Lo sho
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Lo shô è uno strumento a fiato ad ancia
libera composto da 17 canne di bambù di lunghezza diversa che
possono emettere suoni di altezza diversa (in epoca recente però le
canne che vengono utilizzate in pratica sono solo 15: le altre due
sono prive di ance e quindi sono mute). Le dimensioni tipiche dello
strumento sono: lunghezza 50 cm, diametro 7 cm.
Uno shô (montato)
Immagine gentilmente fornita da Gagakki Yanagawa
kabushikigaisha
La lunghezza delle canne non è legata all'altezza della nota che
esse emettono ma è determinata da ragioni estetiche, in modo da dare
allo strumento un aspetto simmetrico ("simile alle ali di una fenice");
la lunghezza "effettiva" di ogni canna è determinata da una finestra
rettangolare di accordatura posta in posizione opportuna.
Parti di uno shô smontato: le canne (a sinistra) e la testata
da cui esse sono state sfilate (a destra) Immagini gentilmente fornite da Aoba
gagaku kai
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L'ancia di una canna dello shô.
Il piccolo peso visibile sulla parte terminale dell'ancia
serve ad accordare la frequenza di vibrazione della lamina
Immagine gentilmente fornita da
Shô no
peeji
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Il suono viene prodotto da piccole ance (lamine)
di bronzo fissate alla base di ogni canna (similmente a quanto avviene
nell'armonica a bocca occidentale) che vengono eccitate dal soffio
dell'esecutore e vibrano in risonanza con la canna stessa. Lo shô è in grado di suonare sia espirando (soffiando) che
inspirando (inalando): l'alternanza tra espirazione e inspirazione
viene sfruttata per ottenere un'emissione quasi continua del suono.
Lo shô non possiede alcun meccanismo per indirizzare
selettivamente il flusso d'aria ad ogni singola canna: quando
l'esecutore soffia nello strumento, l'aria passa per tutte le canne
contemporaneamente.
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Principio di funzionamento di una canna dello shô
Immagine adattata da un originale gentilmente fornito da Shô no
peeji |
Però su ogni canna oltre al foro di accordatura è praticato anche
un piccolo foro esattamente nel punto corrispondente al "ventre"
dell'onda stazionaria. Questo secondo foro serve a controllare
l'emissione del suono: quando esso è tappato da una delle dita
dell'esecutore, la frequenza di risonanza della canna corrisponde a
quella della lamina, la lamina entra in vibrazione ed il suono viene
emesso; se invece il foro viene lasciato aperto la canna non è in
grado di risuonare alla frequenza di oscillazione della lamina, che
quindi smette di vibrare ed il suono si spegne. Lo shô è particolarmente sensibile alla condensa sviluppata
dal soffio del suonatore che, se si deposita sulle ance, può
interrompere l'emissione del suono. Per questo motivo lo strumento è
tenuto per quanto possibile al caldo, passandolo sopra un braciere
durante le pause dell'esecuzione.
La figura a sinistra illustra in modo schematico la disposizione delle
canne di uno shô vista dall'alto. Su ogni canna è riportato il
carattere cinese con cui essa viene indicata, mentre il colore
corrisponde al dito con cui viene suonata: pollice destro, indice destro, pollice sinistro, indice sinistro, medio sinistro, anulare sinistro (le due
canne contrassegnate da colore bianco non vengono
mai suonate).
Il puntino nero riportato su ogni canna indica la posizione del foro
per le dita: per la maggior parte delle canne tale foro è all'esterno,
ma i fori per
l'indice destro sono rivolti
all'interno (il dito viene mosso in una cavità che si trova entro
la circonferenza occupata dalle canne).
Esempio della diteggiatura da usarsi per produrre l'aitake (accordo) chiamato ku (工): le canne che vengono suonate
(i cui fori sono tappati con le dita) sono evidenziate da un cerchio
rosso.
A differenza delle altre dita, l'indice della mano destra tappa il
foro della sua canna dall'interno dello strumento.
La freccia in basso indica il punto in cui viene appoggiata la bocca
del suonatore per soffiare nello strumento.
Diteggiatura da usarsi per produrre l'aitake (accordo) chiamato hi (比): si noti che l'indice della mano destra tappa il
foro della canna hi non con il polpastrello ma con la parte
superiore della falange.
(figure adattate da Hajimete no gagaku:
shô, hichiriki, ryûteki wo fuite miyô [Il gagaku per il principiante: proviamo a suonare lo shô, lo hichiriki e il ryûteki]
di Sasamoto Takeshi,
Editore Tôkyôdô shuppan, pagg. 78 e 79)
Lo shô viene utilizzato in due modi diversi:
- come strumento armonico, facendo suonare più canne
contemporaneamente ed emettendo accordi (solitamente di 5 o 6 note);
tale tecnica (detta aitake) è utilizzata soprattutto nel gagaku, sia kangen che bugaku.
In tali repertori lo shô suona accordi prolungati, eseguendo
solitamente il cambiamento di accordo nel mezzo delle battute;
l'accordo viene suonato con intensità inizialmente moderata ma
progressivamente crescente fino al cambiamento di accordo;
- come strumento melodico, facendo suonare una sola
canna per volta (tecnica detta ipponbuki, utilizzata nel rôei e nel saibara.
Principali aitake (accordi) usati nella musica per shô
Molti degli aitake utilizzati sono dominati dalla
presenza dell'intervallo di seconda La - Si e quindi producono
un effetto sonoro abbastanza simile.
È da notare che in tutti i paesi asiatici lo shô e gli
strumenti ad esso simili vengono utilizzati solamente per produrre
melodie; l'uso dello strumento per la realizzazione di un sottofondo
armonico (aitake) sarebbe quindi una creazione giapponese.
Origine e storia dello shô
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Un suonatore di shô (dal Shinzei Kogakuzu, un rotolo
illustrato del XIV secolo)
Immagine gentilmente fornita da The
Classical Free-Reed, Inc. di Henry Doktorski
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Si pensa che lo shô sia originario dei paesi tropicali, ma
fin dal periodo Zhou (1122 - 256 a.C.) esso è stato importato in Cina,
dove venne chiamato sheng ed ebbe una grande diffusione. Lo sheng cinese fu poi introdotto in Giappone durante
l'epoca Nara,
assumendo il nome di shô e venendo utilizzato nel tôgaku.
Durante il periodo Nara era usato in Giappone anche lo u, un tipo di shô più grande
(lungo circa 90 cm) e che aveva un'estensione più bassa di un'ottava,
ma questo strumento è caduto in disuso all'inizio del periodo Heian.
In Cina lo sheng ha avuto un notevole sviluppo nei periodi Ming e Qing, durante i quali tipi diversi dello strumento furono
utilizzati sia nella musica popolare che in quella teatrale.
In Giappone, a partire dalla nascita della Nuova Musica Giapponese nel XX secolo, lo shô viene usato anche in opere di musica
moderna: un esempio famoso è il brano Ceremonial - An Autumn Ode (1992) di Takemitsu Tôru, che inizia e termina con un assolo di shô.
Altri siti
The Classical
Free-Reed, Inc.
- Organizzazione culturale dedicata allo sviluppo degli strumenti ad
ancia libera: la pagina A Short History
of the Free-Reed Instruments in Classical Music contiene sezioni
dedicate allo sheng cinese e allo shô giapponese (in inglese).
- Shô no
kôza
- Alcune spiegazioni sul modo di suonare lo shô (in giapponese).
- Shô no
peeji
- Diverse informazioni sulla costruzione, sul principio di funzionamento
e sul modo di suonare lo shô (in giapponese).
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