazione ma sta a metà tra di essi. Esso è indicato con il nome di katarimono e può essere vagamente paragonato al recitativo dell'opera lirica occidentale (vedi quanto scritto a proposito nel paragrafo Canto e declamazione (utaimono e katarimono)). Questo stile viene usato anche in altri generi musicali giapponesi (come lo heikyoku e la declamazione del teatro nô) ma ha forse il suo esempio più noto e significativo proprio nel jôruri e in particolare nel gidayûbushi.
Nonostante questo carattere generale, lo stile di declamazione del jôruri è in realtà molto vario e assume connotazioni diverse a seconda della scuola artistica. Anche all'interno dello stesso brano può esistere una notevole varietà di stili in funzione delle diverse esigenze drammatiche di ogni scena (vedi quanto detto nel paragrafo Caratteristiche del gidayûbushi).
Solitamente il tayû è il personaggio più importante di una compagnia di jôruri: è lui che guida le scelte artistiche e imprenditoriali del gruppo, che compare per primo nei cartelloni degli spettacoli, che è più conosciuto e rispettato dal pubblico. Il lavoro del burattinaio, pur richiedendo un impegno molto gravoso e una tecnica raffinata, veniva tradizionalmente considerato una forma di artigianato piuttosto che di arte, e il burattinaio stesso era una persona di una classe sociale molto bassa, spesso analfabeta (tuttavia al giorno d'oggi la situazione è molto cambiata). Il vero "artista" della compagnia era quindi il tayû; il suo stesso lavoro gli imponeva di avere una cultura letteraria, e spesso egli era un erudito. Nei primi decenni dello sviluppo del jôruri era lui che scriveva le trame delle opere rappresentate; è solo a partire più o meno dall'epoca di Chikamatsu Monzaemon che questo compito fu svolto da un librettista, e il tayû si limitò quindi a una supervisione dell'opera di quest'ultimo.
Lo shamisen
Il suonatore di shamisen ha il compito di accompagnare la declamazione del tayû con il suono del suo strumento. La sua funzione è più importante e complessa di quanto possa sembrare a prima vista: egli deve calibrare con discrezione i propri interventi per integrarli nella declamazione, sottolineando i punti principali di questa e fornendole un complemento durante le pause. Ciò richiede una profonda conoscenza dello stile e delle caratteristiche espressive del tayû e un affiatamento che i due interpreti acquisiscono in anni di esecuzioni comuni.
L'accompagnamento dello shamisen ha anche un'altra importante funzione: poiché durante la rappresentazione i burattinai e il tayû non si vedono reciprocamente, essi usano gli interventi dello shamisen come punti di riferimento per sincronizzare la propria azione. Ultimamente è quindi lo shamisen che determina il ritmo della rappresentazione.
Solitamente il suonatore di shamisen è anche il compositore delle musiche dello spettacolo, non solo della parte del suo strumento ma anche della linea vocale del tayû. Spesso l'atto di composizione produce solo una stesura iniziale del brano, i cui dettagli vengono poi rifiniti e adattati nel corso delle sue successive prove ed esecuzioni. |