Il sô (koto)
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Un sô (koto). In questa immagine lo strumento è visto dalla
parte opposta a quella da cui si siede l'esecutore, cioè l'estremità dello
strumento che nella foto appare a sinistra (testata) si trova alla destra
del suonatore.
Immagine gentilmente fornita da Koto ni tsuite
Il sô è uno strumento a corda della famiglia della cetra costituito da una cassa armonica di legno lunga 170 - 190 cm e larga 24 - 25 cm e dotato di 13 corde.
Il corpo dello strumento è formato da due pezzi separati, solitamente fatti di legno di paulonia (Paulownia tomentosa). La parte superiore è costituita da un guscio piuttosto spesso e leggermente bombato sia in senso longitudinale che in senso trasversale, i cui bordi sono notevolmente rilevati in modo da formare le fiancate (iso) della cassa armonica.
Uno dei due fori di emissione del suono (inketsu) che si trovano sulla tavola inferiore del sô, e per la precisione quello che si trova vicino alla testata (si noti che i piedini sono stati rimossi)
Immagine gentilmente fornita da Koto ni tsuite
La tavola inferiore è piatta ed è dotata alle estremità di due grossi fori (inketsu) che hanno la funzione di rinforzare l'emissione del suono. L'interno della cassa non è completamente vuoto ma è attraversato da un sistema di traversine che hanno una forma particolare in modo da modificarne le proprietà di risonanza acustica. Sul fondo dello strumento sono fissati quattro corti piedini che lo tengono sollevato di pochi centimetri da terra. Solitamente i piedini che si trovano dalla parte della testata non sono fissati direttamente al corpo dello strumento ma su una specie di scatola (jibako) che può essere rimossa.
Le corde del sô hanno tutte lo stesso diametro e tradizionalmente sono fatte di seta. Recentemente vengono prodotte corde in fibra sintetica (Terital) che sono più economiche e robuste, ma molti suonatori continuano a preferire le corde di seta anche se si spezzano più facilmente perché producono un suono migliore.
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Vicino alla testata le corde passano su un
ponticello fisso, quindi entrano attraverso appositi fori nel corpo
dello strumento dove sono fissate |
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Il ponticello fisso e il sistema di fissaggio
delle corde sulla coda dello strumento
Immagini gentilmente fornite da Koto ni tsuite |
Le corde sono tenute in posizione da due ponticelli fissi posti alle estremità della tavola superiore.
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I ponticelli mobili (ji) non sono fissati alla cassa del sô ma sono tenuti in posizione unicamente dalla tensione delle
corde
Immagini gentilmente fornite da Koto ni tsuite |
Ogni corda è anche appoggiata
su un ponticello mobile (ji) fatto di legno
(sandalo, ciliegio, cotogno) oppure di avorio, corno, osso di balena o
(recentemente) di resina sintetica. I ponticelli mobili hanno
approssimativamente la forma di una V rovesciata e hanno la duplice
funzione di delimitare la lunghezza della porzione di corda che entra
in vibrazione determinandone così l'intonazione e di trasmettere la
vibrazione alla cassa armonica.
Le varie parti del sô sono indicate con una terminologia in
cui il corpo dello strumento viene paragonato al corpo di un drago:
così il guscio superiore della cassa armonica viene chiamato ryûkô [corazza del drago] e le sue estremità ryûtô [testa del drago] e ryûbi [coda del drago], i piedini anteriori
vengono detti ryûshu [mani del drago], ecc. I dettagli
estetici delle rifiniture (laccature, intarsi, ecc.) sono fissati da
tradizioni che variano a seconda del genere musicale e della
scuola. Essenzialmente si hanno due tipi di rifinitura: una rifinitura
tradizionale piuttosto elaborata chiamata honjitate [fattura
normale] ed una rifinitura più essenziale e lineare di epoca
posteriore chiamata sugoto [koto nudo]. In tutti i casi
comunque l'elemento estetico considerato più importante è la bellezza
delle venature naturali del legno, la cui geometria viene
accuratamente determinata tagliando in modo opportuno la tavola dal
pieno del tronco di partenza.
Tradizionalmente il sô viene suonato appoggiandolo a terra
(sul tatami)
ed inginocchiandosi davanti ad esso ma in tempi recenti si usa anche
disporlo su un tavolo e suonarlo stando seduti su una sedia.
Le corde del sô non vengono pizzicate direttamente con le dita ma con tre tsume [lett. "unghie"], specie di corti plettri che vengono fissati al pollice, indice e medio della mano destra per mezzo di fascette di cuoio. La forma degli tsume varia a seconda del genere musicale e della scuola, ma in linea di massima essi possono essere di due tipi: di forma ovale appuntita (usati nel gagaku, nello tsukushigoto e nella scuola Yamada) oppure di forma quadrata (usati nella scuola Ikuta).
Questi ultimi vengono usati colpendo le corde con uno dei loro spigoli; per facilitare l'operazione l'esecutore si siede in diagonale rispetto allo strumento invece che frontalmente.
Nel repertorio tradizionale (fino al XIX secolo) la mano sinistra non viene quasi mai usata per suonare le corde direttamente ma solo per premerle o tenderle in modo da variarne la tensione e quindi l'intonazione come è richiesto per produrre una serie di abbellimenti che sono tipici della musica per lo strumento. In epoca contemporanea si è però cominciato ad usare anche la mano sinistra per pizzicare le corde: questa è una tecnica molto usata soprattutto nelle composizioni del XX secolo in cui, per l'influenza della musica occidentale, la musica ha spesso anche un aspetto armonico e polifonico e quindi è necessario suonare più corde contemporaneamente; come è spiegato nella sezione Monofonia ed eterofonia (assenza di armonia e contrappunto), la musica tradizionale giapponese è invece in generale priva di armonia.
Origine e storia
Il sô è uno strumento di origine cinese. Si sa che in Cina sono esistiti diversi strumenti di questo tipo, a partire da una cetra a 5 corde documentata nel periodo 400 - 250 a.C. All'inizio del periodo Han (200 a.C.) esisteva una cetra a 12 corde ed in seguito ne nacque una a 13 corde che divenne comune durante il periodo Tang (618-907 d.C.); fu questo lo strumento importato in Giappone durante il periodo Nara (VIII secolo d.C.), anche se strumenti del tipo del koto esistevano in Giappone già dal periodo Yayoi. In epoca storica si distinguono diversi tipi di sô; sono tutti dotati di 13 corde e strutturalmente molto simili tra di loro, ma differiscono leggermente nelle dimensioni e nelle rifiniture:
- gakusô
è il tipo di sô più antico, importato dalla Cina e usato nel gagaku a partire dal periodo Nara (alcuni esemplari risalenti a questo periodo sono conservati nello Shôsôin). Inizialmente era lungo 167 cm ma le sue dimensioni furono aumentate progressivamente fino ai 180 cm attuali; viene suonato con tsume lunghi e appuntiti;
- chikusô o tsukushigoto
tipo di sô utilizzato nel genere musicale chiamato appunto tsukushigoto, diffuso nella regione di Tsukushi durante il periodo Azuchi-Momoyama (fine del XVI secolo); è strutturalmente identico al gakusô ma viene usato con plettri di forma differente (più lunghi di quelli del gakusô);
- zokusô
[lett. "sô popolare"] con questo termine si indicano genericamente tutti i tipi di sô utilizzati nel sôkyoku moderno, cioè nelle varie scuole di musica per sô che risalgono direttamente o indirettamente a Yatsuhashi Kengyô e che costituiscono la quasi totalità del repertorio per lo strumento oggi eseguito (con l'esclusione del gagaku). Lo strumento originalmente usato da Yatsuhashi Kengyô era identico al gakusô ma è stato successivamente modificato dalle due principali scuole di zokusô:
* la scuola Ikuta (fondata da Ikuta Kengyô nella seconda metà del XVII secolo) ha apportato modifiche alla forma dei ponticelli e degli tsume (introducendo l'uso degli tsume quadrati); i sô utilizzati da questa scuola sono caratterizzati da elaborate decorazioni (immagini ed intarsi) sulla cassa armonica ed hanno dimensioni tipiche di 191 cm di lunghezza e 24.8 cm di larghezza;
* il sô utilizzato dalla scuola Yamada (fondata da Yamada Kengyô nella seconda metà del XVIII secolo) è caratterizzato da un aumento del volume sonoro e da un diverso timbro, ottenuti attraverso cambiamenti nella forma dei fori della tavola inferiore e dei ponticelli e da un aumento della sezione delle corde; esso ha dimensioni tipiche di 182 x 24.2 cm e viene suonato utilizzando tsume dalla punta arrotondata e di spessore maggiore rispetto a quelli della scuola Ikuta. Da un punto di vista estetico lo strumento si presenta in modo molto semplice in quanto è privo di qualsiasi decorazione.
Al giorno d'oggi esistono ben pochi artigiani in grado di produrre le preziose decorazioni e laccature richieste per la costruzione di un sô di scuola Ikuta, e naturalmente il costo di uno strumento simile è molto elevato; pertanto molto spesso anche esecutori appartenenti alla scuola Ikuta utilizzano strumenti di scuola Yamada.
Accordature
Una caratteristica importante del sô è che l'intonazione di ogni corda non è fissa ma può essere variata entro un intervallo piuttosto ampio (più di due ottave) semplicemente cambiando la posizione del ponticello mobile lungo la corda stessa.
Nella musica per sô viene utilizzata una grande varietà di accordature a seconda del genere musicale, della scuola e del brano. Tipicamente nel corso di un concerto può essere necessario cambiare più volte l'accordatura dello strumenhttp://localhost:8888/hogaku.it/strumenti/img/hirajoshi.gifto a seconda di quanto richiesto da ogni pezzo eseguito; in alcuni casi, soprattutto in opere contemporanee, è necessario eseguire l'accordatura di una o più corde anche nel corso dell'esecuzione del brano stesso.
Accordatura hirajôshi del sô (i semitoni sono evidenziati da legature)
L'accordatura più tradizionale è l'accordatura hirajôshi [accordatura principale], che è utilizzata in quasi tutti i brani codificati da Yatsuhashi Kengyô; essa si basa sulla scala musicale miyakobushi (o scala in), la scala musicale fondamentale di tutta la musica popolare giapponese a partire dal periodo Edo; rispetto alla scala ritsu utilizzata nella musica classica precedente (e in particolare nel gagaku) essa ha la caratteristica di comprendere anche intervalli di un semitono.
Strumenti simili al sô
Nel corso del XX secolo la musica tradizionale giapponese (o perlomeno certe sue correnti) sono state profondamente cambiate dell'influsso della musica occidentale e in molti casi ciò ha portato anche alla sperimentazione nel campo degli strumenti musicali. Per quanto riguarda il koto, sono state inventate diverse varianti dello strumento nel tentativo di estenderne le possibilità espressive; tra questi citiamo:
* tangoto [koto corto];
* jûgogen [15 corde] di Koshino Eishô e Nakanoshima Kin'ichi;
* jûshichigen [17 corde], ideato da Miyagi Michio nel 1921 e successivamente perfezionato da Tanabe Hisao; rispetto al sô ha un corpo un po' più grande (210 cm di lunghezza e 35 cm di larghezza) e 17 corde (di spessore maggiore di quelle del sô). È intonato su un registro più grave del sô (la nota più bassa è il Si3) e di solito viene usato in coppia con questo in musiche che, risentendo dell'influsso della musica occidentale, hanno anche una struttura armonica verticale. Usando un'analogia un po' forzata si può forse paragonare la coppia sô / jûshichigen alla coppia violino / violoncello della musica occidentale. Il jûshichigen ha anche una letteratura solistica;
* nijûgen [20 corde] e nijûgogen [25 corde], ideati da Nosaka Keiko (rispettivamente nel 1969 e 1991);
sanjûgen [30 corde] ideato da Miyashita Shûretsu e portato alla notorietà (a partire dal 1966) dalle esecuzioni del figlio di questi, Miyashita Shin. Lo strumento ha una grande estensione sia nel registro basso (dove il suono è caratterizzato da una forte risonanza) che nel registro alto. Un brano solistico per sanjûgen è riportato nel disco A Collection of Unique Musical Instruments della King Records (traccia 17);
* hachijûgen, monumentale strumento a 80 corde ideato da Miyagi Michio (si tratta più che altro di una curiosità storica, in quanto non è stato praticamente mai utilizzato in concerto)
Tutti questi nuovi strumenti sono indicati genericamente con il nome di shinsô [nuovi sô].
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